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Negli ultimi mesi si è parlato moltissimo di sperimentazione animale a causa di un’azienda bresciana chiamata “Green Hill”. Si tratta di un allevamento di cani Beagle destinati ai laboratori che conducono sperimentazione animale. In questo articolo non voglio entrare nella polemica che riguarda Green Hill, che per altro è stato oggi sequestrato dalla Procura della Repubblica con l’accusa di maltrattamento di animali. Chiaramente qualunque allevamento (dedicato alla sperimentazione o meno) deve seguire determinate norme di rispetto e igiene, e nel caso in cui queste vengano a mancare la chiusura dell’allevamento è assolutamente doverosa. La polemica, però, si è estesa alla legittimità e all’utilità della sperimentazione animale: un argomento di rilevanza scientifica che può essere trattato nei nostri spazi.
 
Per approfondire l’argomento ho contattato il Prof. Silvio Garattini, farmacologo di fama internazionale e direttore dell’istituto Mario Negri di Milano.
 
Simone Angioni: Il termine sperimentazione animale è spesso impropriamente sostituito dal termine “vivisezione”. Quali differenze ci sono tra la vivisezione e la sperimentazione animale e quali tutele esistono, oggi, per gli animali oggetto di sperimentazione?
 
Prof. Garattini: Il termine “vivisezione” è impiegato in modo improprio per sollevare indignazione ed orrore. Nessuno seziona gli animali. La sperimentazione animale è regolata da leggi specifiche e nel caso di interventi chirurgici è obbligatorio utilizzare l’anestesia come si agisce in clinica per l’uomo. Ogni sperimentazione viene approvata da un comitato etico che deve stabilire se esistono metodi alternativi.
 
S.A.: Nel 2012, la sperimentazione animale è ancora largamente diffusa, eppure sui media si sente spesso dire che, siccome l’affidabilità dei risultati ottenuti sugli animali non è totale e spesso si finisce comunque a sperimentare sull’uomo, allora tanto varrebbe eliminare questa inutile tortura. Qual è l’utilità dei dati raccolti da sperimentazioni su specie diverse?
 
Prof. Garattini: Si tratta di falsità. Tutti i farmaci in commercio per legge devono passare e quindi sono passati attraverso la sperimentazione animale. Utilizzare specie diverse permette di stabilire se gli effetti benefici non sono limitati ad una sola specie e nello stesso tempo raccogliere un “catalogo” di effetti collaterali e il rapporto benefici-rischi e quindi avere utili informazioni per la sperimentazione nell’uomo. Non sempre esiste una corrispondenza di effetti fra animali e uomo, altrimenti non sarebbe necessaria la sperimentazione umana. Fra l’altro la sperimentazione animale permette di evitare che molti farmaci tossici arrivino all’uomo.
 
S. A.: Chiarita l’utilità della sperimentazione animale, sono costretto a farle una domanda classica: ci sono alternative agli animali? Se sì, quali vantaggi portano?
 
Prof. Garattini: I metodi che vengono detti “alternativi” sono utilizzati in tutti i laboratori. In realtà sono “complementari” e spesso preliminari agli studi animali. Se gli animalisti sostengono che gli animali non sono un buon modello, ancora meno lo saranno poche cellule coltivate in una provetta.
In realtà la diminuzione dell’impiego degli animali deriva da avanzamenti tecnologici. Una volta ad esempio si dovevano uccidere animali a tempi diversi per seguire modelli di patologia neurodegenerativa; oggi con la risonanza nucleare magnetica si possono avere analoghe informazioni su animali viventi.
Per quanto riguarda i costi, la spesa per mantenere topi e ratti in condizioni ottimali è enorme. Le spese di software sono ridicole; d’altra parte con un software non si può vedere se una sostanza chimica è antidolorifica, nè si può usare il computer!
 
S. A.: Tra le argomentazioni contrarie alla sperimentazione animale quella che più mi ha colpito, in quanto chimico, è la vicenda della talidomide: sperimentata sugli animali, messa in commercio e rivelatasi nociva per l’uomo. Si tratta veramente di un caso di fallimento della sperimentazione animale?
 
Prof. Garattini: Il caso tragico della talidomide è frutto della mancata sperimentazione animale. Infatti all’epoca non si eseguivano studi sulla riproduzione degli animali. Da allora questo test è stato reso obbligatorio e non vi sono stati altri episodi di malformazione.
 
Per documentare la discrepanza fra studi con gli animali ed i comportamenti nell’uomo gli “animalisti” citano frequentemente la tossicità dell’aspirina nel cane e nel gatto. Da questa osservazione si desume che la sperimentazione animale non serve a nulla perché non avrebbe permesso di scoprire neppure l’aspirina.
E’ un’affermazione completamente falsa perché l’aspirina è raccomandata come terapia anti-infiammatoria nei cani e nei gatti.
Nei cani la dose consigliata è tra 10 e 20 mg/kg, una dose analoga a quella che si utilizza nell’uomo. I gatti tollerano meno dei cani il trattamento con aspirina, ma ciò è dovuto ad un problema metabolico, deficienza dell’enzima che glucuronando l’aspirina ne facilita l’escrezione. Perciò nei gatti la dose fra 10 e 20 mg/kg deve essere somministrata ogni 48 ore.
 
S. A.:  La ricerca cosmetica è un punto critico per coloro che sostengono l’utilità della sperimentazione animale. Banalizzando ci si potrebbe chiedere a cosa serva testare un dentifricio su un animale. La questione è: non sono già note le interazione dei principali prodotti cosmetici e relativi eccipienti con il corpo umano? Sono ancora in atto e necessarie sperimentazioni di questo tipo?
 
Prof. Garattini: Per i cosmetici i test animali sono obbligatori solo per i nuovi prodotti. Nessuno fa sperimentazione sui prodotti già studiati anche perché sarebbe un inutile spreco di danaro.
 
In conclusione dell’intervista, mi rendo conto che la posizione del Prof. Garattini sia impopolare e risulti più difficile da comprendere se confrontata con una foto di un “cagnolino dagli occhi tristi”, ma sono dell’idea che su argomenti come questo non ci si possa fermare al lato emotivo. Rattristarsi e trovare intollerabile il sacrificio di alcuni animali, per permettere all’uomo di sopravvivere più a lungo, è comprensibile e condivisibile. Credo che nessun ricercatore ami eseguire esperimenti su esseri viventi, tuttavia è necessario essere pragmatici e scegliere tra:
– eliminare la sperimentazione animale ed eseguire le sperimentazioni di nuove sostanze direttamente sull’uomo. In questo caso bisognerebbe capire quanti e quali “volontari” sacrificare per il bene dei posteri.
– continuare con la sperimentazione animale, considerando che è una pratica da utilizzare solo quando non vi sono alternative e seguendo tutte le precauzioni possibili per limitare la sofferenza.
 
Se ci sono altre scelte, personalmente non le vedo, almeno per ora, ma spero vivamente che nuove strade arrivino presto.
 
Per completezza riporto i riferimenti all’attuale normativa vigente in Italia [1,2,3] e alle direttive dell’UE [4] in materia di sperimentazione animale.
 
Aggiornamento 19/07/2012 Ore 18.00
 
A seguito del sequestro di Green Hill sulla stampa stanno imperversando articoli di “esperti” che spiegano gli orrori della vivisezione. Come ho precisato nell’articolo, anche io sono contrario all’utilizzo degli animali, purchè sia disponibile un’alternativa altrettanto valida. Ribadito ciò, trovo piuttosto triste che certe bufale vengano propinate al pubblico. Di conseguenza amplio l’articolo con le migliori uscite delle ultime 24 ore.
 
Nell’articolo dell’ AGI (ripreso poi da moltissimi giornali, siti e tv) si legge un approfondimento a cura della LAV:

“Non esiste limite alle specie che possono essere impiegate nelle procedure: cani, gatti, scimmie, animali in via d’estinzione e selvatici, anche se quelle piu’ rappresentate continuano ad essere topi e ratti visto il loro basso costo, facile manipolazione e alta prolificita’. “

Tuttavia nella legge 116/92 si legge:

“Gli esperimenti sono vietati sugli animali appartenenti a specie in estinzione […] nonchè sugli animali appartenenti a specie minacciate”

Nell’allegato I della legge si trova l’elenco degli animali sui quali è possibile sperimentare, esclusi cani, gatti e primati non umani per i quali vige un regolamento speciale secondo il quale si autorizzano:

“[…]esperimenti su primati non umani, sui cani e sui gatti soltanto quando obbiettivo siano verifiche medico-biologiche essenziali e gli esperimenti su altri animali non rispondano agli scopi dell’esperimento”

L’autorizzazione è rilasciata dal Ministero dopo la valutazione del progetto e delle motivazioni della richiesta.
 
Inoltre si precisa:

“Gli esperimenti possono essere eseguiti soltanto su animali da allevamento appartenenti alle specie elencate nell’allegato I”

chi ha riportato questa frase, ha letto la legge?
 
Non paghi di ciò, oggi, su La Stampa, compare l’intervista ad una biologa sempre della LAV, cito testualmente:

“Gli animali sottoposti al fumo delle sigarette per 24 ore al giorno non si ammalano di tumore ai polmoni, e neanche l’amianto ha provocato loro danni: non è stato così per l’uomo. Poi l’aspirina: per alcuni malati è un salvavita per gli animali è tossica.”

Purtroppo anche questo è tutto falso. Sull’aspirina si è già espresso il Prof. Garattini, ma anche le altre due sono delle bufale. Basta banalmente cercare tra la letteratura scientifica per trovare decine di articoli che parlano dell’effetto cancerogeno del fumo e dell’amianto sugli animali [5,6]. Giusto per precisione, il fumo è cancerogeno sugli animali anche quando è passivo.
 
Quello che mi chiedo è quanto sia veramente necessario utilizzare delle conclamate bufale per sostenere il proprio ideale. La difesa della vita animale è un intento assolutamente nobile e che va perseguito, ma farlo falsando la realtà svilisce la causa. Chiaramente è anche possibile che alla LAV nessuno abbia letto l’attuale legge sulla sperimentazione animale o gli articoli scientifici in merito a fumo, amianto e aspirina. In entrambi i casi il panorama della difesa dei diritti degli animali non appare troppo roseo.