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L’avete cercata tutto l’anno e all’improvviso eccola, l’estate!

Migliaia di gambe e braccia che si scoprono risvegliando tutta la melanina che è in noi.
Rossi i più timidi e neri i più impavidi, la pelle baciata dal sole si colora, non solo per farci più belli, ma per garantire il giusto apporto di raggi UV.

Sappiamo che se in eccesso, questi raggi, provocano danni cellulari irreversibili in grado di indurre tumori della pelle, ma se mancano completamente si rischiano altre malattie come rachitismo, osteoporosi, osteomalacia e molto altro. Tutte patologie legate al deficit di vitamina D, necessaria allo sviluppo delle ossa.

Questa vitamina, è vero che può essere assunta con l’alimentazione, ma per la maggior parte proviene da un derivato del colesterolo, presente nella pelle, che è convertito in vitamina D proprio dai raggi UV.

Il giusto apporto di vitamina D è un problema vecchio di almeno 30 mila anni, di quando cioè i nostri avi, migrando dalla loro terra d’origine, l’Africa, iniziarono la colonizzazione di nuove terre, tra cui l’Europa.

I primi sapiens che arrivarono nel vecchio continente, nel paleolitico superiore circa 19 mila anni fa, dovettero fare i conti con molti problemi tra cui l’ultima glaciazione.

E’ facile immaginarsi che lo stile di vita di Sapiens cambiò drasticamente: si coprì per proteggersi dal freddo e per lunghi periodi cercò riparo in luoghi chiusi.
La pelle scura dei nostri nonni africani, adattata a ben altri climi, si rivelò un ostacolo nel nuovo habitat. I deboli raggi UV non superavano più l’alta barriera della pigmentazione e quindi non convertivano correttamente la vit D.

Fortunatamente però il nostro Dna è mobile. Alcuni individui, molto probabilmente, accumularono casualmente mutazioni nel colore della pelle. Questi individui più chiari erano anche più robusti e sani e quindi partner molto più attraenti.

E fu così che iniziò una vera e propria selezione sessuale che portò alla depigmentazione della pelle assicurando una progenie con un completo e corretto sviluppo delle ossa.

Secondo alcuni antropologi, la leggenda del principe azzurro trae le proprie origini in questo periodo.

Un’ultima nota, per la prossima volta che rimarrete abbagliati da una famiglia di svedesi, pensate che quello che quello che li differenzia dalla pelle di un africano moderno è per il 25-38% dovuto a sole due varizioni di un unico gene:  SLC24A5.


Immagine di copertina by Shutterstock: Ollyy