Il Barone di Munchausen è un personaggio letterario basato sul nobile tedesco Hieronymus Karl Friedrich, che visse nel diciottesimo secolo. Il Barone di Münchhausen (questa la dicitura originale) era un narratore eccezionale e amava intrattenere gli ospiti a cena coi resoconti delle sue avventure durante la quinta guerra russo-turca. Nel 1785, una versione spettacolarizzata di questo personaggio apparve in una serie di racconti fantastici, pubblicati anonimamente dallo scrittore e scienziato Rudolf Erich Raspe. Nel libro, il Barone fittizio narra storie impossibili sulle proprie imprese, divenendo la figura del millantatore pomposo per antonomasia.

Non c’è da stupirsi se si scatenarono cinquant’anni di controversie quando, nel 1951, l’endocrinologo ed ematologo britannico Richard Asher diede il nome del Barone, un personaggio le cui storie sforavano nel grottesco e nel ridicolo, a una malattia molto seria; nell’articolo del Lancet che la descriveva, usò per la prima volta la dicitura “Sindrome di Munchausen” per indicare un insieme di comportamenti autolesionistici e menzogne sistematiche riguardo alla propria salute. Inizialmente il nome era usato per designare tutti i disturbi simulati, ora invece definisce la forma più grave, in cui la vita della persona affetta ruota intorno ai mezzi per imitare segni e sintomi di una o più malattie.

C’è una differenza essenziale tra ipocondria e sindrome di Munchausen: un ipocondriaco mostra ansia riguardo ai propri sintomi ed è realmente convinto di essere malato, ma non ne crea ad arte. Invece, il paziente con Munchausen sa di essere sano e ha una serie di comportamenti che vanno dal mentire sui propri sintomi, esagerarli oppure riprodurli in vari modi: autoinfliggendosi danni, alterando i risultati dei test (per esempio assumendo determinate sostanze prima di un esame del sangue o inquinando un campione di urine) o assumendo cocktail di medicine.

Un esempio di dermatite autoinflitta. Immagine presa dall’articolo “Case report trichotillomania and dermatitis artefacta: a rare coexistence” di N. Varyani et al., Case Reports in Psychiatry (2012), licenza CC BY-SA 1.0

I segnali d’allarme che possono indicare questa sindrome sono: una storia medica costellata di episodi incoerenti, sintomi vaghi che peggiorano anziché migliorare dopo il trattamento (oppure peggiorano dopo un iniziale miglioramento), conoscenza libresca delle malattie e della terminologia medica ed eccessiva accondiscendenza (quando non entusiasmo) all’idea di sottoporsi a procedure diagnostiche o chirurgiche anche invasive, con aggiunta di nuovi sintomi qualora i risultati delle analisi dovessero essere negativi. Indagini più approfondite possono rivelare che il paziente è stato in cura presso numerosi altri dottori o istituti, anche in altre città; che mostra sintomi solo quando sa di essere osservato; che reca su di sé numerose cicatrici derivanti da interventi chirurgici precedenti; e che si dimostra riluttante a mettere in contatto l’attuale medico con medici precedenti, familiari o amici.

Data la sua natura, è un disturbo molto difficile da identificare, e per questo motivo la sua incidenza non è nota con certezza; la media delle stime si aggira sull’1% dei pazienti che si presentano in ospedale, con una lieve prevalenza negli individui di sesso maschile, ma varia molto a seconda della tipologia di sintomi, con frequenze più alte per neurologi e dermatologi. Va anche detto che l’abitudine dei pazienti con Munchausen di rivolgersi a più strutture può portare a falsare le statistiche.

Non si sa cosa causi questa sindrome, anche se è comune un’associazione con problemi di identità e di autostima. I ricercatori stanno analizzando il ruolo dei possibili fattori biologici e psicologici che possono portare alla sua insorgenza. Alcune ipotesi includono un passato di abusi o negligenza, la presenza di un familiare cronicamente malato, o la concomitanza di disturbi della personalità che portino a una ricerca dell’attenzione o a una deresponsabilizzazione.

Il trattamento è molto problematico, principalmente perché è difficile convincere un paziente ad ammettere che i suoi disturbi sono simulati o autoinflitti. Se però il medico, sulla base degli indizi e dopo aver escluso altre condizioni mentali, è ragionevolmente certo che si tratti di Munchausen, non può far altro che indirizzare il paziente da un esperto di salute mentale, meglio se qualificato per riconoscere i disturbi fittizi. La cura della sindrome di Munchausen deve mirare a ridurre o eliminare l’abuso di risorse mediche da parte del paziente e in seguito indagare sui motivi alla base di questo comportamento. Il coinvolgimento della famiglia è molto importante per evitare che altre persone assecondino inconsapevolmente i comportamenti disfunzionali. Non esistono cure farmacologiche per la sindrome di Munchausen; l’impiego di medicinali per trattare disturbi concomitanti della personalità e dell’umore va valutato con estrema cautela per l’elevato rischio di uso improprio.

Radiografia di un paziente con sindrome di Munchausen che mostra la presenza di un corpo estraneo inserito nel retto per simulare un blocco intestinale. Immagine presa dall’articolo “Munchausen’s syndrome presenting as rectal foreign body insertion: a case report” di Khan S.A. et al., Cases Journal (2008), licenza CC BY-SA 2.0

In genere, a meno che gli episodi siano pochi e isolati, i pazienti con sindrome di Munchausen vanno considerati come malati cronici e hanno prognosi molto sfavorevoli, perché rifiutano di ammettere il problema e quindi perseverano in comportamenti dannosi per la propria salute allo scopo di causare sintomi. Test multipli, procedure diagnostiche e chirurgiche e terapie inutili, da sole o interagenti tra loro, possono portare a danni permanenti o anche alla morte. Inoltre, il rischio di abuso di sostanze o suicidio è significativamente più alto della media.

Ancora più pericolosa è la sindrome di Munchausen per procura, ma non per chi ne soffre. In questi casi abbiamo un genitore, tutore o badante, che inventa e spesso crea sintomi o lesioni alla persona di cui dovrebbe prendersi cura: un bambino, un anziano o un disabile. La vittima è il soggetto vulnerabile, quindi si tratta di una forma di abuso. La maggior parte dei casi riguarda madri che manipolano i risultati dei test per far sì che i figli appaiano malati e li danneggiano fisicamente (o direttamente, o esponendoli ad agenti nocivi come il freddo o sostanze pericolose) per generare sintomi.

Chi perpetra l’abuso è perlopiù una persona che esercita il controllo sulla vita altrui perché sente di non averne sulla propria; ha poca autostima e non riesce a gestire l’ansia e lo stress. L’attenzione che ricevono compensa queste mancanze e rinforza il loro comportamento. Non solo il personale medico, ma anche la comunità mostra interesse e solidarietà, offrendosi di aiutare materialmente ed economicamente la famiglia. Non di rado, si tratta di un genitore separato che usa la malattia del figlio per distanziarlo dall’altro genitore.

Poiché, per esempio, è molto difficile distinguere un genitore affetto da Munchausen per procura da uno preoccupato e magari un po’ ansioso e pressante, gli indizi vanno ricercati principalmente sulla vittima. Quest’ultima, oltre ai segni presenti nella sindrome di Munchausen, mostra nuovi sintomi o peggioramenti di quelli esistenti solo quando trascorre del tempo con la persona che ne è responsabile, la quale non appare convinta da eventuali rassicurazioni dei medici mentre si dimostra insolitamente calma di fronte ai peggioramenti della vittima. Nel caso del figlio di una coppia separata, uno dei due genitori è sempre assente anche quando le condizioni del minore appaiono molto gravi. Questo perché il genitore affetto da Munchausen lo tiene all’oscuro, per evitare che i medici si confrontino con lui e allo stesso tempo per farlo sembrare negligente e irresponsabile.

Un sospetto di Munchausen per procura può portare i medici a indagare e a scoprire ulteriori indizi, fino a mettere in atto metodi di sorveglianza nascosti (registrazioni audio e video) per cogliere il tutore in flagrante. L’intervento in questo caso deve avvenire da più fronti: medici, personale sanitario, forze dell’ordine e servizi sociali. Le persone affette da sindrome di Munchausen per procura necessitano di psicoterapia a lungo termine e in alcuni casi di medicine per trattare disturbi concomitanti, che però potrebbero rifiutare in quanto non ammettono il problema. È necessario che l’interazione tra il tutore e la vittima sia costantemente monitorata. I bambini vulnerabili sono solitamente sottratti alla custodia dell’adulto responsabile e dati in affidamento, mentre un dottore verifica che i sintomi migliorino o spariscano (cosa che succede puntualmente). Alcune vittime necessitano a loro volta di psicoterapia per superare il trauma.

 

Fonti e approfondimenti: