Vi sedete al tavolo, venite serviti, guardando nel boccale è la prima cosa che incontrate, appaga la vista prima degli altri sensi, qualche volta ce n’è giusto un accenno, altre è quasi cremosa e caratteristica di certe tipologie di birra. Stiamo parlando della schiuma, un elemento essenziale per quasi ogni birra.

In generale si ha una schiuma quando si disperde un gas in un liquido o un solido, il che è piuttosto evidente quando si prepara la schiuma del cappuccino: del vapore viene insufflato nel latte ad alta temperatura. Oltre alla componente gassosa e liquida è però necessaria, per la formazione di schiuma in un liquido a base d’acqua, la presenza di altre sostanze, i tensioattivi. Si tratta di molecole per lo più organiche formate da una parte idrofila e una idrofoba. Le parti idrofobe di queste molecole tenderanno a disporsi in modo da trovarsi in una regione priva di acqua, al contrario la parte idrofila tenderà a stare in una zona con più acqua, per questo i tensioattivi si dispongono sulla superficie di separazione tra la bolla (gassosa, senza acqua) e il liquido, così facendo contribuiscono a separare le due regioni e a rendere più stabile la bolla.

Nelle birre il gas presente è principalmente l’anidride carbonica prodotta dalla fermentazione, alcune birre come alcune stout irlandesi, usano anche l’azoto ad alta pressione in fase di spillatura, che tuttavia non si disperde nella birra, ma contribuisce a rendere la schiuma cremosa. I tensioattivi presenti nella birra sono invece le proteine presenti nel malto d’orzo, e altre molecole tra cui le ordenine e le LTP1 (Lipid Transfer Protein 1), le prime servono per formare la schiuma, e le seconde la stabilizzano, cioè non la fanno dissolvere una volta servita la birra. Sono infatti la formazione e la persistenza della schiuma a indicare un prodotto di qualità sia per quanto riguarda la produzione che il servizio. La scelta del malto adeguato, con la giusta quantità e il tipo di proteine, la sua tostatura e la bollitura in fase di produzione sono fattori che influenzano il tipo di schiuma che si avrà nel boccale. Ma anche la presenza di residui nei bicchieri o la temperatura di servizio della birra possono influenzare la schiuma. In quest’ultimo caso una temperatura troppo bassa non favorirà la formazione della schiuma, mentre se è servita troppo calda ce ne sarà in eccesso. Fanno eccezione le Ale inglesi che vengono prodotte facendo un’infusione a temperatura minore, questo processo estrae meno proteine dal malto e quindi, anche se servite a rigore, queste birre non faranno molta schiuma.

Durante la spillatura una birra deve fare la sua giusta quantità di schiuma per essere perfetta al palato, diffidate di chi chiede birra senza schiuma… (Immagine di Africa Studio by Shutterstock)

Uno degli scherzi più odiati  dai bevitori di birra è il beer tapping che coinvolge appunto la schiuma della bevanda. Consiste nel colpire energicamente la bocca della bottiglia, spesso con il fondo di un’altra. Ciò causerà una veloce e copiosa fuoriuscita di schiuma e birra dalla prima.

Javier Rodriguez, Almudena Casado-Chacon e Daniel Fuster sono ricercatori dell’Università Carlos III di Madrid e dell’Università Curie di Parigi e si sono interessati al beer tapping da un punto di vista scientifico e hanno pubblicato un articolo in cui spiegano la fisica che sta dietro a questo fenomeno.

Una delle cause del beer tapping è un fenomeno ben conosciuto dagli ingegneri e dagli scienziati: la cavitazione. Essa consiste nella formazione di bolle di vapore all’interno di un liquido, anche molto al di sotto della temperatura di ebollizione. Ciò è dovuto a un repentino abbassamento di pressione locale del liquido che ne causa un cambiamento di fase, quando poi la bolla si sposta in una zona con la pressione originaria scoppia causando il rumore caratteristico. Per formare le bolle è necessario un centro di nucleazione,come le irregolarità microscopiche presenti sul vetro del bicchiere o sulle pale di una macchina idraulica.

Ma torniamo alla nostra birra. L’urto sulla bocca della bottiglia causa un fronte d’onda di compressione ed espansione che si propaga in tutto il vetro, e arrivato sul fondo della bottiglia passa nel liquido. Questo passaggio è più efficiente tanto è più rigido il contenitore, per questo il beer tapping è possibile solo con le bottiglie di vetro e non con quelle di plastica. Il fronte d’onda di espansione causerà nel liquido una diminuzione di pressione che indurrà il fenomeno della cavitazione, con la conseguente formazione di bolle. Queste però avranno vita breve perché collasseranno velocemente in bolle molto più piccole che formeranno una specie di nuvola che crescerà velocemente e inizierà a salire fino a fuoriuscire. A questo punto non c’è più soluzione, l’unica cosa che resta da fare è bere tutto quello che esce e in seguito maledire il compagno di bevute che ha causato, come hanno osservato i ricercatori, nuvole di schiuma di forma analoga a quella di un’esplosione nucleare.

 


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