“A volte ritornano” ammoniva il titolo di un vecchio libro di Stephen King, che ben si può applicare alla vicenda del creazionismo.

Apparentemente dissolto dal definitivo affermarsi della teoria dell’evoluzione, con un preoccupante colpo di coda, sembra oggi godere di discreta salute, anche se di fatto incompatibile con le attuali conoscenze scientifiche.

Ma procediamo con ordine. Sotto il termine creazionismo è riunito un complesso eterogeneo di dottrine, che hanno in comune il fatto di rifiutare la teoria dell’evoluzione delle specie e ritenere, invece, che la biodiversità abbia avuto origine da un principio creatore dotato di intelligenza, che ha progettato gli esseri viventi nella loro estrema varietà.

La credenza in un essere intelligente creatore, in un designer, e la conseguente posizione critica nei riguardi del neodarwinismo, ha essenzialmente matrice religiosa. Il creazionismo è, infatti, caratteristico di culti o gruppi religiosi fondamentalisti, vale a dire di quelli che tendono a elevare i precetti religiosi a norma di vita universale, valida perfino in ambito scientifico. Creazionisti sono alcuni rami conservatori della chiesa evangelica, soprattutto quelli che si rapportano in modo polemico con l’esegesi allegorica delle sacre scritture, così come lo sono i Testimoni di Geova. Si collocano tra le fila dei creazionisti anche alcune frange conservatrici dell’islam, tra le quali il movimento guidato dal turco Harun Yahya (pseudonimo di Adnan Oktar), che si sta velocemente espandendo, anche grazie a internet, in tutto il mondo. Nell’ambito cattolico, invece, soprattutto a partire dal Concilio Vaticano II, si è registrato un sempre più diffuso consenso nei riguardi della teoria dell’evoluzione, di pari passo con l’accettazione della cosmologia del big bang, anche se si sottolinea – non senza una certa forzatura – come l’avvio del processo evolutivo non sia dovuto al caso ma all’azione della divinità trascendente. Il rifiuto della teoria dell’evoluzione permane, però, anche nel mondo cattolico, nell’ambito di movimenti particolarmente conservatori. Non a caso nel corso dell’ultimo “Meeting per l’amicizia fra i popoli” di Comunione e Liberazione si è levato un grido di giubilo perché sembrava che l’antropologo Ian Tattersall avesse avallato una posizione antievoluzionista, mentre, in realtà, era stato semplicemente vittima di un tendenzioso fraintendimento. Celeberrime sono anche le dichiarazioni antidarwiniste del cardinale austriaco Schönborn, che era, tra l’altro, tra i papabili più gettonati, o del prof. De Mattei, membro del CNR e cattolico tradizionalista.

Ma che cosa rende il creazionismo incompatibile con la verità scientifica e, di conseguenza, ne impone l’esclusione dai programmi scolastici, che devono di necessità basarsi su ciò che è scientificamente dimostrato? Tutte le tipologie di creazionismo mancano di quelli che sono i requisiti minimi della scienza, vale a dire la verifica sperimentale delle affermazioni sostenute, la falsificabilità delle stesse, la predittività e la peer-review. Le teorie che prevedono la presenza di un essere intelligente che dà avvio a un’opera creatrice muovono da un’ipotesi che però non viene suffragata da alcuna evidenza sperimentale, perché tale non si può definire il cumulo di affermazioni capziose che i creazionisti adducono a sostegno delle loro tesi. Al nostro lettore che volesse approfondire la questione e farsi un’idea della miriade di pseudo-argomentazioni dei creazionisti consiglio la lettura del bel libro di Mark Isaak, The Counter-Creationism Handbook, purtroppo non ancora tradotto in italiano, ma scritto in un inglese di semplice decodifica anche per i non madrelingua.

Ma qual è il peso del creazionismo nella società contemporanea? A mio avviso sarebbe un errore trascurare un fenomeno che va diffondendosi sempre di più, sfruttando molteplici canali di comunicazione, servendosi dei nuovi media in modo strategico ed efficace. Il nuovo creazionismo percorre le vie del web: Harun Yahya è un maestro della diffusione delle proprie idee attraverso la rete, con i suoi siti in diverse lingue, italiano compreso, corredati di video, foto, documenti e del suo celebre “atlante” antievoluzionista, che è stato inviato, in forma cartacea, anche a diverse scuole italiane.

Molto materiale è disponibile anche nel nuovo sito dei Testimoni di Geova (spesso in formato ePub, agevolmente consultabile da smartphone e tablet), su YouTube (conferenze pseudoscientifiche, documentari e persino canzoncine creazioniste destinate ai bambini) e nei siti delle varie sezioni del CEF, l’associazione evangelica che ha lo scopo di fare proselitismo – anche creazionista – presso i bambini.

Ma l’antievoluzionismo di matrice prettamente religiosa (o forse dovremmo dire più scopertamente religioso?) appare forse meno pericoloso di quello che si traveste da scienza. Negli ultimi anni si è, infatti, assistito alla proliferazione di pubblicazioni e siti web che affermano di criticare la teoria neodarwinista su basi scientifiche, ma caratterizzati, in realtà, da una deprecabile autoreferenzialità e, di conseguenza, da nessuna argomentazione probante sottoposta a peer-review. Purtroppo, però, agli occhi dei non addetti ai lavori, le loro argomentazioni critiche (si tratta della tipica “strategia del cuneo“) possono apparire credibili perché simulano, senza averne il rigore, il modo di procedere della scienza. E dal momento che per comprendere le ragioni della scienza bisogna sobbarcarsi la fatica di studiare, mentre la pseudoscienza ne è la versione  sensazionalistica e semplificata, queste argomentazioni, infondate ma di facile presa sul lettore comune, si vanno diffondendo attraverso le maglie della rete, esplodendo nei social network, nei forum, nelle community e creando, di conseguenza, un crescente movimento di opinione infondato quanto pericoloso.

Difficile immaginare un’altra “cura” se non quella della corretta divulgazione scientifica, perché chi vuole capire e non ha alle spalle un’adeguata preparazione scientifica non debba incappare solo in materiale che fa disinformazione.

A monte ci sarebbe poi il discorso della scuola, che dovrebbe dare più rilievo allo studio scientifico, contenuto culturale fondamentale. Purtroppo la scuola italiana risulta a tutt’oggi lontana da questo obiettivo.