Esempio di pozzo di reiniezione – Fonte: US EPA

Fino a qualche anno se avessi dovuto scommettere sulla curiosità più comune in tema di terremoti avrei sicuramente azzardato qualcosa riguardante la prevedibilità di questi eventi. Purtroppo questo non è possibile, diffidate da chiunque vi dica il contrario. Ultimamente però, a seguito dei disastrosi terremoti in Abruzzo e in Emilia, si sta diffondendo l’idea che sia l’uomo a causare i terremoti tramite le trivellazioni petrolifere. Quindi temo che la “domanda da un milione di dollari” stia mutando da “quando ci sarà un terremoto?” a “quale multinazionale incolpiamo per l’ultima catastrofe?”.
La procedura sotto accusa è il fracking (o fratturazione idraulica), un metodo di estrazione considerato molto efficiente che potrebbe diventare nel prossimo futuro l’unico modo per abbattere i costi di produzione del gas naturale. La procedura consiste nel iniettare acqua, mescolata ad altre sostanze e composti, nel sottosuolo (da decine a centinaia di milioni di litri) per creare fratture nella roccia dalle quali la preziosa materia prima fluisce più facilmente. Il fracking ha tutta una serie di controindicazioni a cui bisogna necessariamente fare attenzione. Una di queste è l’isolamento del pozzo da falde acquifere circostanti, in fondo a nessuno piacerebbe avere un pozzo in cortile dal quale sgorga spontaneamente del metano, a meno che non siate fanatici delle grigliate all’aria aperta. Un’altra è la produzione e la gestione di milioni di litri di acque di scarto inquinate (idrocarburi, acidi ecc.,) che vengono poi reiniettate in profondità, tramite pozzi profondi appositamente realizzati, al fine di non creare bacini artificiali con tali acque .
Un altro effetto collaterale noto grazie a numerosi studi è la generazione di micro-terremoti, solitamente difficilmente percepibili dall’uomo. Gli americani in questo hanno grande esperienza visto che praticano il fracking diversi decenni.
Quindi perché aver paura?

In effetti non c’è motivo, il fracking non è praticato in Italia, anche perché, in primis non è mai stato autorizzato -tranne che un “hydraulic fracture job coupled with ceramic proppant, designed to enhance productivity”, ovvero un miglioramento della permeabilità nell’intorno del pozzo verticale tipo Coal Bed Methane (CBM, non shale gas, e quindi non il Fracking come comunemente viene inteso) effettuato a Ribolla (GR); tale “miglioramento” viene fatto anche per i pozzi per acqua, quando l’acquifero è impostato su calcari, e poi generalmente viene impiegato quando le formazioni produttive (es. Shale gas, rocce bituminose) sono caratterizzate in strati con una giacitura orizzontale e con estensione di decine di chilometri, caratteristiche geologiche difficilmente riscontrabili in Italia data la sua storia geologica.
Eppure dopo il terremoto dell’Emilia è stata istituita una commissione per verificare che non ci sia lo zampino del fracking e delle trivellazioni dietro la scossa. Ma se ho appena detto che non si fa fracking in Italia e nella zona non c’erano trivellazioni, a cosa serve la commissione? Come spesso avviene serve a placare gli animi, perché non è importante cosa dice la scienza, ma cosa crede la gente.
Diventa quindi fondamentale fare una corretta informazione che chiarisca dei punti fondamentali sulla pericolosità delle trivellazioni e più in generale delle operazioni di estrazione nella generazione di terremoti.
Proprio qualche giorno fa, su Scienzainrete è comparso un articolo dal titolo “Fracking e acque di scarico: anche l’uomo provoca terremoti?” che prende spunto da un recentissimo articolo su Science. Il testo su Scienzainrete mi ha spinto ad approfondire la questione.
L’uomo può davvero provocare terremoti in luoghi insospettati dai geologi?
Per vederci chiaro ho contattato il Dr. Massimo Della Schiva, Geologo ed ex sismo-vulcanologo, che in passato si è occupato dell’attività sismica del campo geotermico di Piancastagnaio (SI).
Il Dr. Della Schiava mi fa subito notare che “l’articolo su Science non parla di fracking, ma di pozzi di reiniezione delle acque inquinate provenienti dalle fasi estrattive. Tale pratica è permessa negli Stati Uniti, ma è vietata in Italia dal Testo Unico Ambientale D. Lgs. 152/2006 per questioni di inquinamento”.
Non bisogna quindi fare confusione tra le due procedure che sono sostanzialmente diverse pur essendo accomunate dal fatto che non sono praticate nel nostro paese (chiaramente da non confondere con lo stoccaggio sotterraneo di gas, pompaggio di acqua salata per evitare la subsidenza dovuto allo svuotamento dei serbatoi e la reiniezione delle acque ricondensate dei campi geotermici).

Scorrendo l’interessante lavoro su Science si nota anche che

“(….omissis…..) Triggering in induced seismic zones could therefore be an indicator that fluid injection has brought the fault system to a critical state.(….omissis…..) each triggered site was near to hosting a moderate magnitude earthquake, suggesting critically stressed faults. (….omissis…..)”

“Quindi non siamo in zone o luoghi insospettate dai geologi, ma siamo in aree con presenza di strutture sismogenetiche attive, anche se con sismicità relativamente bassa” prosegue il Dr. Della Schiava. In zone come queste non si dovrebbero fare reiniezioni o stoccaggi proprio per non perturbare un equilibrio che già di suo non è propriamente stabile.
Precisa inoltre il geologo “Il testo di Science mette solo in relazione le aree con pozzi di reiniezione attivi da oltre 10 anni e serie sismiche “innescate” da forti terremoti lontani”. Ovvero valuta il contributo che possono avere i pozzi di reiniezione e stoccaggio (e non il fracking) in sciami sismici generati da fortissimi terremoti avvenuti a grandi distanze (tipo quello di magnitudo 9.0 in Giappone nel 2011).

Chiariti quindi i punti principali trattati su Science, mi premeva far chiarezza ancora su un aspetto che riguarda direttamente l’Italia ed in particolare il terremoto in Emilia. A seguito della scossa, alcuni cittadini hanno riscontrato uno strano fenomeno: la liquefazione delle sabbie. Questo particolare evento è stato, in seguito, collegato ad attività di fracking in zona. Va bene, l’abbiamo detto in tutte le salse che non si fa fracking in zona, ma io riporto solo le affermazioni e le preoccupazioni dei cittadini, abbiate pazienza.
Mi viene ancora in aiuto il Dr. Dell Schiava “La liquefazione delle sabbie non è la causa di un terremoto, ma un effetto del terremoto in terreni sabbiosi saturi d’acqua, tanto che le Norme Tecniche per le Costruzioni (NTC 2008 approvate con il DM 14/01/2008) ne prevedono la verifica in sede di progettazione geologica”.
In un paese dove si creano commissioni ad hoc solo perchè la gente ha timore “dell’uomo nero” è importante essere chiari nella comunicazione. Fare confusione tra fracking, pozzi di reiniezione, liquefazione delle sabbie e pericoli di inquinamento non aiuta a fare chiarezza, ma rischia di creare fraintendimenti e ancora più confusione. Spero di essere riuscito a fissare alcuni punti chiave, in particolare che: no il fracking e la reiniezione dei fluidi non sono praticati in Italia, quindi smettete pure di chiedervi se sia colpa di qualche multinazionale se in una zona sismica c’è stato un terremoto. In caso di scossa l’unica cosa da fare è avere delle infrastrutture anti-sismiche ed una popolazione educata a gestire l’emergenza e soprattutto su questo ultimo punto sì che sarebbe necessaria qualche commissione in più, soprattutto per scuole ed edifici pubblici.

Dr. Massimo Della Schiva è Geologo ed ex sismo-vulcanologo, nel passato si è occupato, tramite una borsa di studio, dell’attività sismica del campo geotermico di Piancastagnaio (SI). Attualmente, quando ha tempo, si occupa anche di debunking con il blog I pensieri del Fioba.

PER APPROFONDIRE:

Fracking su Wiki
Pozzi di reiniezioni (US EPA)
Prometeo sul fracking e lo shale gas