Come nasce un farmaco? La risposta si trova, per esempio, sul sito dell’Agenzia Italiana del Farmaco e ci dice innanzitutto che i farmaci sono sostanze impiegate per curare una specifica malattia. Per valutare se un medicinale è davvero efficace (e non arreca danni alla salute) bisogna comprenderne le proprietà e quantificare il rapporto tra gli eventuali rischi e i benefici derivati dalla sua assunzione. Per questa ragione la molecola chimica che aspira a diventare un farmaco è sottoposta a una lunga serie di studi. Queste ricerche durano tra i sette e i dieci anni e si articolano in diverse fasi: studi “in vitro” e “in vivo” sugli animali (sperimentazione preclinica) e studi cosiddetti di fase 1, di fase 2 e di fase 3 eseguiti sull’uomo (sperimentazione clinica). Se volete approfondire trovate la descrizione dettagliata delle fasi al link precedente.

Niente di tutto ciò avviene per i cosiddetti “farmaci” omeopatici. Le virgolette sono lì perché chiamarli farmaci mi sembra un uso improprio del termine, visto che, per l’appunto, non hanno superato nessuno dei test descritti sopra. Inoltre, non ci sono evidenze scientifiche che l’omeopatia funzioni. Gli studi condotti in base ai principi della scienza medica, al contrario, ne hanno dimostrato l’inefficacia, ovvero che non cura meglio di un placebo.

L’omeopatia (dal greco ὅμοιος, simile, e πάθος, sofferenza) risale al 1700 e si basa sul principio che il simile cura il simile, ovvero che una malattia si possa curare utilizzando una sostanza che genera sintomi simili a quelli della malattia stessa in una persona sana. Tale sostanza, detta anche “principio omeopatico”, viene somministrata al malato in una quantità fortemente diluita. Le diluizioni sono tali che nel prodotto finale non vi è più nemmeno una molecola della sostanza iniziale. In sostanza state bevendo acqua o mangiando costosissimo zucchero. Ne abbiamo parlato più approfonditamente in questo articolo.

Che le farmacie italiane vendano e consiglino questi prodotti mi è sempre parso inaccettabile e irrazionale: purtroppo vedere un prodotto in farmacia ci fa pensare che sia un vero farmaco, che abbia una sua validità ed efficacia. Così come non ci interroghiamo troppo su cosa contenga l’aspirina, quindi, non ci interroghiamo nemmeno su cosa contenga il prodotto omeopatico. Anzi, si è diffusa l’idea che sia meglio di un farmaco “normale” perché ha meno effetti collaterali. Il risultato è che molte persone pagano profumatamente il nulla per (non) curarsi.

In USA, finalmente, sui farmaci omeopatici sarà riportata un’apposita etichetta per segnalare che non ci sono studi scientifici che ne dimostrano l’efficacia. Questa la decisione del Federal Trade Commission, una commissione che protegge i consumatori americani, che con una circolare ha evidenziato che “non ci sono studi validi che utilizzano metodi scientifici attuali per dimostrare l’efficacia del prodotto” e che “le affermazioni per questi prodotti potrebbero essere fuorvianti”.

Se non si vuole apporre l’etichetta bisognerà dimostrare che il prodotto è efficace contro una certa malattia con dei veri e propri test scientifici, così come è richiesto a tutti gli altri farmaci.
A quando qualcosa del genere anche in Italia? Del resto non ci curiamo più, grazie al cielo, con le sanguisughe, avendone capito l’inefficacia, sarebbe ora di aprire gli occhi davanti a questo metodo settecentesco.


Immagine di copertina: Alim Yakubov by Shutterstock