Si chiamano Big Data e sono decisamente l’argomento più rilevante degli ultimi decenni in ambito informatico.

Dal 2000 a oggi i dati a cui siamo sottoposti quotidianamente sono aumentati in modo quasi inconsapevole e con essi è aumentata anche la quantità di informazioni. Per questo oggi più che mai risulta fondamentale fare buon uso delle informazioni più importanti e scartare quelle inutili e ingombranti.

Con il termine Big Data si definisce quindi un grosso quantitativo di dati che può essere processato e reimpiegato per estrarre informazioni che portano a una maggiore conoscenza di un certo settore.

Lavorare in questo ambito vuol dire, quindi, lavorare anche con una serie di tecniche che permettono di analizzare e “scavare” nei dati. Queste tecniche sono definite “tecniche di data mining” (letteralmente, estrazione dei dati) e sono utilizzate negli ambiti più vari: dagli studi di settore legati alle preferenze degli acquisti in un supermercato, alle previsioni sportive nella sabermetrica.

Volendo dare una definizione analitica dei Big Data possiamo servirci di cinque parole che insieme formano il cosiddetto paradigma delle 5 V: volume, velocità, varietà, valore, veracità.

  • La V di volume è certamente legata alla quantità di dati: lo ripetiamo, devono essere tanti… ma proprio tanti tanti!
  • Velocità: si riferisce alla velocità con cui i dati sono generati e registrati. Per esempio posso raccogliere dati costantemente da un segnale GPS sempre attivo, ma dovrò essere certo che ci sia un sistema attivo in grado di tenere costantemente traccia del segnale e registrare gli spostamenti in maniera praticamente istantanea.  
  • Varietà: più dati ho, più posso affinare le mie ricerche statistiche. E più sono eterogenei, meglio posso studiarli  e applicarli in più contesti. Quindi la varietà del dato ne definisce in un certo senso anche l’utilità e la “rivedibilità” (capirete tra un attimo cosa intendo).
  • Veracità: con questa parola si indica l’affidabilità del dato in termini di accuratezza. Tornando al caso del GPS, sicuramente è utile che venga segnalato in maniera repentina uno spostamento anche di pochi metri, ma è altrettanto importante che se cammino a Milano il movimento non venga registrato a Brescia.
  • La quinta V sta per Valore. A chi serve avere un grande ammontare di dati privi di utilità?

Qual è quindi il collegamento tra i Big Data e i pokémon? Semplice. A oggi il numero di utenti ad aver scaricato l’applicazione è di circa 30 milioni!

Immaginate come sono felici gli analisti dei Big Data? Pokémon Go è rivoluzionaria proprio per l’uso che ne fa.

Ogni volta che scarichiamo un’app dobbiamo concedere delle autorizzazioni, o grant, senza le quali non è possibile usufruire a pieno dei servizi a essa associati.

Nel caso di Pokémon Go, dove l’obiettivo è catturare tutti i “poket monsters” (151 per ora) in giro per il mondo, dovrete acconsentire a una serie di richieste d’accesso senza le quali l’applicazione non funzionerà correttamente. Negare l’uso della fotocamera vi rovinerà il piacere della “realtà aumentata”, e quindi di vedere un Rattata per le strade del centro!

Ma le richieste di permessi sono molte di più: account google (necessario per iscrivervi), data di nascita, lista contatti, GPS e altro ancora.

Pokemon_permessi pokemon_strada

Ma cosa se ne fa la Niantic di tutti questi dati? Semplice: li usa e li rivende. Scaricare PG è gratis e a meno che non siate troppo pigri da cercare i “pokéstop” per ricaricare le sfere Poké con le quali catturare i pokémon, non ci sarebbe necessità di comprarle.

In ogni caso, il vero guadagno dell’azienda è legato all’uso dei Big Data. Le aziende sono interessate a sapere come si muovono i suoi utenti (non solo spazialmente), cosa piace loro, quali sono i luoghi che frequentano e di cui parlano. In questo modo, per esempio, sarà più facile creare e collocare le pubblicità giuste al posto giusto. Oppure può essere un’idea quella di chiedere a Niantic di far capitare casualmente nel mio negozio un Pokémon raro.

E la privacy dell’utente? Beh, in termini di privacy c’è un mito da sfatare.

I dati del singolo non hanno alcuna rilevanza statistica se non sono collocati all’interno di quadri più generali e di un contesto più ampio. Quindi il signor Mario Rossi può dormire sonni tranquilli, nessuno lo vuole spiare. Sapere che il signor Rossi va a cercare Pokémon in riva al fiume alle 15.30 ogni mercoledì non ha alcuna importanza se non associo a questa informazione il fatto che il signor Rossi sia un uomo di una certa età, con una certa istruzione, che vive in una certa città di una certa nazione e all’interno di certi altri parametri che aiutano a categorizzare le informazioni ottenute.  

Per dirla con un dizionario da marketing, i dati assumono valore se è possibile “segmentare” gli utenti in tante categorie e rivendere queste informazioni ad aziende di strategia di mercato.

In conclusione PG non è assolutamente un’app da banalizzare o sottovalutare e il fatto che abbia avuto un così grande riscontro da parte del pubblico la porta a essere un fenomeno emblematico nell’era dei Big Data.

Euronics ha decisamente capito l’importanza del fenomeno globale PG. Attivare i moduli esca aiuta a catturare Pokémon … e clienti!

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