Grazie ad un gene dell’albero della gomma sarà possibile permettere alle specie marine di metabolizzare la plastica dispersa nei mari e negli oceani. 

La plastica è una componente fondamentale della nostra vita, senza cui molte delle nostre attività quotidiane non sarebbero possibili. Dai sacchetti della spesa alle bottigliette d’acqua, sembra proprio che non esistano alternative convincenti o applicabili nel prossimo futuro.

La caratteristica resistenza di questo materiale ne ha consacrato l’importanza, ma allo stesso tempo è anche fonte di enormi danni per l’ambiente. Molte delle plastiche di uso quotidiano necessitano di centinaia di anni per degradarsi, spesso rilasciando sostanze nocive per l’ambiente, danneggiando la vita terrestre e marina. Addirittura, negli oceani si sono create “isole di plastica”: zone con un’altissima concentrazione di rifiuti che vagano nei nostri mari.

Negli ultimi anni sono stati fatti numerosi tentativi per combattere la tendenza a disperdere plastica nell’ambiente, ma è sempre più evidente che i suggerimenti e l’educazione non saranno mai sufficienti a risolvere completamente il problema.

La soluzione pare arrivare proprio dalla stessa scienza che, agli inizi del ‘900, ha creato il problema inventando i polimeri. Un recente studio pubblicato su Water Security Enviromental (Pencilvania) ha valutato la possibilità di utilizzare una particolare modifica genetica su alcune specie marine che permetterebbe a quest’ultime di digerire la plastica.

Il gene P35-C3 è stato estratto dall’albero della gomma (Hevea brasiliensis), il quale, producendo gomma naturalmente, non viene danneggiata dalla plastica e dalle sue componenti.

 

Pesce OGM mentre si nutre di plastica – Rich Carey/Shutterstock

L’inserzione del gene è del tutto innocua all’interno delle specie marine, anche se in alcuni casi ha creato problemi nei piccoli. In particolare, è stata registrata una tendenza progressiva al galleggiamento, soprattutto per i pesci appena nati, che, avendo meno forza degli adulti, si ritrovano con parte del corpo esposta all’aria e rischiano quindi di morire.

Tra le varie specie prese in considerazione, quella che risponde meglio sembra essere il salmone. Di questo parere è Claudio P. Abart, ricercatore capo del progetto. I salmoni, data la loro indole migratoria, sono in grado di ripulire sia i mari che le acque dolci. Inoltre potrebbero trovare un habitat naturale nelle acque oggi inquinate delle località turistiche montane. Risalendo i corsi d’acqua sarebbe molto facile trovare cibo mangiando bicchieri di plastica, copertoni o lavatrici abbandonate dai turisti. L’inciviltà diventerebbe quindi un atto di tutela ambientale in grado di aiutare i salmoni nel loro percorso verso la riproduzione, supportando l’intera catena alimentare.

Una delle possibili obiezioni mosse al progetto è la commestibilità. Il pesce geneticamente modificato sarebbe ancora commestibile? L’incredibile risposta dei ricercatori della Pencilvania è sì. La plastica ingerita verrebbe, infatti, metabolizzata grazie al gene dell’albero della gomma e trasformata in elementi nutritivi esattamente come qualsiasi cibo. Inoltre, mangiando a sua volta i pesci modificati, in un prossimo futuro anche l’uomo potrebbe acquisire questa capacità e banchettare con piatti e tovaglie di plastica.

Ulteriore scoperta del team di ricercatori è stata la conservazione del pesce dopo averlo estratto dall’acqua. Un giovane dottorando, durante esperimenti sulla commestibilità dei salmoni modificati, ha dimenticato il pesce sul bancone durante il week end. Il lunedì ha potuto verificare che non solo il pesce non rilasciava il tipico odore di marcio, ma era come plastificato.

Una delle proposte è quindi quella di riutilizzare il pesce “andato a male” come giocattolo per bambini, invece di gettarlo nella spazzatura.

Quello portato avanti dai ricercatori guidati da Abart è senz’altro un processo che sovverte tutto quello che abbiamo creduto socialmente accettabile fino ad oggi. Forse un giorno buttare per terra la plastica e inquinare i mari potrebbe diventare una procedura necessaria per tutelare la sopravvivenza di queste nuove specie.

Immagine di copertina: Plastic Fish stock photo from MOHAMED ABDULRAHEEM/Shutterstock