La scoperta più rilevante, in astrofisica, negli ultimi anni è stata l’osservazione delle onde gravitazionali: da quel giorno di febbraio 2016 si parla di “astrofisica multimessaggero”, proprio perché si è stati in grado di osservare non solo la luce, o le radiazioni elettromagnetiche, ma anche qualcosa di completamente diverso. Un altro attore era atteso al varco, ed è il neutrino. Oggi gli scienziati di Icecube hanno finalmente potuto correlare, o almeno mettere insieme un corposo insieme di indizi che indica una correlazione, un evento di altissima energia a una sorgente di radiazione elettromagnetica. Questo sarà ricordato come il primo esempio di astronomia con neutrini, se arriveranno ulteriori conferme.

Il neutrino è una particella di massa piccolissima che interagisce pochissimo con la materia. Ogni secondo, qualcosa come 10.000 miliardi di neutrini attraversano il nostro corpo, senza che ce ne accorgiamo. Questo consente al neutrino di attraversare stelle, nuvole di gas e polveri, distanze immense nello spazio portando con sé una preziosa informazione su come si è generato. Inoltre, non avendo carica elettrica, non viene deviato dai campi magnetici di stelle e galassie, permettendoci anche di ricostruire la direzione da cui arriva. Il suo aspetto più negativo (ma anche quello che gli permette di attraversare indisturbato praticamente l’intero Universo) è che interagisce solo debolmente con la materia, per cui abbiamo bisogno di rivelatori immensi per osservarlo.

Icecube è uno di questi, un insieme di 86 stringhe di rivelatori di luce immersi nel ghiaccio antartico. Questo rivelatore osserva un volume complessivo di circa un chilometro cubo, pari a un miliardo di tonnellate d’acqua. Un neutrino può interagire nel ghiaccio o nella roccia sottostante, trasformandosi in una particella carica di cui possiamo misurare energia e direzione. Questo accade molto raramente, ma quando accade si cerca di trovare una “controparte ottica”, ovvero una sorgente già nota in un altro modo, per esempio per la sua emissione nei raggi gamma, a cui associare il neutrino. Questo è successo per l’evento da 290 TeraelettronVolt osservato il 22 settembre 2017. Questa energia corrisponde a 40 volte l’energia raggiunta da un protone accelerato al large Hadron Collider del CERN, o a un oggetto di un grammo che si muove a 30 centimetri al secondo, parecchio per una singola particella elementare.

Da quando è stato diramato il comunicato che era stato osservato questo neutrino, parecchi telescopi hanno iniziato a scandagliare il cielo nell’area da cui lo si è visto arrivare e oggi è stato annunciato che la sorgente è stata identificata ed è il blazar TXS 0506+056. Un blazar è un particolare tipo di nucleo galattico attivo, da cui ci arrivano raggi gamma e X in quantità enormemente superiore a una galassia “tranquilla” come la nostra. Questo in particolare si trova a circa 4 miliardi e mezzo di anni luce da noi  nella costellazione di Orione.

Svariati strumenti, sia basati a terra che in orbita, hanno confermato una attività anomala del blazar TXS 0506+056 nelle settimane in cui è stato rivelato il neutrino ad alta energia da Icecube, rafforzando l’ipotesi che ci sia una correlazione. L’osservazione di neutrini provenienti da regioni in cui avvengono fenomeni di energia estrema nell’universo ci consentirà di discriminare tra i vari modelli che sono alla base della descrizione di questi fenomeni stessi: il fatto stesso di avere un neutrino, per esempio, già ci indica che è altamente probabile che vengano accelerati anche protoni, oltre agli elettroni, che sarebbero sufficienti a spiegare la radiazione elettromagnetica. Per ora questa singola osservazione non ci dice molto di più, ma ci consente di affermare che un nuovo capitolo dell’astronomia multimessaggero è stato finalmente aperto.

 


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