Per il Teorema dell’8 Marzo, festa delle Donna, cogliamo l’occasione per puntare un faro su alcune disparità di trattamento che ancora avvengono nei confronti delle donne in ambito scientifico.
Nella puntata 346 trovate nello studio virtuale Ilaria e Valeria e Anna in un intervento esterno.
Ilaria vi parla di un’intervista che la rivista Nature ha fatto a due ricercatori che testimoniano il loro impegno nella battaglia per la gender equality. Il primo passo per cambiare gli atteggiamenti discriminanti è rendersi conto delle differenze di trattamento in situazioni come colloqui e presentazioni alle conferenze. Un altro passo importante è rifiutarsi di partecipare ad eventi in cui i panel sono in realtà dei manel. Vi presentiamo anche uno studio sulla percezione degli stereotipi applicati alle donne che presentano pubblicamente i risultati del loro lavoro in campo STEM (Science- Technology-Engineering- Mathematics).
Anna intervista il Dottor Giuseppe Pugliese per comprendere come si diagnosticano i disturbi dello spettro autistico
In questa puntata la barza non è tradizionale, ma è costituita da spunti di riflessioni sul tema della puntata offerti dalla Svizzera. Quando è stato dato il diritto di voto alle donne nel cantone svizzero dell’Alpenzello interno? … Nel 1990! Fa ridere vero? Il punto è che è vero!
Passiamo poi a parlare del film documentario Picture a Scientist che racconta la storia di alcune scienziate che hanno subito discriminazioni di diverso tipo e hanno cercato in qualche modo di ribellarsi e di denunciare le scorrettezze nei loro confronti.
In particolare vi raccontiamo storia di Nancy Hopkins la cui ricerca passa dal ruolo dei batteriofagi, ai virus a RNA che causano tumori nel topo e infine agli zebrafish per studiare i geni fondamentali per lo sviluppo. Nella sua ultima transizione lavorativa all’MIT dove lavora dal 1973 si è trovata ad avere bisogno di ingrandire il suo laboratorio per potere installare gli acquari per i pesci soggetto di studio, e in seguito al rifiuto di spazi aggiuntivi, si è resa conto che i suoi colleghi maschi avevano laboratori grandi e questo le ha dato lo spunto per presentare insieme alle altre ricercatrici una lettera al direttore dell’MIT che messo di fronte all’evidenza dei fatti ha compreso come l’MIT dovesse intraprendere un percorso per ristabilire l’equità di genere. Le analisi svolte in seguito sono state poi pubblicate nel 1999 in un rapporto che ha dato spunti a molte altre istituzioni.
Qui trovate la biografia di Nancy Hopkins e le sue idee su come migliorare l’uguaglianza di genere in ambito accademico.
Conduzione: Valeria Cagno e Ilaria Zanardi
Montaggio: Valeria Cagno
Ospiti: Anna Truzzi e Giuseppe Pugliese
Immagine di copertina: ApImage by RAEng_Publications from Pixabay
Non avendo ricevuto nessun riscontro al mio email del 11 marzo, scrivo qui il mio commento a proposito delle informazioni approssimative sulla questione parità in Svizzera:
—
Ciao a tuttə,
vi ascolto dalla Svizzera (e sono pure svizzero dalla nascita), ho quindi alcune precisazioni da fare rispetto a quanto è stato detto in trasmissione.
So bene, che il mio paese è abbastanza retrogrado a proposito della parità di genere, ma alcune affermazioni dette sono imprecise.
È vero che il voto alle donne è stato concesso solo il 7 febbraio 1971.
Questo era valevole per tutti i cantoni per votazioni federali, mentre rimaneva in vigore il diritto cantonale per temi cantonali o comunali.
Tra l’altro il primo cantone a concedere il voto alle donne a livello cantonale fu il cantone di Vaud nel 1959!
La cosa che fece scalpore invece è il fatto che nel cantone di Appenzello interno fu concesso solo nel 1990 e per decisione del Tribunale Federale, quindi a causa di una causa inoltrata e vinta!
Qui le informazioni precise:
https://it.wikipedia.org/wiki/Suffragio_femminile_in_Svizzera#:~:text=Il%20suffragio%20femminile%20in%20Svizzera,il%201959%20e%20il%201990.
Altra precisazione sui nomi, non sono un esperto ma mi risulta che si può mantenere il proprio nome o prendere quello della moglie. La revisione del Codice Civile, credo che sia abbastanza recente:
Dal codice civile Svizzero:
https://www.fedlex.admin.ch/eli/cc/24/233_245_233/it#art_160
B. Cognome
Art. 160181
1 Ciascun coniuge conserva il proprio cognome.
2 Gli sposi possono tuttavia dichiarare all’ufficiale dello stato civile di voler assumere un cognome coniugale; possono scegliere tra il cognome da nubile o celibe della sposa o dello sposo.
3 Se mantengono ciascuno il proprio cognome, gli sposi determinano il cognome dei figli, scegliendolo tra i loro cognomi da celibe o nubile. In casi motivati, l’ufficiale dello stato civile può liberarli da quest’obbligo.
181 Nuovo testo giusta il n. I della LF del 30 set. 2011 (Cognome e cittadinanza), in vigore dal 1° gen. 2013 (RU 2012 2569; FF 2009 6577 6585).
—
Di fatto, forse pochi lo mantengono per questioni culturali, non lo so. Non sono parte di una generazione giovane che quindi si sposa…
Il mio consiglio è comunque di NON sposarsi, ma quello per altri motivi.
Saluti pari per tuttə
Stefano
Ciao, grazie per la precisazione!
E’ vero in puntata ho detto erroneamente che la moglie deve prendere il nome del marito, invece come hai giustamente puntualizzato ha la scelta.
Ma rimane il fatto, che almeno a Ginevra è consuetudine che questo accada, ma il caso di Lara Gut Berthami mi fa immaginare che non sia l’unico cantone, e il fatto che le donne firmino per scelta con il nome del marito in ambito accademico o sportivo, come raccontavo, a me suggerisce che ci sia ancora un bias culturale.