La fisica la si può trovare un po’ ovunque nella vita di tutti i giorni. Lo sport in particolare è un buon concentrato di leggi fisiche applicate al fine di ottenere i risultati migliori. Cosa vede allora un fisico in tempo di Olimpiadi? Sport, divertimento ed emozioni come tutti, ma anche qualche formula o principio nascosto qua e là.
Uno dei classici esempi di fisica nello sport è il salto con l’asta. Fin dal liceo, infatti, questa disciplina dell’atletica viene usata come esempio per illustrare uno dei fondamenti della natura: il principio di conservazione dell’energia. Ma prima di ritornare tra i banchi di scuola, facciamo una capatina in palestra e vediamo qual è la tecnica per compiere un salto con l’asta.

Il salto parte con una rincorsa di una quarantina di metri che l’atleta percorre in circa venti passi, gli ultimi sei dei quali sono quelli con la maggior velocità. Dopodiché inizia la fase di preparazione in cui bisogna portare l’asta da una posizione quasi verticale fino alla posizione per l’inserimento nella cassetta distendendo gli arti in avanti. A questo punto si staccano i piedi e si spinge in avanti per iniziare il caricamento, si assume una posizione ad arco e si piega l’asta fino al massimo che è circa novanta gradi. Si alza dunque il corpo compiendo un’oscillazione del bacino verso l’impugnatura. L’atleta assume una posizione verticale capovolta e spinge l’asta verso in basso per darsi lo slancio. Valica l’asticella prima con le gambe e poi con tutto il resto del corpo, in fine atterra sul materasso sottostante, e spera che con lui non cada anche l’asticella. Un gesto che richiede un notevole controllo.


In questo gesto atletico si possono trovare almeno tre forme di energia: energia cinetica, energia potenziale gravitazionale, ed energia elastica. L’energia cinetica è quella forma di energia che un corpo possiede in quanto in moto, che può essere sia rettilineo sia di rotazione intorno ad un asse, durante la rincorsa del nostro atleta però quest’ultima componente non è presente.
L’energia cinetica di un corpo dipende dal quadrato della sua velocità (cioè più va veloce più energia possiede), ed è proporzionale alla massa dell’oggetto. È facile capirlo se si immagina di arrestare un corpo in movimento, riducendo quindi la sua energia cinetica a zero: più un corpo è massiccio e veloce, più è faticoso arrestarlo, come sanno bene i rugbisti che cercano di fermare un avversario ben piazzato. L’energia cinetica che l’atleta acquista deve essere poi convertita in energia potenziale gravitazionale: questa forma di energia è legata alla posizione del corpo all’interno del campo gravitazionale. In prima approssimazione, trovandoci sulla superficie terrestre, l’energia potenziale gravitazionale dipende solo dalla massa dell’oggetto e dalla sua altezza, in questo caso rispetto al suolo. Secondo il principio di conservazione dell’energia, la quantità di energia potenziale nel punto più alto è la stessa dell’energia cinetica quando l’atleta è più veloce, questo perché l’energia può solo cambiare forma, diventando magari poco utile come spesso accade per il calore, ma la quantità complessiva rimane invariata. Questo è rigorosamente vero solo nel mondo ideale dei fisici, nella realtà si disperde dell’energia in varie occasioni per via degli attriti, e quando il saltatore spinge con le braccia aggiunge ulteriore energia cinetica. Sommando però questi contributi all’energia cinetica della rincorsa si trova il valore esatto di energia potenziale gravitazionale, e quindi dell’altezza raggiunta: il principio di conservazione dell’energia rimane ancora valido.
Tuttavia l’atleta riceve dell’energia extra dall’asta, sotto forma di energia elastica. Questa è immagazzinata dall’asta quando viene piegata, e viene rilasciata mentre torna alla forma originaria, dipende quindi da quanto viene piegata l’asta e dal tipo di materiale di cui è fatta, senza questa energia extra l’atleta difficilmente riuscirebbe ad arrivare ad un’altezza di oltre 6 metri come attualmente accade.


Il modello precedente che tiene conto solo delle energie è piuttosto semplificato, ci sono infatti altri fattori che influenzano la buona riuscita del salto, ma tutto sta nel non dissipare troppo l’energia cinetica che si ha durante la fase di corsa e di convertirla al meglio in energia potenziale gravitazionale, che come abbiamo visto si traduce nel riuscire ad arrivare ad altezze maggiori.
Un salto può essere influenzato dall’angolo formato dall’asta e dal suolo nel momento dello slancio: quest’angolo dovrà essere il maggiore possibile, in modo che il centro di massa( cioè il punto in cui si può immaginare che sia concentrata tutta la massa del saltatore), dell’atleta parta già ad un’altezza maggiore e quindi il salto, a parità di energia fornita, arriverà più in alto. Per ottenere quest’angolo gli atleti tendono a compiere passi più brevi e veloci verso la fine della rincorsa in modo da alzare il baricentro, inoltre l’impugnatura dell’asta non dovrà essere troppo verso la parte alta dell’asta perché, nel momento in cui si pone l’estremità nella cassetta, l’angolo formato sarebbe troppo basso, e per compensare  ciò sarebbe richiesta una forza e una velocità maggiore. Un’impugnatura 10 cm più alta o bassa, aumenta o diminuisce l’angolo di 5°, producendo salti con altezze diverse. Inoltre è stato calcolato che anche la profondità della cassetta influenza l’angolo di salto: una cassetta più bassa di ulteriori 20 centimetri farebbe guadagnare 8 centimetri nell’impugnatura, per questo da regolamento la profondità della cassetta è fissata a 20 centimetri di profondità dal suolo.

Abbiamo visto come l’energia elastica dell’asta è una grande protagonista per il raggiungimento di altezze sempre maggiori, così ci si è cimentati nella ricerca del miglior materiale utilizzabile per la fabbricazione. Inizialmente si era scelto il bambù poiché era flessibile e leggero, e ha permesso a Cronelius Warmerdam di fissare il record mondiale a 4,77 metri nel 1942, rimasto imbattuto per quindici anni nonostante l’avvento di aste più moderne. Purtroppo però  il bambù risultava troppo fragile e gli atleti non potevano spingere troppo con le braccia per non danneggiare l’asta. Per questo le aste in bambù sono state sostituite prima da quelle di alluminio, poi da quelle interamente fatte di fibra di vetro, mentre quelle attuali hanno anche degli strati in fibra di carbonio studiate apposta per restituire al saltatore la maggior energia possibile, incamerata precedentemente nella fase di piegatura dell’asta; le aste attuali possono tranquillamente piegarsi fino a oltre 100°, nonostante l’angolo ottimale per l’atleta sia 90°, anche grazie alla leggera curvatura conferitagli in fase di costruzione. L’aggiunta di fibre di carbonio inoltre riduce il peso dell’attrezzo e permette all’atleta di correre più velocemente, acquistando la tanto desiderata energia cinetica.


La fisica e la sua applicazione nelle nuove tecnologie o nello studio di tecniche ottimali possono dare all’atleta strumenti migliori per arrivare a risultati più alti, tuttavia in poco tempo queste diventano di dominio pubblico, e all’atleta non resta che metterci passione e dedizione per migliorarsi.

 

Fonti:

http://journals.humankinetics.com/AcuCustom/Sitename/Documents/DocumentItem/10546.pdf