Dall’Ottocento gli scienziati riescono a compiere analisi chimiche scomponendo la luce emessa o assorbita da un campione. Questa tecnica, nota come spettroscopia, è stata applicata, e viene usata tutt’ora, sugli elementi e i composti della materia che ci circonda. I ricercatori del CERN sono riusciti a fare spettroscopia anche su atomi di antimateria.

Già nel 2002 i ricercatori del progetto ATHENA, sempre al CERN, erano riusciti a produrre atomi di antidrogeno in buone quantità. L’isotopo più semplice e diffuso dell’idrogeno (prozio) è formato da un elettrone legato a un protone. Per avere l’anti-idrogeno è stato necessario legare un antielettrone (positrone) con un antiprotone. I primi si ottengono da un particolare tipo di decadimento beta di alcuni isotopi radioattivi, gli antiprotoni invece è stato necessario produrli facendo scontrare particelle accelerate. Una volta prodotti i mattoni dell’anti-idrogeno si è dovuto rallentarli al fine di permettere la formazione del legame, ottenendo così, in media, 25000 atomi di antidrogeno. Tuttavia, ciò non è sufficiente perché gli anti-atomi così ottenuti sono troppo veloci. Per questo gli scienziati del progetto ALPHA hanno dovuto rallentarli usando trappole magnetiche, tecnica che, però,riduce gli atomi a una media di 14 , numero che, tuttavia, rappresenta un considerevole miglioramento se si considera che i metodi precedenti ne intrappolavano mediamente un decimo. Una volta ottenuto l’anti-idrogeno, i ricercatori l’hanno illuminato utilizzando un laser e analizzato lo spettro della transizione dal livello 1S (il più basso) al 2S (quello immediatamente dopo).

Quello che i ricercatori di ALPHA hanno visto è che non vi è una sostanziale differenza tra lo spettro dell’anti-idrogeno e dell’idrogeno, con una accuratezza di 2 parti su 10 miliardi. Questa scoperta è un’ulteriore conferma quella che è nota come simmetria CPT ed è prevista dal Modello Standard, che al momento è il miglior modello in circolazione che descrive le particelle fondamentali. La simmetria CPT prevede la conservazione delle equazioni che descrivono le interazioni fondamentali quando si ha un’inversione contemporanea della carica, della parità e del tempo (CPT, appunto). L’inversione della carica si ottiene sostituendo la materia con l’antimateria; la parità viene invertita invece considerando posizioni e momenti delle particelle nella direzione opposta; infine l’inversione temporale è ottenuta immaginando che il tempo vada a ritroso. Questo risultato, però, è una brutta notizia per i fisici teorici che lavorano su teorie che cercano di unificare le forze fondamentali, come ad esempio la teoria delle stringhe. Secondo queste teorie, infatti, ci dovrebbe essere una qualche violazione della simmetria CPT, ma per ora non sembra essere questo il caso. Il lavoro dei ricercatori di ALPHA però non si ferma, infatti in futuro sono previste misure più accurate e con laser a diverse energie. Magari gli spettri futuri faranno meno paura ai teorici delle stringhe.


Fonti:

https://home.cern/about/updates/2016/12/alpha-observes-light-spectrum-antimatter-first-time

http://www.nature.com/news/ephemeral-antimatter-atoms-pinned-down-in-milestone-laser-test-1.21193

Immagine di copertina: pheonixman by Shutterstock

Approfondimento:

Come funziona la spettroscopia?

Il Sole ha una temperatura superficiale di circa 6000K, ed è composto principalmente da idrogeno. Come si può fare un’affermazione del genere? Guardando la luce che la nostra stella emette, è possibile dividere un fascio di luce bianca nelle sue componenti di diversi colori, che differiscono in base alla lunghezza d’onda. Se si scompone la luce solare, si vede che questa non è continua su tutto lo spettro della luce visibile, ma presenta dei buchi a determinate lunghezze d’onda. La luce emessa dal Sole non è identica a quella di tutte le altre stelle, ma dipende dagli elementi chimici che la compongono: i buchi nello spettro, infatti, rappresentano le lunghezze d’onda che sono emesse da elementi non presenti nella nostra stella. Un fenomeno analogo lo si ha se un campione è illuminato da un fascio di luce. Se si scompone la luce che lo attraversa, si nota che vi sono dei buchi alle lunghezze d’onda in cui, nello spettro di emissione, vi era luce, e si troveranno le lunghezze d’onda che mancavano nello spettro precedente: si è ottenuto così lo spettro ad assorbimento dell’elemento.

La causa di questi due fenomeni è la stessa, ed è da ricondurre a come gli elettroni sono legati al nucleo. Secondo il modello atomico di Bohr (non del tutto esatto, ma sufficiente per capire quanto segue) gli elettroni stanno su quelli che si chiamano livelli energetici, cioè possiedono un’energia di legame con il nucleo che varia: quelli con più energia di legame saranno mediamente più vicini al nucleo mentre quelli più esterni avranno meno energia di legame e basterà fornire poca energia per dissociarli dall’atomo. Per far passare l’atomo da un livello energetico a quello successivo bisogna fornirgli energia ad esempio attraverso la luce. Non tutte le lunghezze d’onda, però, vanno bene, ma solo quelle che forniscono esattamente l’energia per compiere la transizione, tutto il resto della luce passa attraverso il campione. Questo spiega lo spettro in assorbimento: buona parte della luce bianca passa indenne attraverso il campione, eccetto quelle lunghezze d’onda che forniscono le energie giuste per compiere il salto da un livello energetico all’altro, queste vengono assorbite e, dopo il campione, troverò dei buchi corrispondenti.

Ma gli elettroni non rimangono per sempre in questi nuovi livelli energetici, dopo un periodo di tempo più o meno lungo torneranno ai livelli energetici più bassi e l’energia in eccesso verrà riemessa sotto forma di radiazione elettromagnetica, quindi anche luce visibile. Questa formerà lo spettro a emissione, che sarà composto da luce con solo le lunghezze d’onda che corrispondono alle energie di transizione degli elettroni, da un livello energetico più alto a quello più basso.

Come abbiamo detto, gli spettri di emissione e assorbimento sono tipici per ogni elemento, abbiamo quindi una tecnica che ci permette di identificare gli elementi che compongono un campione solo osservando la luce emessa o assorbita da esso, questa tecnica è nota come spettroscopia.