L’era dell’osservazione del Cosmo con le onde gravitazionali è finalmente cominciata: la collaborazione VIRGO-LIGO ha annunciato un secondo evento, dopo l’epocale scoperta del settembre 2015, molto simile al primo. Si tratta della fusione di due buchi neri, più piccoli rispetto al caso precedente, ma pur sempre dotati di una massa complessiva pari a oltre venti volte il nostro Sole, che si sono scontrati a circa un miliardo e mezzo di anni luce da noi. L’evento è stato registrato nella notte del 26 dicembre (no, quando l’esperimento prende dati non ci sono vacanze di Natale che tengano) e, se da una parte ci conforta il fatto che effettivamente anche il primo evento dovesse essere “buono”, dall’altra ci fa nascere una domanda: se in pochi mesi abbiamo visto due eventi molto energetici, quanto sono frequenti questi scontri di buchi neri nell’Universo? Quanti sono i buchi neri, là fuori?

Tenendo anche conto che ci sono altri candidati eventi, non chiari come quelli pubblicati finora, la risposta sembra essere che sono frequenti, molto più frequenti di quanto non ci aspettassimo.

In effetti, due eventi in quattro mesi, osservando una porzione di Universo molto grande, potrebbe sembrare una frequenza piuttosto bassa, ma bisogna considerare un po’ di fattori. Innanzitutto, solo eventi legati a buchi neri molto grandi sono “facilmente” visibili, e ci aspettiamo che la distribuzione di massa di questi oggetti non privilegi i giganti. Inoltre, un buco nero, anche se la sua massa è così grande, è straordinariamente piccolo: il suo diametro è dell’ordine di alcune decine o centinaia di chilometri, un minuscolo granello di sabbia rispetto alle distanze tipiche tra le stelle in una galassia, che si misurano in anni luce o in decine di migliaia di miliardi di chilometri, e ancora più insignificante rispetto alle distanze tra galassie, che si misurano in miliardi di miliardi di chilometri… per questo gli scienziati stanno iniziando a figurarsi un’idea un po’ esotica: forse ci sono molti più buchi neri di quello che ci aspettavamo finora, forse una frazione considerevole della massa dell’Universo è intrappolata in questa popolazione immensa di buchi neri… forse una buona parte della tanto ricercata materia oscura si trova proprio in questo mare di buchi neri in cui siamo immersi.

Naturalmente è ancora troppo presto per assumere che questa spiegazione sia valida: due soli eventi potrebbero essere una coincidenza, una buffa fluttuazione statistica e poi potremmo non vedere più nulla per anni… anche se probabilmente non sarà questo il caso. Stanno quindi iniziando a uscire dei lavori che speculano su questa ipotesi.

Abbiamo già introdotto il problema della materia oscura in passato, vorremmo solo qui accennare a un fatto particolare: finora si è pensato che la maggior parte della materia presente nell’Universo dovesse essere diversa dai protoni e dai neutroni in base ai dati che abbiamo sulla composizione del gas primordiale. Dopo il big bang, durante il raffreddamento della materia, c’è stato un tempo in cui la temperatura era così alta da consentire a protoni e neutroni di trasformarsi gli uni negli altri, grazie all’energia enorme che ciascuno di loro aveva e agli scontri frequentissimi a cui andavano incontro. Ad un certo punto, la temperatura è scesa abbastanza da impedire ai protoni di diventare neutroni, e il numero di neutroni ha iniziato a scendere. I neutroni, infatti, se non sono legati in un nucleo atomico, decadono spontaneamente in protoni, elettroni e neutrini con una vita media di circa 15 minuti. La temperatura ha però continuato a scendere, finché non è diventata abbastanza bassa da consentire a protoni e neutroni di legarsi a formare nuclei atomici. In quella fase primordiale, si sono formati sostanzialmente solo atomi di deuterio, trizio, elio-3 ed elio-4. Dalle abbondanze relative di questi isotopi è stato possibile risalire alla densità di protoni e neutroni all’epoca in cui questi nuclei si sono formati.

Dal

Dalla densità relativa dei vari nuclei atomici formatisi dopo il big bang è possibile risalire alla densità totale di materia nucleare rispetto ai fotoni (Immagine NASA/WMAP)

Il fatto che la massa complessiva della materia ordinaria presente nell’Universo sia limitata dovrebbe limitare il numero di buchi neri da questa costituiti, ma c’è un aspetto che non va trascurato. L’abbondanza relativa degli isotopi primordiali ci dice qual era la densità di materia che stava interagendo al momento della formazione dei nuclei, ma un certo numero di buchi neri potrebbe essersi formato prima di quel momento, e potrebbe essere un numero arbitrariamente grande e potrebbe contenere una massa anche molto significativa, in grado di cambiare il quadro della materia oscura che riteniamo oggi più plausibile.

Ci sono molti limiti a questo scenario, sia legati alle dimensioni medie di questi buchi neri primordiali- che se fossero troppo piccoli sarebbero già evaporati -, sia alla loro distribuzione.E poi: se si sono formati in un momento in cui la densità era straordinariamente alta e la massa era tutta concentrata in un volume piccolissimo, perché una buona quantità di materia (tutto ciò che vediamo nell’Universo, non esattamente piccole cose) è riuscita a sfuggire loro? Oltretutto, indipendentemente dalla loro massa, non dovrebbero essere in grado di produrre l’espansione accelerata che osserviamo.

In ogni caso, siamo al primo paragrafo della prima pagina di un libro che abbiamo appena aperto, con queste onde gravitazionali: quello che possiamo già dire con certezza è che siamo in grado di farci misure sopra, e che queste misure sembrano portarci in una direzione estremamente interessante… aspetteremo con ansia le osservazioni dei prossimi mesi e anni, per vedere verso che meta ci portano!

 


Immagine di copertina: LIGO/T. Pyle