La scienza che si nasconde dietro ai gesti romantici per eccellenza, i baci, è un po’ più complicata di quello che immaginiamo

Prima una piccola rassicurazione: questo è un articolo sul bacio, ma, non temete, non contiene la famosa frase di Rostand dal Cyrano de Bergerac perché anche basta, quindi potete rilassarvi.

Perché ci baciamo? La domanda è più intricata di quello che molti dei classici trafiletti che escono sui giornali a San Valentino o in corrispondenza delle vacanze estive (quando si suppone che il tasso di flirt sia in crescita) lascerebbero pensare. Ogni volta che ci mettiamo a esaminare i comportamenti di una specie e tentiamo di spiegarli, il rischio di semplificare e di non tenere conto di tutto è dietro l’angolo. Nell’esaminare un comportamento umano, ci troviamo di fronte a un ginepraio di fattori in cui non è facile distinguere gli elementi di origine culturale da quelli dovuti all’evoluzione, tenendo anche conto che non c’è netta separazione tra questi aspetti. Ma proviamoci comunque, procedendo per gradi.

Prima di tutto, il bacio è un comportamento umano universale? Come gli scienziati sanno bene, è impossibile rispondere a una domanda senza un numero sufficiente di buoni dati e, in questo caso, purtroppo, ci sono molte lacune nelle nostre conoscenze. In primo luogo, esistono vari tipi di baci, all’interno di tipologie di relazioni umane molto diverse e, di fatto, non abbiamo dati di qualità a sufficienza su tutte le popolazioni umane e, in più, illustrati con un approccio storico corretto. Quindi, per il momento, ogni decisa risposta a questa domanda ha basi scientifiche e storiche piuttosto fragili. Limitandoci al bacio sulle labbra di tipo romantico, una ricerca antropologica del 2015 sembrerebbe smentire l’idea che sia un comportamento universale. Gli autori, che hanno preso in esame 168 culture, hanno concluso, infatti, che solo nel 46% di queste si registra questa tipologia di bacio. È, però, molto difficile stabilire se sia giusto o sbagliato sul piano storico e scientifico separare questo comportamento da altri che comportano un avvicinamento o un contatto tra parti del viso, che sono testimoniati in un più ampio numero di culture.

Considerando specie diverse dalla nostra,  cosa possiamo dire sulla diffusione del bacio nel mondo animale? Anche in questo caso la risposta sembra difficile, perché nell’osservare il comportamento di un’altra specie c’è sempre il rischio di antropomorfizzarne gli atti e di darne un’interpretazione sbagliata. Avvicinamenti tra le teste e le cavità orali, annusamenti e leccate osservabili in diverse altre specie si possono considerare equivalenti dei nostri baci? Molto difficile dirlo. In base a questa valutazione piuttosto soggettiva cambiano decisamente anche le possibili conclusioni. Tra chi sostiene la limitata diffusione del comportamento, alcuni sottolineano come le maggiori capacità olfattive di altre specie possano aver limitato la necessità di sviluppare questo gesto nell’ambito del corteggiamento, perché i feromoni sarebbero comunque percepibili a distanza. Gli esseri umani avrebbero, invece, bisogno di avvicinarsi molto di più e il bacio sarebbe una risposta a questa esigenza evolutivamente determinata. È una valutazione corretta? Al momento è complicato dare una risposta, perché di fatto non sappiamo neppure se esistano dei feromoni umani, anche se molti scienziati lo ritengono probabile (e alcune case produttrici di profumo ci hanno strutturato un considerevole business, ma questa è un’altra storia).

Un’altra parte della ricerca antropologica ed evolutiva assimila il comportamento del bacio a quello della premasticazione e del rigurgito del cibo da parte del genitore al figlio, osservabile in diverse specie e attestato anche in quella umana. Da questo punto di vista, il bacio sarebbe, quindi, un’evoluzione di questo comportamento alimentare e di accudimento.

Limitandoci alle specie che ci sono più vicine sul piano evolutivo, cioè a scimpanzé e bonobo, si registra la diffusione di comportamenti che si possono definire veri e propri baci. Questo è, per esempio, il parere dell’illustre primatologo Frans de Waal, che ci ha detto: «Non si tratta di comportamenti simili a un bacio umano», e quindi evolutivamente connessi, «ma di veri e propri baci. La maggior parte dei baci viene data sulla pelle, per esempio sulla testa, su un braccio, sulla pancia di un altro esemplare, a volte sulla bocca di un altro individuo. I bonobo si baciano anche con la lingua, con la bocca aperta e interazione tra le lingue». In quali casi si verificano questi comportamenti? Aggiunge de Waal: «I baci vengono dati principalmente durante i saluti, in seguito all’assenza, e le riconciliazioni, dopo i combattimenti, proprio come accade negli esseri umani. Il bacio fa più raramente parte dell’attività erotica, ma così avviene nei bonobo. Quando specie strettamente imparentate mostrano un comportamento simile in circostanze simili, dobbiamo usare la stessa terminologia perché la psicologia alla base è probabilmente simile. Quindi, per me tutti questi comportamenti sono baci propriamente detti». L’osservazione di questi comportamenti farebbe, quindi, pensare a un ruolo del bacio nel consolidamento dei legami e nella gestione dei conflitti. Ricordiamo, inoltre, che non ci sono molte altre specie con labbra adatte a compiere un gesto come il bacio (a parte i grandi primati e poche altre scimmie). Anche questo può avere un certo peso nella diffusione del comportamento.

Che cosa accade nel cervello di due persone che si baciano? Baciare la persona di cui siamo innamorati, così come guardarla o rivolgerle altri gesti di affetto, comporta l’attivazione di aree cerebrali come l’insula, che monitora lo stato fisiologico del corpo e ne elabora le reazioni di risposta a stati emotivi, come variazioni del respiro e del battito cardiaco, trasmettendo, in questo caso, delle sensazioni che vengono interpretate dal soggetto come positive. Quando ci baciamo produciamo neurotrasmettitori come l’ossitocina, coinvolta nel processo di attaccamento e, quindi, legata al senso di benessere e sicurezza che un legame emotivo felice ci trasmette; la dopamina, che è legata a meccanismi come piacere e ricompensa e le endorfine, che diminuiscono le sensazioni di dolore e stress e ci fanno sentire sereni. Nel frattempo, si può anche registrare un abbassamento del livello di cortisolo, ormone prodotto dalle ghiandole surrenali, che può aumentare in caso di stress.

Anche per questo, quindi, continuiamo ad amare un gesto che è come l’apostrof… no, scusate.