Quando si parla di teoria della relatività, è necessario specificare che storicamente si è sviluppata in due tranche distinte: la relatività speciale (o ristretta) e la relatività generale. Dietro all’idea di relatività ci fu principalmente Albert Einstein, ma non bisogna dimenticare il contributo di altri illustri scienziati, specialmente per quanto riguarda la matematica alla base della teoria, come Marcel Grossmann o Hermann Minkowski.

Cominciamo il nostro tour dalla relatività speciale.

 

Da dove ebbe origine la teoria della relatività ristretta?

Per capirlo, bisogna risalire alla fine dell’Ottocento, quando James Clerk Maxwell sintetizzò gli studi svolti fino a quel momento sulla forza elettromagnetica nelle quattro equazioni che portano il suo nome.

In particolare, risolvendo le equazioni di Maxwell nel vuoto, si osserva che le onde elettromagnetiche si propagano a una velocità ben precisa, la velocità della luce: c ≈ 300000 km/s.

Se uno tiene presente la relatività galileiana, si accorgerà che abbiamo a che fare con un apparente controsenso. La velocità infatti non è definita classicamente come una quantità assoluta, ma è sempre relativa a un determinato sistema di riferimento; in altre parole, un corpo si muove a una determinata velocità rispetto a qualcos’altro. Se cammino su un treno in movimento, avrò una certa velocità rispetto al treno, ma un’altra velocità rispetto al territorio circostante.

[blogoma_blockquote ]L’ala di un aeroplano ci appare ferma, ma in realtà si muove rispetto al terreno a una velocità che può superare i 900 chilometri all’ora.[/blogoma_blockquote]

Quindi le onde elettromagnetiche si muovono con velocità c… rispetto a cosa?

Vi furono diversi tentativi di dare una risposta, il più popolare tra questi prevedeva l’esistenza di un mezzo trasparente ed incorporeo chiamato “etere luminifero”, che permea tutto l’Universo, rispetto al quale la luce viaggiava a velocità c. Questa teoria era particolarmente gradita anche perché gli scienziati dell’epoca avevano difficoltà a concepire l’idea che la radiazione elettromagnetica potesse propagarsi nel vuoto; così come le onde meccaniche (ad esempio il suono) avevano bisogno di qualche mezzo che ne consentisse la diffusione, lo stesso doveva succedere per quelle elettromagnetiche.

Secondo la teoria dell’etere, ogni corpo in movimento nell’universo produceva un vento che si muoveva alla stessa velocità del corpo in movimento ma con verso opposto. Per esempio, dato che la superficie della Terra si muove a 30 km/s a causa della rivoluzione intorno al Sole, ci dovrebbe essere un vento a 30 km/s che spazza la Terra in direzione opposta al proprio cammino.

[blogoma_blockquote ]Il moto della Terra rispetto ad un ipotetico “etere luminifero” (immagine Wikimedia).[/blogoma_blockquote]

Anche la luce avrebbe dovuto subire l’influenza del vento d’etere, e quindi propagarsi con velocità diverse a seconda della direzione rispetto al suolo terrestre; ma nel 1887, i fisici Albert Michelson e Edward Morley misurarono la velocità della luce in varie direzioni con il loro interferometro e non trovarono alcun effetto attribuibile all’etere. Tra le varie soluzioni proposte, alla fine Einstein stabilì che la velocità della luce è la stessa in tutte le direzioni, e che quindi se pure l’etere dovesse esistere, non è necessario supporne l’esistenza.

Questo significa che, come legge di natura, si deve supporre che la velocità della luce sia la stessa per ogni osservatore, indipendentemente dalla velocità dell’osservatore stesso o della sorgente di luce; una torcia accesa su un treno emette luce la cui velocità appare la stessa sia a un osservatore sul treno, sia a un osservatore in terra.

[blogoma_blockquote ]I due osservatori vedono la luce arrivare alla stessa velocità (immagine Wikimedia).[/blogoma_blockquote]

Questa ipotesi, in effetti molto controintuitiva, finora non è stata smentita da alcuna osservazione e sta alla base della teoria della relatività ristretta, teoria proposta per la prima volta da Einstein nel 1905 in un suo famoso articolo, il cui titolo (Sull’elettrodinamica dei corpi in movimento) appare molto modesto, rispetto al contributo che ha dato alla fisica.

 

In cosa consiste questa teoria, e quali sono le sue conseguenze?

Per tre secoli la relatività galileiana era apparsa come una teoria valida, e nella vita quotidiana lo è ancora; gli effetti della relatività ristretta si notano solo alle alte energie e a velocità prossime a quelle della luce. In altre parole, la meccanica classica è un’eccellente approssimazione della meccanica relativistica quando parliamo di eventi relativamente “lenti” come quelli che osserviamo tutti i giorni.

Quando però entrano in gioco velocità ed energie sufficientemente alte (“relativistiche”), succedono cose bizzarre. Vediamone alcune.

Spazio e tempo

Lo spazio e il tempo cessano di essere le entità assolute e immutabili postulate da Newton. Essi non sono più separati, ma entrano a far parte di un’unica entità chiamata “spaziotempo”, e si influenzano l’uno con l’altro tramite la velocità.

In particolare, un osservatore che vedesse un corpo muoversi a velocità relativistiche rispetto ad esso, vedrebbe quanto segue:

  • Lo spazio si “contrae” nella direzione del moto di un fattore gamma, dove v è la velocità dell’oggetto in movimento rispetto all’osservatore.
  • Il tempo si dilata dello stesso fattore (cioè il tempo, per l’oggetto in movimento, scorre più lentamente).

[blogoma_blockquote ]La contrazione dello spazio per un corpo in movimento ad alta velocità (foto Flickr).[/blogoma_blockquote]

(facendo un po’ di conti, si vede che il fattore è molto piccolo, quasi irrilevante per velocità inferiori a circa 1/10 di quella della luce).

Inoltre, viene a cadere il concetto di simultaneità. Due eventi che sono simultanei per un osservatore, possono non esserlo più per un altro osservatore in moto rispetto al primo. Addirittura, l’ordine temporale di due eventi può essere ribaltato per due osservatori che si muovano a velocità diverse.

Infine, mentre il concetto di parallelismo è preservato, non lo è quello di perpendicolarità. Due direzioni perpendicolari per un osservatore possono non esserlo per un altro osservatore in moto rispetto al primo.

Massa ed energia

Anche la massa di un oggetto cessa di essere una sua proprietà intrinseca e dipende dalla sua velocità. Venne infatti introdotto il concetto di “massa a riposo”, cioè la massa di un oggetto misurata da un osservatore che sia fermo rispetto all’oggetto stesso.

Quando l’oggetto si muove, la sua massa aumenta del fattore $latex gamma$; ciò significa che quando la velocità si approssima a quella della luce, la massa tende a diventare infinita, e quindi l’energia per accelerare ancora il corpo diventa infinita. Questo è il motivo per cui, secondo la relatività ristretta, nessun corpo dotato di massa può viaggiare alla velocità della luce (i fotoni possono farlo perché non hanno massa).

L’energia di un corpo in movimento viene definita come

E1

per valori “piccoli” della velocità, si può dimostrare che essa vale

E2

Il secondo fattore è uguale all’energia cinetica (cioè associata alla velocità) della meccanica classica, mentre il primo fattore è costante e dipende solo dalla massa del corpo. I corpi hanno quindi una energia “a riposo” data dalla loro massa; l’equazione, forse la più nota della fisica, che viene immediatamente associata ad Einstein, stabilisce l’equivalenza tra massa ed energia è:

E3

La massa può quindi essere convertita in energia, come nelle reazioni termonucleari. Se fondiamo 4 nuclei di idrogeno in un nucleo di elio, la massa del nucleo risultante è minore della somma delle masse dei nuclei di idrogeno; questo “difetto di massa” viene convertito in energia (il Sole produce calore e luce in questo modo).

Allo stesso modo, un corpo a cui viene fornita energia (ad esempio riscaldandolo) aumenta la sua massa, anche se di poco; questo potrebbe essere rilevato da una bilancia molto sensibile.

 

Quali sono le applicazioni della relatività ristretta?

Secondo la percezione comune, la relatività ristretta è un campo “avanzato” della fisica che non ha riscontri nella vita quotidiana. Questo è falso.

Ci sono numerose tecnologie per le quali è necessario tenere conto degli effetti relativistici, ad esempio qualunque dispositivo che funzioni con raggi catodici (come le vecchie televisioni), gli acceleratori di particelle (come quelli utilizzati nella moderna radioterapia, ad esempio al centro CNAO di Pavia) e i satelliti di posizionamento GPS, che devono tenere conto degli effetti di dilatazione temporale per sincronizzare correttamente tempo e posizione. I reattori a fissione nucleare tengono conto dell’equivalenza massa-energia per produrre calore da trasformare poi in elettricità.

Se non si tenesse conto degli effetti relativistici, non sarebbe possibile spiegare come mai l’oro ha proprio quella tonalità di colore e molto altro ancora.

 

Che differenza c’è tra relatività ristretta e relatività generale?

La relatività ristretta è una teoria che riguarda sistemi di riferimento inerziali (che si muovono cioè a velocità costante l’uno rispetto all’altro) in presenza di forze gravitazionali nulle o deboli. Quando il campo gravitazionale diventa rilevante, subentra la relatività generale. Questa teoria, sempre proposta da Einstein, descrive la gravità come una proprietà geometrica dello spazio-tempo, che viene “curvato” dalla presenza di massa-energia.

Se volete saperne di più, continuate a seguirci. “A pranzo con Einstein – la relatività generale” sarà disponibile a breve su Scientificast.