Da molti decenni cerchiamo di misurare la costante di Hubble… e più diventiamo precisi, più le misure che facciamo sono diverse tra loro!

​La curiosità è una caratteristica intrinseca dell’uomo e rappresenta il motore che ha portato alle grandi scoperte cosmologiche dell’ultimo secolo: dopotutto, cosa c’è di più misterioso del cosmo?

In realtà, però, a oggi, circa il 95% del nostro universo ci è oscuro e non sappiamo neanche di cosa sia fatto!

Una delle questioni che fa scervellare i fisici di oggi riguarda la velocità di espansione dell’universo.

Sappiamo che dal Big Bang a oggi l’universo ha continuato a espandersi. Questa espansione, tuttavia, non è stata costante nel tempo e, fino a pochi anni fa, i fisici credevano che, a causa dell’attrazione gravitazionale tra gli oggetti celesti, tale espansione sarebbe rallentata nel tempo. Invece, meno di due decenni fa, due diversi gruppi di ricerca hanno scoperto che la velocità di espansione dell’universo non solo non sta diminuendo, ma sta addirittura aumentando! Questa scoperta è stata talmente sorprendente che ha portato a entrambi i gruppi il premio Nobel per la fisica nel 2011.

Poiché il fenomeno dell’espansione dell’universo è influenzato da tantissimi fattori, tra cui le sopra citate energia oscura e materia oscura, ma anche dalla geometria spaziale dell’universo, dal numero totale di neutrini o dalla presenza di nuovi tipi di particelle, è importante conoscerne il valore con grande precisione per poter capire meglio tali fattori.

Di fatto, la prima osservazione di questo fenomeno venne fatta nel 1929 dall’astronomo Edwin Hubble che osservò che le altre galassie si stavano allontanando dalla nostra Via Lattea a una velocità proporzionale alla loro distanza da noi. Per questo motivo la velocità di espansione attuale viene chiamata “Costante di Hubble” e viene denotata con H0.

Da allora sono stati fatti numerosi sforzi per misurare la velocità di espansione, ma con l’aumentare della precisione, è emerso un nuovo fatto sorprendente: i risultati di diverse osservazioni, che sfruttano metodi differenti, sono incompatibili tra loro!

Queste osservazioni si possono suddividere in quattro categorie.

  1. Fondo cosmico a microonde: dopo il Big Bang, c’è stata un’era in cui l’universo era piccolo piccolo e la sua densità era talmente grande che i fotoni (ovvero la luce) e gli elettroni primordiali interagivano costantemente tra loro a velocità enormi. Di conseguenza i fotoni non potevano percorrere lunghe distanze senza interagire e questo rendeva l’universo primordiale opaco. Per fare un’analogia visiva, ci si può immaginare di essere immersi nella nebbia. Nel frattempo però l’universo si espandeva: le particelle e i fotoni primordiali avevano così più spazio per muoversi. L’universo cominciò così a raffreddarsi poiché la quantità di energia iniziale si distribuiva in un volume più grande ed è proprio grazie a questo che, dopo circa 380000 anni dal Big Bang, l’energia dei fotoni primordiali non era più sufficiente per poter interferire con gli elettroni e i protoni, i quali si legarono formando i primi atomi di idrogeno. Da lì in poi i fotoni furono liberi di percorrere lunghe distanze indisturbati: l’universo divenne trasparente. Quei fotoni continuano tuttora a viaggiare nel nostro universo! E, col tempo, si sono raffreddati fino a raggiungere una temperatura odierna di circa -270° C. Questo li rende un fondo che oggi può essere osservato tramite telescopi che orbitano intorno alla Terra. Tali fotoni nascondono diversi segreti sul nostro universo, perciò studiarli è di grande importanza. Una delle informazioni che è possibile ricavare, seppur con un approccio indiretto, è proprio il valore della costante di Hubble. I risultati più recenti e precisi ad oggi ottenuti vengono dal telescopio spaziale Planck, un progetto dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA), che stima la velocità di espansione essere 67.4 km/s/Mpc, ovvero l’universo si sta espandendo con una velocità di circa 67 chilometri al secondo ogni 3.26 milioni di anni luce (1 parsec = 3.26 anni luce). Per dare un’idea di quanto siano 3 milioni di anni luce, immaginate che il diametro della nostra galassia vale circa 100 mila anni luce, perciò parliamo di una distanza che contiene 30 volte la nostra galassia!
  2. Supernovae di tipo “Ia: questi sistemi binari sono composti da 2 stelle che orbitano una intorno all’altra, di cui una delle due è una nana bianca, ovvero una stella molto densa la cui massa può essere paragonata a quella del Sole ma di dimensioni simili a quelle della Terra. Se la nana bianca comincia a mangiare materia della stella compagna (a causa del suo grande campo gravitazionale), può raggiungere un limite per cui la sua massa è talmente grande da far partire un’esplosione di supernova. Tali esplosioni sono estremamente luminose e misurandone la quantità di luce che riceviamo sulla Terra possiamo risalire alla costante di Hubble. Questo metodo stima un valore di H0 di circa 74 km/s/Mpc.
  3. Lente gravitazionale: basato su un fenomeno ben descritto dalla relatività generale, la famosa teoria che ha reso così celebre Albert Einstein. Si osserva la luce emessa da quasars, ovvero galassie attive molto lontane il cui buco nero centrale divora costantemente la materia che lo circonda: questo fenomeno ha come conseguenza l’emissione di luce. Può succedere talvolta che tra noi e un quasar si trovi per esempio una galassia (o un ammasso di galassie): in questo caso, la massa della galassia distorce lo spazio-tempo, per cui il percorso della luce viene deformato e fa sì che sulla Terra vediamo immagini multiple dello stesso quasar. Quando poi c’è una variazione della luce emessa dal quasar, tale variazione comparirà in tempi diversi nelle immagini plurime dello stesso quasar (proprio a causa dei diversi percorsi della luce): se si stimano i tempi relativi di tali variazioni si può risalire alla costante di Hubble. Questo metodo stima una velocità di 73.3 km/s/Mpc.
  4. Onde gravitazionali: è infine opportuno citare un nuovo metodo che a oggi non è in grado di darci informazioni competitive con i metodi precedenti, ma che in futuro sarà certamente importante. Questa tecnica, in particolare, sfrutta le onde gravitazionali emesse durante la fusione di stelle di neutroni, le stesse misurate tramite interferometri, come per esempio l’italiano Virgo.
L’Extreme Deep Field, una delle immagini più famose del telescopio spaziale Hubble: in un angolo di cielo in cui i telescopi a terra non vedevano nulla, con una posa lunghissima è stato possibile fotografare centinaia di galassie, lontanissime.

I risultati ottenuti mostrano che il metodo delle supernovae e quello della lente gravitazionale sono in accordo tra loro ma in grande disaccordo con il metodo del fondo cosmico a microonde che stima un valore della costante di Hubble molto inferiore agli altri due. La cosa si fa ancora più interessante se si considera che il metodo del fondo cosmico a microonde fa grande affidamento sul modello cosmologico oggi accettato per fare la sua stima, quindi questa crisi può intaccare il modello cosmologico stesso, che rappresenta la nostra conoscenza attuale dell’universo. 

Una cosa quindi è certa: qualcosa ci sta sfuggendo nella comprensione del cosmo. 

I fisici di oggi stanno cercando di capire dove potrebbe essere il problema e diverse ipotesi sono venute a galla: è vero che la differenza potrebbe essere legata al modello cosmologico, ma prima di metterlo in discussione è importante verificare che non siano stati fatti errori di misura nei primi 3 metodi. Tali errori possono essere nati dal fatto che non si è considerato qualche dettaglio in apparenza trascurabile. Per esempio, per quanto riguarda il metodo delle supernovae una probabile sorgente di errore su cui si sta discutendo ora è la presenza di polveri spaziali che bloccano parte della luce emessa dalle supernovae facendole quindi sembrare più distanti di quello che sono, portando ad una sovrastima di H0. Per quanto riguarda il metodo del fondo cosmico a microonde invece, si è cominciato a considerare il fatto che tra la Terra e i fotoni di tale radiazione siano presenti oggetti massivi il cui campo gravitazionale porta a delle distorsioni di lente gravitazionale (lo stesso principio fisico del terzo metodo!) che influenzano la distribuzione di tali fotoni, portando quindi a degli errori di misura. 

Venire a capo di tale rompicapo cosmologico sarà un altro fondamentale passo verso la conoscenza di ciò che ci circonda, d’altronde sono proprio le fasi spinose come questa che stimolano la curiosità e portano infine ad avere le risposte. Proprio come diceva Plutarco: “La mente non è un vaso da riempire, ma un fuoco da accendere”. 

Immagine di copertina: La lente gravitazionale G2237 + 0305 (Hubble Space Telescope, 1990)