Un gruppo di ricerca dell’Università di Aarhus, in Danimarca, si è messo in testa di costruire un computer quantistico, e ha bisogno del vostro aiuto. Tutto quello che dovete fare è giocare a un videogioco.
Procediamo con ordine.
Un computer quantistico è un calcolatore in grado di eseguire operazioni sfruttando fenomeni tipici del mondo atomico, descritti dalla meccanica quantistica. A scanso di equivoci, un vero computer quantistico ancora non esiste, ma la ricerca nel campo della computazione quantistica è in grande fermento.
Tutti i calcoli e le operazioni elementari effettuati da un computer, al momento, sono basati su lunghe stringhe di bit, unità che definiscono uno stato logico tramite i valori “0” oppure “1”. L’intuizione alla base della computazione quantistica risiede nel qubit, un bit che può essere “0” e “1” contemporaneamente, in accordo al principio di sovrapposizione degli stati quantistici: alcune proprietà di un sistema quantistico non possono essere determinate con certezza prima di effettuare una misura, e fino a quel momento il sistema può essere descritto con una miscela dei possibili risultati di quella misura. Immaginate l’equivalente microscopico di una moneta lanciata in aria, che finché non atterra e non viene vista risulta contemporaneamente “testa” e “croce”.
Questa è una delle straordinarie proprietà che alimentano speranze, sogni e desideri di gruppi di ricerca di tutto il mondo: come previsto da uno dei pionieri della computazione quantistica, David Deutsch, il computer quantistico potrebbe processare contemporaneamente input diversi e quindi abbattere drasticamente i tempi richiesti dalle macchine tradizionali per eseguire alcune operazioni. Una tale potenza di calcolo potrebbe permettere di risolvere problemi scientifici insormontabili e rivoluzionerebbe il mondo della crittografia.
Prototipi di computer quantistici sono realizzati in laboratori di tutto il mondo, e i migliori riescono a sfruttare stringhe di 10-20 qubit. Ancora troppo poco.
E qui torniamo ai ricercatori danesi.
Il loro progetto parte da una configurazione di circa 300 atomi, nella speranza di utilizzare ciascuno di essi come qubit. Dopo averli portati a temperature bassissime, gli atomi sono sistemati in un reticolo di buche di potenziale, “valli energetiche” in grado di intrappolarli finché la loro energia non torna a salire, a causa delle interazioni o dell’aumento di temperatura.
Il tassello mancante è la possibilità di compiere operazioni con questa stringa di qubit: è necessario prelevare singoli atomi, muoverli e farli interagire con altri atomi. Tutto ciò deve essere eseguito con molta cautela, per preservare lo stato dell’atomo (sia esso “0”, “1” o una sovrapposizione dei due), ma abbastanza rapidamente da mantenere alta l’efficienza.
Per trovare delle soluzioni in tal senso, alcuni programmatori e game designer dell’Università di Aarhus hanno sviluppato Quantum Moves, un videogioco disponibile per Windows, OS X, Linux, iOS e Android, nato nell’ambito di un progetto di citizen science chiamato ScienceAtHome. I ricercatori sfruttano il gioco per sottoporre la ricostruzione di un problema, nella speranza che i dati raccolti dalle soluzioni dei giocatori possano essere di aiuto nell’affrontare la sfida nella realtà. Quest’opera di gamification non è nuova nel mondo della scienza: in Foldit, EteRNA e EyeWire bisogna affrontare il ripiegamento delle proteine e dell’RNA e le mappe neurali, ma l’esperimento del gruppo danese segna il debutto nel mondo della meccanica quantistica. Quantum Moves è un puzzle game nel quale il giocatore deve riuscire a trasportare un atomo all’interno di un’area bersaglio.
L’operazione si effettua agendo sulle buche di potenziale che confinano gli atomi, simulando in tal modo le operazioni che i ricercatori possono effettuare nella realtà, attraverso particolari fasci laser ultra focalizzati chiamati pinzette ottiche. La difficoltà sta nel fatto che l’atomo è un oggetto quantistico, non è perfettamente localizzato ed è rappresentato come un fluido sul fondo di un secchio. Più velocemente si muove la buca, maggiore sarà la probabilità che il fluido fuoriesca da essa. Il gioco è avvincente, ma, soprattutto, si sta rivelando davvero utile.
In un recente articolo apparso su Nature, Jens Sørensen e i suoi colleghi dell’Istituto di Fisica e Astronomia dell’Università di Aarhus analizzano un particolare livello di gioco, chiamato BringHomeWater, che schematizza una delle procedure basilari del loro lavoro.
Risultato: le prestazioni dei giocatori umani sono migliori di quelle delle simulazioni numeriche progettate dal gruppo. Per la precisione, le simulazioni sono solitamente troppo lente, perché programmate per trovare la soluzione perfetta. I giocatori, invece, utilizzano metodi intuitivi, più efficaci quando il tempo a disposizione è limitato. Unendo l’agilità della mente umana e la precisione dei calcolatori, i ricercatori sperano di poter mettere a punto nuove strategie per ottimizzare la procedura.
E dire che i videogiochi dovevano essere solo una perdita di tempo.
[youtube https://www.youtube.com/watch?v=X24ombN09_k]
Immagine di copertina per gentile concessione di ScienceAtHome.
Trovo davvero molto interessante l’approccio euristico per “gestire” la complessità computazionale.
Faccio i complimenti per l’ottima divulgazione, mi lascia perplesso solo la
frase conclusiva, sensazionalistica, da TG odierno: “E dire che i videogiochi dovevano essere solo una perdita di tempo”.
Giochi come dama e scacchi servivano ad addestrare strateghi per affrontare
veri campi di battaglia ed hanno posto seri problemi al mondo della
matematica e della logica.
Nell’ambito dell’intelligenza artificiale, per realizzare programmi “vincenti” con questi giochi convenzionali, sono state sviluppate molteplici strategie euristiche
ispirate al comportamento dei campioni umani, pertanto appare ragionevole, nonché stimolante, ideare nuovi (video-)giochi per modellare euristiche atte ad affrontare le sfide del quantum computing.
Gentile Claudio,
Grazie per i complimenti e per le osservazioni, che condivido in pieno.
La frase era un riferimento ai rimproveri che da sempre noi (video)giocatori ci sentiamo ripetere. Sono assolutamente convinto dell’importanza sociale, culturale e formativa del gioco e credo fermamente nell’opera di gamifaction per trovare nuove vie alla soluzione di problemi di difficile modellizzazione. A questo si aggiunga il fatto che un approccio ludico è fondamentale anche in ottica divulgativa.