Marrakech (Marocco) – 15 Aprile 1994. In un grande salone addobbato per l’occasione, diverse figure in eleganti completi in seta e fresco lana sfidano il caldo. Alcuni cercano di risolvere gli ultimi frenetici dettagli dopo un negoziato lungo ben otto anni. Altri, quelli vestiti meglio, si limitano a forti strette di mano e sorrisi di circostanza. Al termine della giornata, tornando ai rispettivi alberghi, i delegati sospirano soddisfatti. La giornata ha sancito la nascita dell’Organizzazione mondiale del commercio (WTO) che rimpiazza finalmente il vecchio e derelitto GATT (General Agreement on Tariffs and Trade).

Quale interesse può detenere per un ricercatore scientifico questa breve e romanzata storiella? Che ci crediate o no, quella giornata conclusiva nel caldo marocchino è una delle risposte alla domanda, “perché un paese investe in ricerca e sviluppo?”

Per introdurre l’argomento è necessario indicarvi sommariamente due dei principali cambiamenti nel passaggio tra GATT e WTO, almeno quelli che hanno diretta implicazione con il mondo della ricerca. Il primo: il WTO è un accordo ratificato dai parlamenti dei paesi membri, mentre il precedente GATT è stato un accordo provvisorio, mai ratificato, i cui partecipanti venivano definiti genericamente solo come contracting parties, cioè di parti contraenti. Il secondo e principale: Il GATT regolamentava il solo commercio di beni, mentre il WTO amplia il raggio d’azione fino a regolamentare, nella sua sezione denominata TRIPS (The Agreement on Trade Related Aspects of Intellectual Property Rights), la proprietà intellettuale, i brevetti e il copyright.

Non è un caso quindi che, come si può vedere dal grafico in figura, a partire dal già citato 1994 la quota di investimenti in ricerca e sviluppo delle principali potenze economiche del globo sia cresciuta sensibilmente. Il punto infatti è proprio questo. La ricerca scientifica, oltre a nobili ragioni sociali, diventa anche un importante vettore economico, attraverso la registrazione dei brevetti. In un mondo sempre più globalizzato, la discriminante dell’esclusività di produrre ed ottenere un profitto data dalla registrazione di un brevetto può valere molto. Vale in termini di PIL, di esportazione e bilancia dei pagamenti e soprattutto vale in occupazione. E molto spesso queste variabili si traducono in voti.

UntitledIn questo contesto noi svolgiamo il ruolo di Cenerentola. Il bel paese infatti (dati istat: BES2013 – il benessere equo e ssotenibile in Italia) nel 2010 ha investito in ricerca e sviluppo 19,6 milioni di euro, pari all’8% della spesa totale dell’europa a 27, pur detenendo una quota di PIL pari al 12,7% (solo per farvi arrossire la Germania contribuisce per il 28,3%, la Francia per il 18% e il Regno Unito il 12,5%). In termini di rapporto tra spesa per R&S e PIL ci attestiamo intorno al 1,3%, ben al di sotto quindi della soglia del 3% fissata dall’europa per il 2020.

Anche in materia di brevetti l’Italia, con 73,3 brevetti per milione di abitanti si colloca al di sotto della media dell’unione (108,6 per milione di abitanti nel 2010). Il dato si aggrava se si sottolinea addirittura una contrazione del numero di brevetti nel periodo 2004-2010.

Infine il dato forse più preoccupante che fotografa l’attenzione del nostro paese per l’innovazione: L’incidenza dei lavoratori della conoscenza sul totale degli occupati. Nel 2011 solo il 13,3% degli occupati sono impegnati in professioni tecnico-scientifiche contro il 18,8% della media europea.

Il report dell’istat tuttavia sottolinea un dato positivo: Il nostro paese si posiziona meglio della media europea nella propensione ad innovare (nel triennio 2008-2010, il 53,9% delle imprese italiane hanno indrodotto innovazioni tecnologiche o assimilabili contro il 49% della media europea). Vi lascio con un personale commento: la propensione ad innovare dipende molto dal background in cui ci si trova.

 

Fonti:

ISTAT: BES2013 – il benessere equo e ssotenibile in Italia

http://www.istat.it/it/files/2013/03/bes_2013.pdf

www.istat.it/it/files/2013/03/11_Ricercae-innovazione.pdf

TABELLA

http://www.roars.it/online/tabelle-e-grafici/spesa-in-ricerca-e-sviluppo-in-percentuale-sul-pil-in-europa/