Un sistema planetario composto da sette pianeti di dimensioni paragonabili a quelle terrestri, almeno tre dei quali candidati a ospitare acqua liquida sulla loro superficie, a soli 40 anni luce di distanza. Questa l’entusiasmante scoperta di un team di astronomi guidati da Michaël Gillon, dello STAR Institute dell’Università di Liegi, in Belgio, pubblicata sulla rivista Nature e annunciata oggi dalla NASA.

Uno degli obiettivi della moderna astronomia è quello di rilevare la presenza di esopianeti cosiddetti terrestri, caratterizzati cioè da dimensioni paragonabili a quelle della Terra, composizione rocciosa e possibilmente dotati di condizioni di temperatura, pressione e composizione atmosferica tali da essere compatibili con la presenza di forme di vita basate sulla biochimica a noi familiare.

Metodo fotometrico del transito per la rivelazione di esopianeti: il passaggio del pianeta davanti alla stella madre produce una diminuzione della luminosità rilevabile dagli strumenti. (Credit: ESA/Hubble)

I nuovi esopianeti sono stati rilevati grazie all’ausilio di telescopi a terra e in orbita, osservando il transito davanti alla loro stella madre, una nana rossa ultra-fredda conosciuta come TRAPPIST-1, appartenente alla costellazione di Acquario. Tra tutti quelli finora scoperti, il sistema di TRAPPIST-1 vanta contemporaneamente il maggior numero di pianeti di dimensioni terrestri e il maggior numero di corpi che possono ospitare acqua liquida sulla loro superficie.

«Questo è un sistema planetario meraviglioso, non solo perché abbiamo trovato così tanti pianeti, ma perché hanno tutti dimensioni sorprendentemente simili a quelle della Terra!», ha commentato un felicissimo Michaël Gillon.

Con una massa pari ad appena l’8% di quella solare, TRAPPIST-1 è una stella molto piccola, appena più grande del nostro Giove, ma sufficientemente massiccia per innescare al suo interno reazioni termonucleari. Gli astronomi si aspettavano che simili stelle nane potessero ospitare pianeti rocciosi di dimensioni confrontabili alla Terra, considerandoli obiettivi molto promettenti per la caccia alla vita extra-terrestre: TRAPPIST-1 è il primo esempio di questo tipo di sistemi planetari osservato.

La stella nana TRAPPIST-1 a confronto con il Sole. La debole stella ultrafredda ha un diametro pari all’11% del diametro solare e un colore rosso deciso (Credit: ESO).

I sette esopianeti orbitanti intorno a TRAPPIST-1 sono stati chiamati, invero senza uno straordinario sforzo di fantasia, TRAPPIST-1b, c, d, e, f, g e h. Il team ha stimato che tutti i pianeti hanno dimensioni simili alla Terra e a Venere, o leggermente inferiori. Le misurazioni di densità suggeriscono che almeno i sei pianeti più interni abbiano probabilmente una composizione rocciosa. L’analisi dei periodi orbitali dei sei pianeti più interni ha rivelato tempi di rivoluzione attorno alla stella che vanno da 1,51 giorni a 12,35 giorni: brevissimi rispetto all’anno terrestre. Le orbite dei pianeti non sono molto più grandi di quelle del sistema di lune galileiane attorno a Giove, e molto più piccole dell’orbita di Mercurio, il pianeta più interno del Sistema Solare. Tuttavia, le piccole dimensioni e la bassa temperatura di TRAPPIST-1 fanno sì che l’energia media ricevuta dai pianeti sia simile a quella ricevuta dai pianeti interni del Sistema Solare: TRAPPIST-1c, d ed f ricevono quantità di energia paragonabili a quelle di Venere, Terra e Marte, rispettivamente.

Il co-autore Amaury Triaud aggiunge: «L’energia emessa dalle stelle nane come TRAPPIST-1 è molto minore di quella del nostro Sole. I pianeti dovrebbero trovarsi necessariamente in orbite molto più vicine perché ci sia la possibilità di acqua in superficie. Per fortuna, sembra che questo tipo di configurazione compatta sia proprio quello che osserviamo attorno a TRAPPIST-1!»

Uno dei telescopi TRAPPIST–South a La Silla, deserto dell’Atacama, Cile. L’osservatorio di La Silla ha avuto un ruolo-chiave nella scoperta (Credit: ESO).

I modelli climatici suggeriscono che i pianeti più interni, TRAPPIST-1b, c e d, siano probabilmente troppo caldi per avere grandi estensioni di acqua allo stato liquido, mentre il più esterno, TRAPPIST-1h, sembra essere troppo lontano. Tuttavia, TRAPPIST-1e, f e g rappresentano il Santo Graal per gli astronomi che vanno in caccia di esopianeti, dal momento che orbitano nella cosiddetta “zona abitabile”, la regione di spazio attorno a una stella in cui è possibile la presenza di acqua liquida sulla superficie di un pianeta che vi orbita intorno. Le superfici di TRAPPIST-1e, f e g potrebbero ospitare veri e propri oceani, aumentando la possibilità che il sistema planetario possa ospitare forme di vita in qualche maniera simili a quelle terrestri.

Queste nuove scoperte rendono il sistema TRAPPIST-1 un obiettivo molto importante per studi futuri. Il Telescopio spaziale Hubble è già stato destinato alla ricerca di atmosfera intorno ai pianeti, mentre Emmanuël Jehin, autore della ricerca, si esprime fiducioso riguardo alle future possibilità: «Con la nuova generazione di telescopi in arrivo, quali l’European Extremely Large Telescope dell’ESO e il James Webb Space Telescope della collaborazione NASA/ESA/CSA, saremo presto in grado di cercare acqua e forse addirittura evidenze di vita su questi mondi».

 

(Immagine di copertina by ESO/M. Kornmesser/spaceengine.org)