Molti (tra cui il sottoscritto) amano gli occhiali da sole con lenti polarizzate, uno degli esempi più belli di un fenomeno quantistico che possiamo toccare con mano

Ho scelto di comprare il mio ultimo occhiale da sole  con le lenti polarizzate. Rispetto a una lente da sole non polarizzata, l’impressione è che si abbia una maggiore nitidezza, maggiore contrasto tra i chiari e gli scuri: essendo un fisico molto ignorante in medicina non so se sia vero, ma mi danno comunque l’impressione di vederci molto bene. Ma come funzionano le lenti polarizzate?

Per capirlo, dobbiamo prima sapere come funziona la polarizzazione della luce. La luce è fatta di fotoni, che nel loro complesso formano un campo elettromagnetico: nel propagarsi si comporteranno come un campo elettrico oscillante e un campo magnetico oscillante, sfasati di un certo intervallo, posti perpendicolarmente l’uno all’altro, ed entrambi perpendicolari alla direzione di propagazione della luce.

Propagazione di un fotone, vettore elettrico e vettore magnetico sono perpendicolari tra loro ed entrambi perpendicolari alla direzione del moto (immagine da wikimedia commons)

Il piano in cui oscilla il vettore elettrico è definito convenzionalmente come piano di polarizzazione di quel particolare fotone. In generale, la luce proveniente da una sorgente luminosa è impolarizzata, cioè ciascun fotone ha il suo piano di polarizzazione, indipendentemente da quello di tutti gli altri. La polarizzazione è quindi sostanzialmente un vettore definito in due dimensioni, ovvero nel piano perpendicolare alla direzione di propagazione del fotone. Definiti due piani di polarizzazione, la polarizzazione di un singolo fotone sarà sempre esprimibile come somma di due componenti:

|ƒ> = a|x> + b|y>

Mantenendo l’analogia con i vettori, a e b possono essere interpretati come le componenti della polarizzazione sulla base dei due stati di polarizzazione |x> e |y>. Questi possono essere scelti nel modo che ci viene più comodo, ogni scelta della “base” ci darà coefficienti diversi, ma sempre ugualmente “buoni” per descrivere la polarizzazione del fotone. Questo non è l’unico modo di definire una base per la polarizzazione dei fotoni, ma è il più semplice e quello che ci serve per capire come funziona una lente polarizzata.

Un filtro polarizzatore, che è ciò che caratterizza una lente polarizzata, è un oggetto che seleziona fotoni in un definito stato di polarizzazione: nel linguaggio della meccanica quantistica, proietta gli stati in entrata su un solo stato quantistico in uscita. Quando si studia la meccanica quantistica, in effetti, il polarizzatore è uno dei primi esempi di proiettore che vengono studiati.

Per costruire un proiettore sulla base degli stati di polarizzazione rettilinea, creiamo delle membrane che contengono molecole disposte in modo da creare un insieme di “sbarre parallele”: solo i fotoni con il vettore elettrico parallelo a queste “sbarre” riescono ad attraversare la membrana, per cui a valle di questa troviamo solo fotoni nello stesso stato di polarizzazione, ovvero abbiamo creato luce polarizzata. Il bello della meccanica quantistica è che non solo i fotoni che già erano girati per il verso giusto attraversano la membrana, ma tutti hanno una certa probabilità di farlo. Se il nostro polarizzatore seleziona solo fotoni polarizzati secondo |x>, per esempio, un fotone impolarizzato definito da |ƒ> = a|x> + b|y> avrà una possibilità peri a a^2 di attraversare il proiettore. Si può calcolare che se partiamo da una luce impolarizzata di una certa intensità, a valle del polarizzatore avremo una luce polarizzata di intensità dimezzata (a meno di imperfezioni ottiche della lente, che ridurranno ulteriormente la luce che passa).

Dalla sorgente (a sinistra) partono fotoni con tutte le polarizzazioni, il filtro polarizzatore (al centro) fa passare solo quelli “giusti” (immagine da wikimedia commons)

Se facciamo attraversare alla luce polarizzata un altro polarizzatore, l’intensità che otterremo dipenderà da come questo secondo filtro è orientato: se le sue sbarre sono parallele a quelle del primo filtro, TUTTA la luce lo attraverserà, se sono perpendicolari non passerà niente.

I polarizzatori hanno svariati usi, che discendono dalla proprietà di certi sistemi di riflettere o creare luce parzialmente polarizzata. La luce riflessa da uno specchio d’acqua, per esempio, è polarizzata: con un opportuno filtro, orientato nel modo giusto, è possibile oscurare i riflessi e vedere molto meglio il fondale. Un altro trucco che molti fotografi sfruttano è quello di rendere il cielo “molto più blu” con un opportuno filtro polarizzatore che tende a restituire un’immagine molto più nitida e con colori più decisi della realtà, ma a qualche costo. Intanto, come già detto, la quantità di luce che arriva al nostro occhio (o al nostro sensore fotografico) è molto ridotta, quindi in condizioni di poca luce diventa difficile utilizzare questi filtri. Inoltre, ci sono alcuni oggetti che già si comportano come polarizzatori, quindi a seconda di come orientiamo il nostro occhiale potremmo anche non vedere nulla, o vedere strani artefatti colorati attraverso un finestrino, per esempio. Tra gli oggetti che possono diventare pressoché invisibili attraverso una lente polarizzata ci sono anche i nostri device con schermi a cristalli liquidi, che sono illuminati con una luce polarizzata per migliorare il contrasto delle immagini… ma forse non poter vedere lo schermo del telefono per un po’ non è una tragedia insuperabile!