L’Italia partecipa alla realizzazione del sistema di fasci di particelle accelerate nell’ambito del progetto internazionale ITER di ricerca sulla fusione nucleare
Tra le ricerche in atto in ambito nucleare un posto speciale è occupato dalla fusione, una sfida tecnologica non priva di difficoltà ma di cui gli scienziati si occupano con entusiasmo e passione contagiosi. Capiamo insieme di cosa si tratta e perchè interessa così tanto.
La fusione nucleare rappresenta una fonte d’energia pulita, ovvero pressoché priva di emissioni di anidride carbonica. Inoltre, se confrontata con la fissione, utilizzata nelle attuali centrali nucleari, ha il vantaggio di non produrre rifiuti radioattivi a vita molto lunga, i quali decadono lentamente e perciò necessitano di uno specifico deposito per il loro stoccaggio definitivo.
La fusione è una reazione nucleare che si verifica quando due nuclei si “fondono” tra loro portando alla formazione di nuclei, particelle ed energia. Una reazione di questo tipo non avviene facilmente perché i nuclei, carichi positivamente, tendono a respingersi. Per potersi unire devono, perciò, vincere la forza di repulsione che si instaura tra di essi.
I nuclei leggeri hanno pochi protoni nel nucleo e quindi possiedono una carica positiva più debole rispetto ai nuclei più pesanti. Per questo motivo l’atomo di idrogeno e i suoi isotopi sono i favoriti per le reazioni di fusione nucleare.
Ma essere leggeri non è sufficiente! I nuclei devono trovarsi a temperature molto alte, così da avere abbastanza energia per superare la repulsione e rendere il processo possibile. Ciò che si ottiene è un plasma, cioè un gas che, portato a temperature altissime, è formato da moltissime particelle cariche. Il plasma viene quindi usato all’interno del reattore per generare le reazioni di fusione; tuttavia, a causa della sua elevata temperatura, non può entrare in contatto con le pareti perchè le danneggerebbe.
Ma come si innescano le reazioni di fusione? È necessario scaldare il plasma attraverso l’iniezione di fasci di particelle neutre accelerate ad alta energia. Le particelle neutre del fascio, scontrandosi con le particelle cariche nel plasma, rilasciano la propria energia e contribuiscono a tenere alta la temperatura del plasma. A questo proposito, è recente la notizia di un ulteriore contributo del nostro Paese al progetto internazionale ITER per la costruzione di un reattore sperimentale a fusione: l’Italia partecipa, attraverso una sinergia tra enti di ricerca e industria, alla realizzazione di un prototipo del sistema di iniezione dei fasci. Le particelle neutre, accelerate fino a 1 MeV di energia, saranno in grado di portare il plasma ad una temperatura di 150 milioni di gradi.
Schema di funzionamento di un Tokamak. Immagine: Nuclear fusion via VectorMine/Shutterstock
La reazione che si vuole utilizzare nel reattore ITER è la fusione di deuterio e trizio, due isotopi dell’idrogeno: i due nuclei si fondono trasformandosi in un nucleo di elio e un neutrone; la reazione libera un’energia pari a 17.6 Mev che si spartisce proprio tra i due prodotti. In particolare al neutrone sono trasferiti 14.1 MeV mentre al nucleo di elio i restanti 3.5 MeV.
Il neutrone, scontrandosi con le pareti del reattore, trasferisce la propria energia, che viene quindi raccolta sotto forma di calore e infine convertita in corrente elettrica.
Il nucleo di elio invece, più pesante del neutrone, non riesce a raggiungere le pareti e libera la propria energia nello spazio circostante, contribuendo a mantenere caldo il plasma.
L’obiettivo è raggiungere la condizione di ignizione, ovvero far sì che le particelle di elio siano in grado di mantenere il plasma caldo senza bisogno di aggiungere un riscaldamento esterno.
Ma non è finita qui! Il trizio è radioattivo e decade piuttosto velocemente, quindi deve essere prodotto costantemente per alimentare la fusione. Inoltre, i neutroni prodotti dalla reazione sono veloci e molto energetici, e scontrandosi con le pareti del reattore le rendono radioattive.
Gli scienziati, però, hanno pensato di trasformare questo problema in un’opportunità rivestendo le pareti del reattore con il litio, che, assorbendo i neutroni, produce il trizio necessario per nuove reazioni di fusione.
La realizzazione di un impianto che sfrutti la fusione nucleare per produrre corrente elettrica è un progetto ambizioso, che richiede ancora tempo e risorse; ciò nonostante la sua buona riuscita la renderebbe una conquista per la quale affermare: ne è valsa la pena!
Per saperne di più:
www.fusione.enea.it
A. Bersani, Tokamak e Stellarator per l’energia del futuro?
R. Pozzoli, Fisica del plasma termonucleare e astrofisico
Immagine di copertina: Nuclear fusion via antonpix/Shutterstock