Qualche settimana fa, abbiamo illustrato i meccanismi con cui le piante, con l’inoltrarsi dell’autunno, perdono il loro colore verde per assumere i colori di flavonoidi, carotenoidi e antocianine. Abbiamo anche accennato al fatto che questi pigmenti svolgono una funzione accessoria nella fotosintesi, il meccanismo con cui la pianta produce zuccheri e ossigeno a partire da anidride carbonica e acqua.

Nelle cellule vegetali si trovano degli organelli verdi chiamati cloroplasti all’interno dei quali avviene il processo della fotosintesi.

Il cloroplasto ospita al suo interno un sistema di membrane dove sono ancorate le molecole responsabili dei vari passaggi della fotosintesi: in particolare la cattura della luce è compito di una struttura chiamata “complesso antenna” formata da un’impalcatura proteica alla quale si agganciano tipi diversi di pigmenti come la clorofilla b e i carotenoidi. Il complesso antenna funziona come un imbuto: largo in cima per raccogliere più luce possibile e stretto in fondo, per passare energia a due molecole di clorofilla a che formano il centro di reazione del sistema.

Aspetto del complesso antenna; al suo centro si trovano le molecole di clorofilla a. (Fonte wikipedia)

Aspetto del complesso antenna; al suo centro si trovano le molecole di clorofilla a. (Fonte wikipedia)

Nel centro di reazione, i fotoni che compongono la luce vengono assorbiti dagli elettroni delle molecole di clorofilla a, dando il via ad una catena di processi che permettono di fissare l’anidride carbonica presente nell’aria e produrre zuccheri semplici come glucosio e fruttosio. Successivamente, gli zuccheri verranno immagazzinati sotto forma di polisaccaridi come amido e saccarosio (il comune zucchero da tavola).

Se però ci fosse soltanto la clorofilla a, questo processo sarebbe piuttosto inefficiente, per due motivi. Il primo è che, anche nelle condizioni di massima illuminazione possibile (ad esempio a mezzogiorno, sulle foglie più alte di una foresta tropicale in condizioni di bel tempo), ogni molecola di clorofilla a è in grado di sfruttare solo un fotone al secondo. Nonostante il numero elevato di centri di reazione all’interno di una foglia, gli elettroni prodotti in questo modo non sarebbero sufficienti a fornire le quantità di zuccheri necessarie al sostentamento della pianta. Il secondo è che la clorofilla a assorbe luce solo a determinate lunghezze d’onda. L’infrarosso viene completamente riflesso per evitare un sovraccarico di energia termica, e questo è un bene; invece le lunghezze d’onda corrispondenti ai colori dall’azzurro all’arancio non sono assorbite. Si tratta di una porzione cospicua della luce che arriva sulla Terra; rinunciare a questa parte dello spettro luminoso significa perdere molta energia.

Lo spettro di assorbimento della luce da parte della clorofilla e dei pigmenti accessori. Come si vede, la luce verde è molto poco assorbita, ed è invece riflessa, motivo per cui le foglie e i fusti appaiono tipicamente verdi.

Lo spettro di assorbimento della luce da parte della clorofilla e dei pigmenti accessori. Come si vede, la luce verde è molto poco assorbita, ed è invece riflessa, motivo per cui le foglie e i fusti appaiono tipicamente verdi.

E qui entrano in gioco i complessi antenna (in inglese Light Harvesting Complexes, “complessi che raccolgono luce”). Ciascun pigmento accessorio può assorbire luce a varie lunghezze d’onda: la clorofilla b riesce a catturare parte della luce azzurra e giallo-arancione, mentre i carotenoidi sono sensibili a gran parte della luce verde, riducendo di molto il “buco” nell’assorbimento. Quando un fotone colpisce un pigmento accessorio, gli elettroni delle sue molecole passano ad uno stato eccitato; questo elettrone, ricadendo al suo stato fondamentale, trasferisce l’energia in eccesso a una molecola vicina tramite un fenomeno chiamato risonanza. L’energia di risonanza passa di molecola in molecola; la disposizione a raggiera dei complessi antenna fa sì che il trasferimento avvenga con la massima efficienza nella direzione del centro di reazione, alle molecole di clorofilla a, che così ricevono un surplus di fotoni e possono, tramite la catena di reazioni illustrata in precedenza, portare alla sintesi di un quantitativo adeguato di zuccheri.

Allo stesso modo i pigmenti accessori sono in grado di proteggere i fotosistemi dalla troppa luce: in questo caso sono in grado di dissipare l’energia in surplus ed evitare il pericoloso processo di fotoinibizione che di fatto blocca la fotosintesi.

Esistono anche alcuni batteri fotosintetici (cianobatteri) e alcune alghe rosse che si trovano a più di un metro di profondità marine; per loro, le lunghezze d’onda assorbite dalla normale clorofilla e dai pigmenti accessori che si trovano in superficie sono inaccessibili dato che sono state già quasi tutte filtrate dall’acqua e dalle alghe verdi che vivono più in superficie. Questi organismi, oltre che della clorofilla a, fanno uso di altri pigmenti accessori dal nome un po’ più complicato di ficobiliproteine, che assorbono la luce in un intervallo ancora più ampio di lunghezze d’onda. Il colore prevalente di questi organismi è diverso rispetto a quello delle comuni piante, perché la luce verde  viene in parte assorbita anziché completamente riflessa: i cianobatteri hanno un colore che vira sul blu, mentre le alghe rosse mostrano, appunto, svariate tonalità di rosso.

La mirabile “cooperazione chimica” tra clorofilla e pigmenti accessori ci mostra come le piante si siano evolute per sfruttare al meglio le condizioni ambientali. Grazie alla fotosintesi, le sostanze inorganiche vengono trasformate in nutrimento; si può dunque dire che da essa dipende il sostentamento della vita sulla Terra.

 

Immagine di copertina di Wikimedia Commons

(L’autore desidera ringraziare Ilaria Zanardi per la collaborazione nella stesura di questo articolo)