Stanchi della vita ordinaria? Vorreste poter lanciare ragnatele in giro per la città per non dover stare pressati in metropolitana? Vorreste diventare dei giganti verdi e spaccare l’ufficio ogni volta che il capo vi fa arrabbiare? Ok, provate con il metodo Stan Lee: iniziate a giocare con roba radioattiva. Ma forse è meglio di no.

La motivazione principale per non scegliere questa via si chiama “avvelenamento da radiazioni”. A livello cellulare le radiazioni sono dannose quando riescono a intaccare il DNA, senza che quest’ultimo riesca a ripararsi, colpendo, anche in più punti, le catene di nucleotidi. Ciò può avvenire attraverso un’interazione diretta tra il DNA e la radiazione, oppure attraverso la formazione di radicali che, ricombinandosi, danneggiano la doppia elica. È quindi chiaro che l’entità del danno dipende dall’intensità della radiazione: per questo si è introdotta la grandezza detta “dose” e in particolare la “dose equivalente”. Questa, misurata in Sievert (Sv), è definita come la quantità di energia depositata per unità di massa (detta anche “dose assorbita” e misurata in Grey) moltiplicata per un fattore che tiene conto sia degli effetti biologici della radiazione sul particolare tessuto, sia della natura della radiazione stessa.
Normalmente il nostro corpo è esposto a una dose di circa 0,001Sv al giorno. I primi sintomi iniziano a comparire con un’esposizione superiore ai 0,5Sv con mal di testa e possibile sterilità momentanea. Oltre un Sievert si inizia a parlare di “avvelenamento” che, se si rimane sotto i 2Sv, può avere una mortalità del 10% dopo 30 giorni, del 60% entro i 6Sv che, se superati, portano a una mortalità del 99% dopo 14 giorni. I sintomi principali, con varie intensità a seconda della dose assorbita, comportano danni al sistema immunitario, sterilità, nausea, vomito e nei casi più gravi emorragia interna. Si può dire quindi che Bruce e Peter siano stati molto fortunati a diventare, rispettivamente, Hulk e l’Uomo Ragno.
Non così fortunati furono Harry Daghlian e Louis Slotin, due ricercatori di Los Alamos che ebbero un incidente lavorando sulla stessa sorgente al plutonio, denominata poi “demon core”, rispettivamente nel 1945 e nel 1946. La notte del 21 agosto del ’45 Daghlian si trovava solo nel suo laboratorio nel “sito Omega” a lavorare su un modo per riflettere i neutroni usando come sorgente appunto il “demon core”. Avendo notato che l’aggiunta di un ulteriore blocchetto di tungsteno avrebbe causato una massa critica, ritirò la mano provocando, però, la caduta del blocchetto. Istintivamente lo rimosse con le proprie mani. Daghlian disse di aver avvertito un formicolio alla mano e aver notato una luce blu sopra all’apparecchiatura. Morirà il 15 settembre.

 

Harry Daghlian (foto: wikimedia commons)

Harry Daghlian (foto: wikimedia commons)

L’altra vittima del “demon core”, Louis Slotin, stava svolgendo una dimostrazione in cui avrebbe dovuto avvicinare due emisfere di berilio e plutonio dalel quali avrebbe potuto ottenere una massa critica; durante l’esperimento, le teneva separate con un cacciavite (cosa che non faceva parte della procedura standard). Nel momento peggiore, però, il cacciavite gli scivolò di mano facendo unire le due sfere e innescando così la reazione a catena. Slotin separò prontamente le due sfere, evitando che anche le altre persone nella stanza fossero esposte. Purtroppo lui era già stato colpito da una dose letale di radiazioni, infatti 9 giorni dopo morì all’ospedale di Los Alamos.

 

Louis Slotin (foto: wikimedia commons)

Louis Slotin (foto: wikimedia commons)

L’incidente peggiore causato da materiale radioattivo, tuttavia, si registrò a Goiania, in Brasile nel 1987 e venne causato da un mix, purtroppo letale, di mancanze nelle norme di sicurezza. Nel 1985 l’istituto di radioterapia dell’ospedale locale venne trasferito in un nuovo edificio, ma in quello vecchio rimasero alcune strumentazioni, tra cui una contenente cesio radioattivo. Il 13 settembre 1987 due spazzini, Wagner Pereira e Roberto Alves, entrarono nella clinica e ne uscirono con l’unità di radioterapia trafugata e con l’intenzione di smontarla e rivenderne i pezzi. Per qualche giorno Alves lavorò per smantellarla- da solo visto che il suo complice iniziò ad accusare i primi sintomi di avvelenamento- fino a che non riuscì a liberare la capsula contenente il cesio. Quindi decise di vendere il tutto a Devair Ferreira. Quest’ultimo decise di aprire la capsula, anche con l’aiuto di suoi dipendenti e amici, impresa che portò a termine il 21 settembre. Il Cesio si presentò sotto forma di piccoli grani che Ferreira distribuì a parenti e amici, guidato probabilmente anche da una buona dose di superstizione, e vendette il resto a uno sfasciacarrozze. Anche Ivo, fratello di Devair, ne ricevette un po’, e la portò a casa dove sua figlia Leide di sei anni iniziò a giocarci. La piccola morirà quasi un mese dopo all’ospedale di Rio de Janeiro. Fortunatamente Gabriela Maria Ferreira, moglie di Devair, notando che molte persone intorno a lei avevano iniziato ad ammalarsi presentando tutti gli stessi sintomi, allertò le autorità, contribuendo così a contenere il disastro. Oltre alla piccola Leide, questo incidente causò anche la morte di due ragazzi che provarono ad aprire la capsula e la stessa Gabriela Maria Ferreira.
 
L’uso delle radiazioni come mezzo per creare supereroi non è quindi dettato da una vera e propria conoscenza scientifica, ma probabilmente dalla visione che il pubblico, agli inizi degli anni Sessanta, aveva della nuova tecnologia nucleare che apriva scenari scientifici entusiasmanti, ma allo stesso tempo inquietanti.
Rimane quindi consigliabile trattare le radiazione con molta attenzione e prendere le necessarie misure di sicurezza per il bene proprio e altrui.

 

Fonti:
http://www.atomicheritage.org/history/atomic-accidents
http://www-pub.iaea.org/MTCD/publications/PDF/Pub815_web.pdf

The Third Core’s Revenge

https://it.wikipedia.org/wiki/Incidente_di_Goi%C3%A2nia

 
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