Il cavallo è probabilmente l’animale che più di tutti ha contribuito allo sviluppo delle civiltà umane. Gli scienziati hanno scoperto che, alcuni secoli fa, una “piccola” mutazione genetica ha creato una varietà di cavalli molto più preziosi di quelli precedenti, mutazione che oggi la maggior parte dei cavalli allevati porta ancora con sé.

Gli esempi che dimostrano l’importanza del cavallo nella storia dell’umanità sono molteplici; basta pensare a tutti i monumenti equestri di re e condottieri che ci sono al mondo per capire quanto il rapporto tra noi e i cavalli sia legato al potere e alla nobiltà. In effetti, per molti secoli il cavallo è stato l’unica alternativa alle proprie gambe, per spostarsi. Chi poteva contare su buoni cavalli poteva quindi coprire distanze maggiori, trasmettere ordini più velocemente, comunicare una rivolta e far intervenire un esercito per sedarla: in una parola, poteva controllare un territorio. I grandi imperi dell’antichità avevano sistemi di posta molto efficienti, per poter trasmettere le informazioni da un estremo all’altro. A ogni stazione di posta c’erano cavalli freschi e messaggeri pronti a fare staffetta e queste stazioni erano posizionate a non più di 40/50km una dall’altra, perché questa è la massima distanza oltre la quale un cavallo diventa troppo stanco. Secondo lo storico Senofonte, l’impero persiano di Ciro il Grande contava su un servizio di poste in grado di portare una lettera in qualunque punto di un territorio più grande dell’Australia in una decina di giorni.

Lo stesso Senofonte è autore di un bellissimo trattato “Sull’arte del cavalcare”, in cui afferma come sia della massima importanza per i giovani nobili conoscere i cavalli e saperli trattare, dando un sacco di consigli sulla scelta, l’acquisto e la cura degli animali. Alcuni di questi, come l’impressionante il metodo per mettere testiera e redini, sono di attualità sconcertante: in 25 secoli non abbiamo cambiato assolutamente nulla, in quel gesto!

Quello che è invece cambiato sono i cavalli. In tutti questi secoli, ne sono state selezionate decine di razze, specializzate nella corsa, nei salti, nel trasporto di carichi pesanti, nei lavori di montagna, nella guerra. In questo l’uomo ha avuto un ruolo sicuramente determinante, privilegiando le caratteristiche che gli erano particolarmente utili per un determinato lavoro.

I cavalli vengono principalmente allevati per essere cavalcati e, anche alla luce del discorso iniziale sulle poste, è molto importante per il cavaliere che possa farlo comodamente. Il cavallo ha diverse andature, le principali sono passo, trotto e galoppo. In generale, le gambe si muovono alternate, per esempio nel trotto l’animale appoggia anteriore destra e posteriore sinistra contemporaneamente, poi sta in sospensione per un breve istante e appoggia anteriore sinistra e posteriore destra. Il cammello ha andature differenti: appoggia entrambe le zampe di destra, poi va in sospensione e poi entrambe le zampe di sinistra. Questa andatura si chiama “ambio” ed è responsabile del mal di mare che si può provare cavalcando un cammello. Non tutti i cavalli sono in grado di ambiare: soltanto quelli che hanno il gene DMRT3 troncato in un particolare modo sono in grado di farlo. Questo gene ha un ruolo importante nello sviluppo della coordinazione motoria tra gli arti. Anche se oggi normalmente non utilizziamo l’ambio come andatura per i nostri cavalli, questa mutazione genetica è molto apprezzata, perché influisce positivamente sulla comodità della cavalcatura a tutte le andature.

Il puledro in foto sa già come ambiare: questo dimostra che è una caratteristica genetica e non una capacità che il cavallo impara. (immagine da Wikimedia Commons)

Il puledro in foto sa già come ambiare: questo dimostra che è una caratteristica genetica e non una capacità che il cavallo impara. (immagine da Wikimedia Commons)

Un recente studio ha analizzato migliaia di cavalli di oltre 140 razze, evidenziando come questa mutazione sia presente in tutto il mondo e in particolare nelle razze da sella. Analizzando molti campioni di resti di cavalli, risalenti fino al 6000 a.C., gli scienziati hanno tracciato un possibile scenario di come questa mutazione sia apparsa e si sia diffusa. I primi cavalli a presentare il gene mutato vissero nella regione di York, in Inghilterra, nel IX secolo d.C. e in campioni poco successivi questo stesso gene appare in Islanda, in 10 su 13 dei campioni risalenti al periodo compreso tra il IX e l’XI secolo che hanno potuto raccogliere. L’interpretazione data nell’articolo è che i coloni norreni abbiano portato cavalli inglesi con il gene mutato in Islanda, scelti apposta per queste andature particolarmente comode. Tutt’ora i cavalli islandesi sono famosi per la loro propensione ad ambiare e sono frequenti le gare nelle varianti più veloci… che sono anche piuttosto buffe.

Da allora, i cavalli “mutanti” si sono diffusi in tutta Europa e di lì in tutto il mondo. Già nell’arazzo di Bayeux, creato in Francia settentrionale nell’ultimo quarto dell’XI secolo, appare un cavallo nell’atto di ambiare. Oggi, come abbiamo visto, lo sono quasi tutti: stiamo assistendo “in diretta” alla diffusione di una mutazione genetica che sta modificando una specie animale, un’occasione molto particolare… e siamo anche responsabili della selezione che sta rendendo vincente questa mutazione, perché, dal nostro punto di vista, è molto positiva. Probabilmente i dati non sono sufficienti per dire che questa mutazione sia apparsa una sola volta e che tutti i cavalli che oggi la presentino derivino da un singolo esemplare, ma sicuramente possiamo dire che senza l’intervento dell’uomo non si sarebbe diffusa in modo così efficiente.

 


Immagine di copertina: Olga_i by Shutterstock