Di fronte a un pastore bergamasco e a un carlino dobbiamo smettere per un attimo di credere a quello che vediamo e fidarci di ciò che ci hanno raccontato fin da bambini per convincerci che i due appartengano alla stessa specie, Canis lupus.

Se quello del cane è l’esempio più famoso di come una specie possa essere plasmata in molte forme diverse, dobbiamo spostarci nel regno vegetale per apprezzare la potenza della selezione artificiale operata dall’uomo sulla natura. Questo processo va di pari passo con la domesticazione, che nel caso delle piante è guidata dalla comparsa e selezione di mutazioni genetiche che le rendono più utili e adatte a essere consumate. Oggi, nell’era della biologia molecolare e della genetica, gli agronomi svolgono il loro lavoro in modo altamente specializzato e con approccio scientifico, ma dobbiamo pensare che agli albori dell’agricoltura questo processo doveva avvenire in maniera quasi del tutto inconsapevole. E così possiamo immaginare che circa diecimila anni fa qualche contadino delle regioni mediterranee coltivava una piantina non particolarmente appetibile, ma che produceva dei semi oleosi ed energetici.

Brassica oleracea selvatica

Una Brassica oleracea selvatica, molto simile al progenitore di tutte le varietà moderne

Oggi questa pianta è chiamata Brassica oleracea, e la incontriamo sotto molteplici travestimenti in tutti gli orti e mercati del mondo. I botanici la definiscono una pianta biennale, perché nasce in primavera, cresce durante l’estate, e aspetta un intero anno per fiorire al termine dell’estate successiva e poi morire. Ma per affrontare l’inverno e riprendere la crescita nella sua seconda primavera Brassica mette in atto una strategia che ha fatto la sua fortuna – e anche un po’ la nostra. Sfrutta il suo primo anno di vita per accumulare nutrienti e acqua nelle foglie che formano la sua rosetta, che alla fine dell’anno sono spesse, carnose e attraenti per un erbivoro o un umano di passaggio.

Se torniamo al nostro avo contadino, o più probabilmente ancora cacciatore-raccoglitore, lo immaginiamo intento a raccogliere i semi oleosi delle Brassica selvatiche e notarne una in particolare che, rispetto alle altre, ha le foglie un po’ più grosse e invitanti. La assaggia, decide che gli piace e la raccoglie. Lui non conosce le basi genetiche che portano alla comparsa di queste caratteristiche, né è consapevole dei meccanismi dell’ereditarietà. Ma quello che fa, e che fanno tutti i suoi colleghi contadini dell’epoca a cui dobbiamo la varietà di frutta e verdura che oggi mangiamo, è una lenta ma costante selezione degli esemplari più appetibili. Le piante con i frutti più grossi e dolci, o con le foglie più tenere e nutrienti sono scelte preferenzialmente come alimento; è quindi più probabile che i loro semi finiscano nelle latrine degli antichi villaggi. In alternativa, i frutti e le piante raccolti potrebbero lasciar cadere qualche seme lungo il tragitto mentre vengono riportati verso casa, o potrebbero marcire e essere buttati tra i rifiuti pur contenendo semi ancora vitali, oppure ancora i semi potrebbero essere sputati dopo che il frutto è stato  mangiato. Una volta germogliati, questi semi produrranno piante che presentano le stesse caratteristiche per cui la pianta che li ha prodotti era stata scelta tra tante, e così gli ignari contadini vedranno crescere nei pressi del loro villaggio piante sempre più di loro gusto. Per farla brave, come riassume il biologo Jared Diamond: «i primi laboratori di agronomia devono essere stati i cumuli di rifiuti e le latrine»

Nel caso dei cani, gli allevatori hanno modificato le caratteristiche originali dei progenitori selvatici come il colore e la lunghezza del pelo, la taglia, la dimensione relativa di muso e zampe, il carattere e le attitudini. Nel caso di Brassica, i contadini si sono concentrati sulle parti della pianta come foglie, stelo, infiorescenze e fiori, che si sono rivelate di maggior interesse rispetto ai semi per cui veniva probabilmente coltivata all’inizio. La selezione delle piante in base alle caratteristiche delle loro foglie ha portato a un aumento delle dimensioni e a un cambiamento della consistenza, della forma e del colore delle foglie stesse. Questo processo è avvenuto più volte parallelamente in maniera più o meno indipendente e ha dato origine a una moltitudine di ortaggi a foglia larga tra cui il cavolo nero, il cavolo riccio, il cavolo rosso russo, il kai-lan (broccolo cinese), il cavolo portoghese e persino alcune varietà ornamentali.
Brassica a foglia cavoli

Dalla Brassica selvatica a queste varietà a foglia larga il passo deve essere stato breve perché possiamo ancora distinguere la loro parentela dalla struttura complessiva della pianta, con la tipica rosetta di foglie alla base e il lungo stelo che viene prodotto solo al momento della fioritura. Tutto ciò diventa meno evidente se osserviamo i cosiddetti cavoli a testa, della sottospecie di Brassica oleracea chiamata capitata. Anche tra questi c’è una grande variabilità nella forma e colore delle foglie, ma la caratteristica che li accomuna, selezionata nel corso dei millenni, è la presenza di un fusto molto largo attorno al quale le foglie che si ripiegano una sull’altra crescono in maniera compatta, con un internodo brevissimo. I più comuni cavoli a testa sono la verza, il cavolo cappuccio bianco, rosso o a punta.

Brassica cavoli a testa

La selezione si è spinta ancora più in là e ha modificato le sembianze di alcuni discendenti della Brassica selvatica tanto da renderla quasi irriconoscibile. Del cavolo rapa si mangia la parte inferiore del fusto che si è ingrossata tanto da formare un globo carnoso. Al mercato lo possiamo confondere con una rapa vera e propria, ma se lo osserviamo prima che le foglie siano rimosse, possiamo indovinare la sua parentela con gli altri cavoli. I cavoletti di Bruxelles poi, che sembrano dei cavoli in miniatura, crescono dalle cosiddette gemme “ascellari”, tra il fusto e la base delle foglie, che sono distribuite lungo tutta l’altezza della pianta e sono quasi del tutto inattive nelle altre varietà di Brassica. Per finire, quando la selezione da parte di contadini italiani si è concentrata sulle parti della pianta che producono fiori fino a farle proliferare a dismisura, sono nati i cavolfiori e i broccoli, che non a caso appartengono alla sottospecie italica.

Brassica bruxelles rapa cavolfiore broccoli

Pensiamo alla domesticazione come un processo artificiale, nel quale l’uomo plasma la natura a suo piacimento. Ma se guardiamo ai fatti dal punto di vista delle piante, noi siamo solo una delle tante specie animali che cercano di farlo. L’obiettivo delle piante è di riprodursi e diffondersi, e per riuscirci possono avvalersi dell’aiuto degli animali, che saranno tanto più efficienti quanto più i frutti saranno dolci, i fiori profumati e le foglie nutrienti. Quando il merlo mangia la ciliegia più rossa e ne disperde il seme, quando un’ape vola sul fiore con più nettare e ne trasporta il polline, o quando noi scegliamo la Brassica più saporita da piantare nel nostro orto, stiamo facendo il nostro gioco ma anche quello della pianta, che otterrà in cambio una maggiore diffusione. La ripetizione di questo processo, di generazione in generazione, produce cambiamenti da entrambe le parti, che nel caso delle piante sono anatomici, nel nostro sono soprattutto culturali. Il caso di Brassica è solo uno straordinario esempio di coevoluzione tra piante e animali.

 

Fonti:
– Jared Diamond. Armi, acciaio e malattie. Breve storia del mondo negli ultimi tredicimila anni (Come costruire una mandorla). 1997
– Jane LD Osnas. The extraordinary diversity of Brassica oleracea, The Botanist in the Kitchen. 2012

Immagini:
-Foto originali da Wikimedia commons: Brassica selvatica CC BY-SA 2.5cavolo nero CC BY-SA 3.0, cavolo riccio, cavolo rosso russo, kai-lan CC BY-SA 3.0, cavolo portogheseverza CC BY-NC 3.0 Fir0002/Flagstaffotos, cavolo cappuccio CC BY 3.0, cavolo a punta CC BY-SA 3.0, cavolo rosso, sezione CC BY-SA 4.0broccoli CC BY-NC 3.0 Fir0002/Flagstaffotos, broccolo romanesco
-Foto originali da Pixabay: copertinacavolo ornamentalecavolo rapa
-Foto originali da Flickr: Cavolini di Bruxelles CC BY 2.0cavolfiore CC BY 2.0