Tempo di vacanze e di frustrazione per non riuscire a infilare la spina in una presa straniera? Forse (forse) c’è qualche ragione per tutto questo…
Chi viaggia molto e ha qualche anno in più ricorda sicuramente che incubo fosse girare con svariate valute nel portafogli: ricordo un giro per diverse location rappresentative dell’Unione Europea con Franchi francesi, Franchi belgi e Fiorini olandesi, la Torre di Babele in tasca. Oggi questo è un ricordo di cui non siamo particolarmente nostalgici, ma i confini nazionali sono ancora ben visibili quando si tratta di utilizzare all’estero qualcosa di straordinariamente quotidiano, i nostri ammennicoli elettrici.
Nella sola UE ci sono 7 o 8 standard diversi (attendiamo con trepidazione la Brexit per averne uno in meno, anche se il risultato sarà stato ottenuto nel modo sbagliato). Nella speranza che la diffusione dei piccoli oggetti elettronici spinga verso una maggiore uniformità, ci chiediamo come sia possibile che siamo ridotti così male, e cerchiamo di ricostruire la storia della distribuzione elettrica.
Nel mondo ci sono svariati standard anche su “che cosa” arriva alle prese di corrente. In comune c’è solo che si tratta di corrente alternata, cioè la tensione oscilla secondo una sinusoide tra un valore massimo e uno minimo. La frequenza con cui avviene questa oscillazione non è la stessa in tutto il mondo: in Europa è sempre 50Hz, negli Stati Uniti è 60Hz, e troviamo questi valori nei paesi più influenzati da questi due blocchi. Il Giappone è particolarmente sfortunato essendo diviso a metà, una parte va a 50Hz e l’altra a 60Hz. Questa differenza ha un impatto su tutti i motori elettrici sincroni, che sono appunti sincronizzati con la frequenza della corrente di alimentazione, ma anche sulle pellicole cinematografiche: per semplificare i proiettori, la pellicola avanza a 25 fotogrammi al secondo nei paesi dove la corrente è a 50Hz e a 30 fotogrammi al secondo dove va a 60Hz.
Dopo la frequenza, vediamo come va con la tensione. La definizione è relativamente semplice: si considera l’effetto del passaggio di una corrente alternata, che oscilla tra un valore massimo V_M e uno minimo -V_M, attraverso una resistenza. Se noi mediassimo la tensione lungo un ciclo, otterremmo un valore medio pari a 0 qualunque sia il valore di V_M, ma se consideriamo la potenza che viene dissipata durante un ciclo, che non dipende dal verso in cui sta circolando la corrente, abbiamo un valore che dipende linearmente da V_M. Considerando che la potenza istantanea è P = V^2/R, integrando su un ciclo si ottiene che la stessa potenza si svilupperebbe se usassimo una corrente continua a tensione pari a V_M diviso per la radice quadrata di 2: questo calore è la nostra tensione nominale. A seconda dei paesi, la tensione efficace varia dai 100V del Giappone ai 240V di svariati paesi del Golfo Persico, alcuni paesi africani e molti stati insulari. In Italia siamo abituati a parlare della “due e venti”, ma in realtà la tensione nominale è 230V, con una tolleranza di ±10%.

Le prese e le spine usate in giro per il mondo: in Unione Europea troviamo i tipi C, E, F, G, K e L (in due varianti), oltre al tipo J usato in Svizzera e Liechtenstein. J e N, lo standard suggerito dall’Unione Elettrotecnica Internazionale, si assomigliano ma non sono compatibili. Immagine: AC Power Plugs via Estilo_Libre/Shutterstock
La corrente elettrica, come dicevamo, viaggia sotto forma di una sinusoide con una certa frequenza: abbiamo visto il ruolo di frequenza e ampiezza, ma un’onda è caratterizzata anche dalla fase: in particolare, la distribuzione elettrica viene fatta su tre diverse fasi (sfasate di 120º), tutte uguali per quel che riguarda gli altri parametri. Oltre a questi tre cavi (le tre “fasi”) ce n’è un quarto, rispetto al quale sono definite le tensioni delle fasi (il “neutro”). Nelle case di solito arriva una fase e il neutro: per alcune applicazioni, tipicamente motori più grandi di quelli della nostra lavatrice, vengono utilizzate tutte e tre le fasi e la tensione efficace diventa quella tra una fase e l’altra: in Italia questa è 400V ed è quella che di solito chiamiamo “tre e ottanta”. In altri paesi, dove la distribuzione monofase è a 220V, la trifase è effettivamente a 380V. A completare la nostra presa di solito c’è anche un altro contatto, la “terra”, che è effettivamente collegato a un elettrodo piantato in terra: la differenza tra le fasi e la terra, quando scende sotto un certo valore, indica una dispersione e quindi un guasto elettrico.
In casa, quindi, abbiamo una fase, il neutro e la terra, e prendiamo la corrente tra la fase e il neutro. La tensione è fissata e il suo valore efficace è 230V, la corrente che assorbiamo dipende dalla potenza dell’oggetto che vogliamo alimentare: dividendo la potenza espressa in Watt per la tensione efficace otterremo la corrente assorbita in Ampère. Per esempio, un asciugacapelli da 1500W assorbirà circa 7A, un alimentatore da computer portatile da 60W meno di mezzo A. Correnti di qualche A hanno bisogno di uno o pochi millimetri quadri di rame per passare agevolmente: questo spiega perché i cavi sono più spessi per gli oggetti più potenti e anche molto sottili per i nostri gadget elettronici, che di solito hanno potenze molto ridotte. Anche i contatti delle spine e delle prese devono essere dimensionati correttamente: in Italia esistono due tipi di spine, da 8 e 16A rispettivamente, che si differenziano solo per le dimensioni. Le spine francesi o tedesche sono già dimensionate per i 16A, ma le prese sono fatte per accogliere anche le spine “europee standard” senza terra, che sono quasi uguali a quelle italiane da 8A, ma senza il contatto centrale. Altre spine, come quelle svizzere o quelle statunitensi, hanno il contatto di terra disassato per far sì che possano essere inserite solo in un verso, rendendo possibile l’identificazione del contatto di fase in modo univoco. I contatti sono spesso tondi, come nella maggior parte dei paesi europei, ma molte volte anche rettangolari, come negli Stati Uniti o in Giappone (dove le spine sono quasi uguali, a meno del contatto di terra), o nel Regno Unito, dove sono immense e dotate di un fusibile al loro interno.
Di fronte a questa proliferazione di standard incompatibili tra loro, la Commissione Elettrotecnica Internazionale ha introdotto nel 1986 un ulteriore standard, incompatibile con gli altri, che rappresenta un po’ la summa di tutti gli standard migliori, raccomandandone l’adozione. Dopo più di 30 anni, l’ha adottato solo il Sudafrica. Ne deduciamo che il business per i produttori di adattatori non sembra destinato ad andare in crisi in tempi brevi.
Immagine di copertina: Socket and plug that are not compatible via cunaplus/Shutterstock