È arrivato settembre e, con lui, i primi temporali. Un temporale è fatto da precipitazioni, pioggia o grandine, e scariche elettriche. Queste scariche, i fulmini, sono da sempre un fenomeno affascinante per l’umanità. Quando si scoprì l’elettricità, molti scienziati si dedicarono ai fulmini, finalmente con metodi scientifici. Non tutti con risultati eccellenti, però. Ad esempio, Benjamin Franklin, uno dei padri fondatori degli Stati Uniti d’America, quando non scriveva dichiarazioni di indipendenza, si dilettava con la scienza. Durante i temporali, andava in giro con degli aquiloni, cercando di catturare qualche fulmine. Franklin fu fortunato: un suo emulo, qualche anno dopo, rimase fulminato cercando di ripetere i suoi esperimenti.

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Una serie di lampi in un temporale sui monti di Genova.

Sono passati 250 anni, ma ancora non sappiamo bene come funzionino i fulmini. Sappiamo che sono scariche elettriche, come le scintille della candela del nostro motore, ma molto più potenti. Sono stati osservati fulmini tra le nuvole e il terreno e tra una nuvola e l’altra, durante i temporali, ma anche durante le tempeste di sabbia e nelle colonne di fumo durante le eruzioni vulcaniche. In ogni caso, ci devono essere due oggetti (ad esempio una nuvola e un palo metallico sul terreno) con cariche elettriche opposte e queste cariche devono essere molto grandi, in modo da generare la cosiddetta “rottura del dielettrico”. In condizioni normali, l’aria non conduce la corrente: se avviciniamo una mano a un cavo elettrico non prendiamo la scossa, infatti. Se però le cariche sono molto grandi, il campo elettrico che generano può diventare così grande da ionizzare l’aria e renderla conduttrice. Le molecole di azoto ed ossigeno perdono elettroni, ionizzandosi, e quindi si formano cariche positive e negative che possono portare corrente.

Questa ionizzazione provoca appunto la rottura del dielettrico, creando un canale in cui le cariche possono muoversi. Per l’aria servono potenziali molto forti, l’aria secca si “rompe” quando il campo supera i 30000 Volt a centimetro. Durante un temporale l’aria è umida, per cui la ionizzazione avviene prima, ma comunque, per un fulmine di qualche decina di metri, servono decine o centinaia di milioni di Volt, una tensione molto, ma molto più alta di quella che sta dietro ad un cartello ALTA TENSIONE! Queste cariche elettriche si formano per strofinio, come quando ci passiamo una barretta di plastica tra i capelli: i cristalli di ghiaccio presenti nelle nubi, i granelli di polvere di una tempesta di sabbia, la cenere vulcanica, sotto l’azione del vento, si caricano elettricamente fino a far scoccare la scintilla, una enorme scintilla.

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La scintilla di una candela da motore a benzina, in tutto e per tutto un fulmine in miniatura. Immagine di Wikipedia.

Una volta che l’aria si ionizza e si forma il canale conduttivo, in un tempo molto breve le cariche negative vanno verso il polo positivo, mentre ci vuole un tempo un po’ più lungo perché le cariche positive facciano il cammino inverso: gli ioni positivi perdono molta più energia degli elettroni, emettendo molta più luce e calore. Di solito, il terreno si carica positivamente e la nuvola negativamente, quindi la parte “visibile” del fulmine è quella che va in su, non quella che viene giù, come di solito immaginiamo. La liberazione di energia che produce il lampo luminoso produce anche molto calore, in un “tubo” di qualche centimetro di diametro. Questo calore fa espandere l’aria tutto intorno e provoca un’onda di pressione, che percepiamo come suono molto intenso, il tuono. Il lampo e il tuono si formano nello stesso istante, ma la luce viaggia molto più veloce del suono: il suono fa solo un chilometro in tre secondi, mentre la luce fa il giro del mondo in pochi millisecondi. Potete contare quanti secondi passano tra il lampo e il tuono e dividere questo numero per tre, saprete immediatamente a quanti chilometri da voi è il temporale. Se si avvicina troppo, evitate di arrampicarvi su un albero!