La cucina italiana è rinomata per la sua attenzione estetica all’equilibrio tra i sapori. Raramente però ci soffermiamo a chiederci come funziona il gusto, cioè il senso che ci permette di percepirli. Diamo quindi un’occhiata a cosa succede dietro a un boccone di lasagna.

L’Italia è famosa nel mondo per la sua tradizione culinaria, che si distingue per l’attenzione prestata a mescolare i diversi sapori in modo armonico. E noi, da bravi italiani, impariamo fin da bambini ad apprezzare questa attenzione, parlando con riverenza dei pranzi dai nonni, facendoci insegnare i trucchi dai genitori, e pensando con nostalgia agli ingredienti perduti quando ci troviamo all’estero. Pur dando molta importanza ai sapori, però, raramente ci chiediamo come funziona il gusto, cioè il senso che ci permette di percepirli.

Il gusto è uno dei due sensi cosiddetti chimici, cioè specializzati nel riconoscimento di sostanze chimiche presenti nell’ambiente (del secondo, l’olfatto, ne avevamo parlato qui). In particolare, il gusto rappresenta le caratteristiche fisiche e chimiche delle sostanze ingerite.

Queste informazioni qualitative vengono trasmesse al cervello grazie a strutture specializzate presenti sulla superficie dorsale della lingua, sul palato molle e sulla faringe, detti bottoni gustativi. All’interno dei bottoni gustativi sono presenti i recettori del gusto, creativamente chiamati cellule gustative, i quali quando percepiscono la presenza di sostanze disciolte nella saliva mandano un segnale elettrico al cervello. I segnali dai bottoni gustativi viaggiano attraverso tre nervi cranici fino al midollo allungato, che si trova in basso nella parte posteriore del cranio, vicino al collo. Da lì l’informazione risale e, passando per il talamo, raggiunge la corteccia gustativa, dove il cervello elabora il segnale e decide se deglutire o sputare.

Per la maggior parte delle sostanze nutritive, la soglia di percezione è piuttosto alta. Ad esempio, percepiamo l’acido citrico a una concentrazione minima di 2 millimoli (mM), il sale a 10mM e il saccarosio a 20mM. Questi alti valori sono dovuti al fatto che è importante ingerire le sostanze nutritive in adeguata quantità. Al contrario, sostanze potenzialmente nocive o velenose sono percepite a concentrazioni molto più basse. La soglia per il chinino ad esempio è 0,008mM, mentre quella per la stricnina è 0,0001mM.

Gli stimoli rilevati dal sistema gustativo sono classificati in cinque categorie che hanno un significato dietetico e metabolico. Il salato indica la presenza di sostanze importanti per l’equilibrio elettrolitico. L’acido dà informazioni sulla presenza di ioni H+ e quindi sull’appetibilità di ciò che stiamo mangiando. Il dolce indica la presenza di molecole necessarie per la produzione di energia. L’umami sottolinea la presenza di amminoacidi come il glutammato, importanti per la produzione sia di proteine che di neurotrasmettitori. L’amaro, infine, ci allerta sulla possibile presenza di sostanze velenose.

Queste cinque categorie possono essere percepite ovunque sulla lingua, però regioni diverse hanno diverse soglie di sensibilità per i diversi sapori. Inoltre, la significatività delle cinque macro-categorie viene sottolineata anche dal fatto che questa distinzione viene mantenuta addirittura nella corteccia gustativa.

Rappresentazione di papille e bottoni gustativi e delle aree della lingua con maggior sensibilità alle diverse categorie di sapori

A partire dalla nostra esperienza, però, potrebbe sembrare riduttivo descrivere il sapore di un cibo con sole cinque informazioni. E avremmo ragione. Varie ricerche hanno mostrato che la percezione del sapore avviene coinvolgendo più sistemi sensoriali e associando quindi le informazioni provenienti non solo dal gusto, ma anche dall’olfatto, dal tatto e dall’udito.

Alcune sostanze partecipano al sapore di un cibo solo perché vengono percepite dal naso, come ad esempio la cannella. Inoltre recettori che fanno parte del senso del tatto e percepiscono la temperatura vengono attivati da molecole come la capsaicina, contenuta nel peperoncino, e il mentolo, contenuto nella menta o nell’eucalipto. Queste due sostanze attivano, rispettivamente, i recettori per il caldo e per il freddo ed è per questo che il peperoncino brucia mentre la mente rinfresca. In realtà non fanno nessuna delle due cose, ma i recettori vengono attivati e il nostro cervello reagisce a questi ultimi, non alla realtà.

Inoltre, un’interessante studio del 2005 ha mostrato  come anche l’udito gioca un ruolo nel determinare l’appetibilità di un boccone di cibo. In questa ricerca gli autori hanno dato da mangiare delle patatine ai partecipanti mentre con un microfono registravano i rumori della masticazione. Questi rumori venivano immediatamente ri-suonati in real-time attraverso le cuffie indossate dai partecipanti. Tale procedura ha permesso ai ricercatori di modificare il suono della masticazione percepito e i risultati hanno mostrato che il giudizio di appetibilità delle patatine correlava con la frequenza ascoltata mentre venivano mangiate. Il croccante  progetto è valso un IgNobel agli autori e noi ne avevamo parlato qui.

Ci sono anche fattori culturali e psicologici coinvolti. Il gusto può essere, in parte, allenato, ed è quasi inscindibile dai fattori sociali. Impariamo cosa è considerato mangiabile dai nostri genitori e durante la vita impariamo a conoscere nuovi sapori.

Il senso del gusto è quindi molto complicato e integra informazioni provenienti da tante e diverse sorgenti. Questa capacità di integrazione è estremamente importante perché un’adeguata alimentazione è alla base del buon funzionamento di tutto il corpo: come spesso si sente dire, noi siamo quello che mangiamo.

E ora che sappiamo cosa succede dietro a un boccone di lasagna, siamo pronti per il prossimo pranzo domenicale!  

Immagine di copertina: cucina italiana stock photo from Tenzen/Shutterstock

Immagine delle papille gustative: papille gustative stock photo from Designua/Shutterstock

 

Per approfondire

I sensi chimici. A cura di Purves, D., Augustine G.J., Fitzpatrick, D., Hall, W.C., LaMantia, A.-S., McNamara, J.O., White, L.E. (2009). Neuroscienze (pag. 346-356). Zanichelli. Bologna.

Motivazione. Atkinson – Hilgard – S. Nolen-Hoeksema, B.L. Fredrickson, G.R. Loftus, C. Lunz (2009). Atkinson & Hilgard’s Introduzione alla psicologia. (pag. 368) Edizione italiana a cura di Cornoldi, C. PICCIN Nuova Libreria SPA. Padova.

Zampini, M., & Spence, C. (2004). The role of auditory cues in modulating the perceived crispness and staleness of potato chips. Journal of sensory studies, 19(5), 347-363.

https://www.scientificast.it/i-5-sensi-olfatto/