La stampa e i mass media sono inevitabilmente influenzati da varie forze (politiche, sociali, economiche), che selezionano le notizie da dare e determinano l’impostazione della testata.

Nel migliore dei casi la scelta delle notizie è determinata dall’interesse che questa può riscuotere nel suo fruitore (lettore, ascoltatore o spettatore): è per questo che il titolo degli articoli non è determinato dal giornalista ma dal titolista, che talvolta distorce (ulteriormente) il contenuto dell’articolo stesso. Se nelle testate online ormai la deriva verso il “clickbait” o le “fake news” appare purtroppo irreversibile (complici gli algoritmi che selezionano le notizie stesse), i giornali cartacei  ancora si astengono dall’utilizzare  queste pratiche, o quanto meno le implementano in maniera più sofisticata, forti di decenni  di pratica in questo campo. 

La digitalizzazione di giornali, libri e manoscritti permette di utilizzare nuove tecniche quantitative volte ad evidenziare omissioni, censure e bias di selezione, da sempre presenti nella carta stampata. L’analisi completa è stata pubblicata qui (open access, ossia si scarica gratis). In questa serie di articoli su scientificast cercherò’ di riproporne i punti salienti.

Archivi 

Sono stati utilizzati tutti gli archivi storici dei tre maggiori quotidiani italiani: Il Corriere della Sera (Milano, CDS, 1876-2017), La Repubblica (Roma, REP, 1985-2017), e La Stampa (Torino, STA, 1867-2005) e il principale quotidiano statunitense: The New York Times (NYT, 1955-2017). Oltre che la loro ampia diffusione ha avuto cruciale importanza la possibilità di consultare liberamente gli archivi dei giornali (un totale di 42 milioni di articoli) per recuperare le informazioni necessarie ed estrarre i 3 milioni di articoli rilevanti.

 

Già il conteggio del numero di articoli pubblicati (T), in nero nelle figure nel corso degli anni mostra  l’evoluzione dei giornali, la loro crescita e l’effetto di eventi storici come le guerre (civili e mondiali). 

Il numero totale annuo di articoli viene influenzato dagli eventi storici: ad esempio, aumenta repentinamente del NYT durante la Guerra civile americana, per poi crescere più gradualmente sino agli anni ’30 per poi stabilizzarsi, con qualche fluttuazione, sino ai giorni nostri. 

Il Corriere della sera mostra una crescita dalla sua fondazione sino alle prima guerra mondiale, dove il numero di articoli crolla a causa della carenza di materie prime e del conseguente minor numero di pagine (prima 8 pagine/ due fogli e poi 4/ un foglio ripiegato). La ripresa nel primo  dopoguerra viene interrotta dal secondo conflitto mondiale, dove si ripropongono le stesse problematiche di approvvigionamento, unite ai bombardamenti alleati e alle vicissitudini dopo l’armistizio  (8 settembre 1943) e l’occupazione del nord Italia da parte delle truppe naziste. Nel secondo dopoguerra il giornale ha una ripresa che lo porta ai giorni nostri a circa 200,000 articoli all’anno. 

La Stampa mostra un andamento analogo al Corriere: lenta crescita, con un decremento antecedente alla prima guerra mondiale, recupero tra le due guerre, crollo dopo l’8 settembre e crescita continua sino ai giorni nostri. Al picco di circa  400,00 articoli negli anni 2000 è seguito un dimezzamento degli articoli (la scala logaritmica tende a nascondere queste fluttuazioni).

La Repubblica è un giornale più giovane fondato nel 1975 ma i cui archi partono nel 1984 e dunque mostra un andamento pressoché costante sino alla metà degli anni ’90 per poi decuplicare il numero di articoli sino ai giorni nostri. 

 

Per cercare censure o bias, ossia selezioni forzate delle notizie si può ricorrere allo studio degli articoli che trattano di eventi violenti, come morti, suicidi o feriti. 

Il “vantaggio” di questo tipo di  articoli risiede nel fatto che la loro gravità può essere quantificata in termini di numero di vite perse. Parole come “ucciso”, “morto”, “vittima”, “suicidio” compaiono di solito associate al numero di persone coinvolte e possono essere utilizzate per valutare la presenza di parzialità o censura anche nei riguardi di specifici gruppi geografici, etnici o religiosi. In questo caso, alla ricerca del numero di vittime si affianca quella del luogo dove è  avvenuto l’evento. 

(continua sotto i grafici)

 

Viene dunque naturale considerare il numero di articoli che trattano di morti violente (3 milioni). Abbiamo dunque utilizzato la parola chiave “killed” per l’inglese e “morti” per l’italiano. Il numero di questi articoli (K, mostrati in rosso nelle  figure) mostrano ad esempio un incremento in concomitanza con la guerra civile americana. Le figure mostrano anche gli andamenti delle morti domestiche (Kd, in turchese)  in USA per il NYT ed in Italia per CDS, REP e STA) e avvenute all’estero (Kf in verde), nonché la percentuale di articoli che trattano di morti (R=K/T, in blu)  rispetto al totale ed il rapporto morti “in casa”  rispetto agli stranieri (R’ in viola). 

Oltre alla Guerra Civile Americana, dove il numero di morti era prevalentemente domestico, gli articoli del NYT sui decessi stranieri crescono nel tempo fino a sorpassare quelli domestici dapprima all’inizio della prima guerra mondiale e poi dalla Seconda Guerra Mondiale in poi, segno di una elevata internazionalizzazione del quotidiano. La cronaca dei giornali italiani e’ ripartita in ugual misura tra casi nazionali ed esteri con una leggera prevalenza per gli esteri nel CDS. 

Le   caratteristiche rilevanti sono i picchi esteri durante le Guerre Mondiali e il calo dei decessi in Italia tra il 1923 e il 1945 per STA e CDS, a causa della censura del governo fascista.

La censura dei decessi in periodo di guerra e’ un fenomeno noto agli storici e legato alla necessità di non demoralizzare la popolazione. In caso di conflitti bellici la censura era estesa a tutte le notizie che possono potenzialmente essere utili al nemico. 

 

Nel ventennio fascista, il governo italiano dell’epoca esercitò una forte censura sulla stampa e sulla radio. Il 14/7/1924 una nota dell’allora ministro dell’Interno Federzoni consentiva il sequestro di copie di giornali per «evitare di fomentare l’opinione pubblica». Il 31/12/1924 vengono sequestrati tutti i giornali e sostituiti i direttori con quelli affiliati al regime. Nell’ottobre 1926, diversi quotidiani vengono chiusi (riprendendo le pubblicazioni solo dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, tra questi L’Unità, L’Avanti! e L’Ora). La censura del governo mirava a presentare uno stato efficiente e quindi doveva rimuovere tutte le notizie negative, coinvolgendo tutti i media dell’epoca: radio, teatro, film, libri e giornali. Autori, specialmente quelli di origine ebraica ma anche coloro che erano contro il regime per motivi politici, caddero in disgrazia, analogamente a quanto accaduto nella  Germania nazista. 

Su una scala più ampia, le linee guida del governo  richiedevano che la cronaca nera dei giornali dovesse essere compressa in poche righe e i suicidi ignorati, con il risultato che gli articoli che riportavano morti e incidenti domestici scomparvero quasi completamente dai giornali. Con i dataset di CDS e STA è possibile quantificare l’effetto complessivo della censura fascista nella denuncia delle morti violente.

Di conseguenza, anche se il valore di R = K/T rimane più o meno costante, si assiste ad un crollo dei decessi in Italia(R’). Questi valori tornano a quelli antecedenti alla dittatura solo nel 1946.

Per stimare l’impatto  della censura abbiamo interpolato il valore di R’ tra il 1922 e il 1946, sia per i ‘morti’ plurale, che per le parole chiave ‘morto’, ‘morta’ e “suicidi”.

In conclusione si può stimare  che il CDS abbia censurato 41800±1000 articoli e STA 36000±1900 durante il ventennio fascista, con una media di 1990 ± 50 articoli in meno ogni anno per il Corriere della Sera e 1700 ±90 articoli in meno ogni anno  per La Stampa. 

Con questo tipo di analisi è possibile dunque ricostruire effetti di censura avvenuti in vari periodi storici o contemporanei, eventualmente considerando altri giornali, riviste o  notizie online. La censura è però solo la forma estrema di distorsione delle notizie. A questa si affianca il bias o parzialità selettiva delle notizie. Questa riguarda sia eventi domestici (spoiler, le donne non muoiono) e quelli  provenienti dall’estero, di cui parleremo in un prossimo articolo.

 

Per saperne di più:

https://journalofbigdata.springeropen.com/articles/10.1186/s40537-020-00338-1