Proseguiamo il nostro viaggio nel tempo sulla nostra comprensione del concetto di vuoto, dalla scuola ellenistica all’età romana…

Abbiamo visto, nell’articolo sul concetto di vuoto nella Grecia antica, come Aristotele considerasse il vuoto una contraddizione logica. L’horror vacui aristotelico rimase una posizione diffusa e sostenuta a lungo. Tuttavia il successo di Aristotele non fu immediato e generale.

Per esempio Stratone di Lampsaco, che diresse la scuola aristotelica dal 288 al 269 a.C., scrisse il trattato De vacuo in cui, pur negando il vuoto infinito di Democrito, ammette la presenza di piccoli spazi vuoti entro la materia. I latini lo chiamarono successivamente vacuum intermixtum, vuoto “frammisto” tra una particella di materia e l’altra.

Le teorie di Stratone e gli esperimenti sul vuoto che gli vennero attribuiti furono quasi sicuramente connessi alla nascita della pneumatica; questa disciplina, intesa come studio e utilizzo della compressibilità dell’aria, fa la sua comparsa nel III secolo a.C. a opera di Ctesibio. Contemporaneo di Archimede, fondò ad Alessandria la famosa scuola di meccanica: a Ctesibio successe Filone di Bisanzio, autore di un importante trattato di meccanica.

Gli alessandrini, indotti dalle numerose esperienze e conoscenze sperimentali in fatto di pneumatica, assumono l’atteggiamento stratoniano, intermedio fra i sostenitori e i critici dell’esistenza del vuoto. Per gli alessandrini non era possibile avere il vuoto in grandi volumi, ma solo vuoto disseminato tra una particella e l’altra. Con questo tipo di vuoto riuscivano a spiegare facilmente la densità dei corpi e le proprietà di compressibilità ed elasticità dell’aria: quando si riduce un volume d’aria, le particelle si serrano l’una all’altra occupando il vuoto e trovandosi in una posizione forzata da cui tendono a tornare a quella originale; da qui la forza dell’aria compressa. Anche il fuoco agisce in modo simile insinuandosi negli spazi vuoti tra le particelle.

Infine, il matematico e ingegnere greco Erone di Alessandria, nel I secolo d.C. contestò le ipotesi di Aristotele e tentò di creare il vuoto artificiale, ma senza successo.

A cavallo tra il I e il II secolo d.C. cominciò il declino della scienza ellenistica. Tra i motivi si possono elencare le lotte interne tra gli stati greci, il disinteresse e lo scetticismo dei prìncipi verso la scienza, l’incendio della Biblioteca di Alessandria e il pullulare di sette religiose e magiche. La ricerca originale lasciò il posto alla compilazione, alla ripetizione e all’eruditismo. Tuttavia in Oriente, sebbene stancamente, la tradizione culturale greca venne tenuta in vita dai commentatori bizantini, tra cui si ricorda Giovanni Filopono.

Nel VI secolo d.C., egli criticò in particolare la teoria aristotelica sul vuoto e sul moto dei proiettili e pose le basi per quella che nel Medioevo verrà ripresa come teoria dell’impetus. Secondo Filopono il moto del proiettile è dovuto all’azione di una “forza cinetica incorporea”, impressa al proiettile al momento del lancio, e la resistenza del mezzo è ridotta a semplice componente addizionale; diventa così possibile il movimento nel vuoto.

(continua…)

Per saperne di più:

  • A. Braccesi, Una storia della fisica classica, Zanichelli (1992)
  • J.D. Barrow, The book of nothing, Pantheon Books (2000).
  • H. Genz, K. Heusch, Nothingness – The Science of Empty Space, Perseus (1999)
  • M. Gliozzi, Storia della Fisica, Bollati Boringhieri (2005)

Immagine di copertina: Black molecules via Gluiki/Shutterstock