La catastrofica situazione di analfabetismo scientifico in cui versa l’Italia ha molti colpevoli, ma prima di tutto è responsabilità di chi la scienza la fa.
Gli scienziati e i ricercatori sono i primi e i peggiori ignoranti in tutta questa storia. Soprattutto quelli che fanno ricerca di base e quelle scoperte incredibili e complicate. Qual è lo scopo di fare ricerca di base se non aumentare la conoscenza? Che senso ha la conoscenza se non viene disseminata? Come un seme dimenticato nel cassetto a volte perde la sua capacità di germinare.
Gli scienziati e i ricercatori sono i primi e i peggiori ignoranti in tutta questa storia perché spesso non sono in grado di farsi capire dalla gente che la scienza non la mastica (succede anche che nemmeno i loro colleghi li capiscano a dir la verità), ma tante, troppe volte anche perché credono che non sia compito loro e che sia uno spreco di tempo.
Problema numero uno: non hanno i mezzi per comunicare perché nessuno ha loro mai insegnato il linguaggio.
In quante scuole di dottorato in Italia si organizzano corsi di comunicazione? E’ considerata una perdita di risorse perché il dottorando in realtà è l’ultimo schiavo della gerarchia accademica: deve stare in laboratorio, pagato una miseria a produrre dati. Non è certo materiale umano su cui investire.
Problema numero due: nello spiegare qualcosa a qualcuno che non sa e che non ha un background che l’aiuti bisogna mettersi al suo livello e semplificare. Semplificare che non vuol dire banalizzare. Non importa che mi fai lo spiegone su tutti i tuoi dati, delle ipotesi, di come hai condotto l’esperimento: dimmi qual era il tuo scopo, cosa hai scoperto e perché è importante.
E’ molto facile giustificarsi con: la gente è stupida e non capisce, la gente è stupida e non vuole capire. La gente è stupida e io sono molto più intelligente.
Elevando il livello medio di cultura scientifica “chi sa” smetterebbe di essere una super-elite, l’oligarchia dei sapienti, perché il divario tra professore e persona qualunque sarebbe diminuito, chi ci perde in tutto ciò?
A nessuno piace non capire, è molto più semplice negare l’importanza di quello che non capisco, dire non è vero! la verità è diversa e me la state nascondendo! piuttosto che ammettere che non ci arrivo. L’ignoranza è una brutta bestia, soprattutto quando accoppiata con l’arroganza: generano mostri, che in questo caso si chiamano pseudoscienza e complottismo.
Problema numero tre: la mancanza di spazio per comunicare. Recentemente ho sentito dire che il luogo della comunicazione della scienza è internet, ma la rete è un luogo che impica un processo di ricerca attivo. Chi cerca la scienza su internet è perché già ne è interessato ma soprattutto deve avere i mezzi per scegliere tra cosa gli viene offerto, perché internet è un mezzo potentissimo ma anche la più grande discarica a cielo aperto del pianeta.
La scienza ha bisogno di un mezzo di comunicazione passivo per essere offerta anche a chi non ne è ancora incuriosito. Gli italiani hanno imparato a leggere e scrivere con la televisione, quasi cinquant’anni fa, è vero, ma è ad oggi l’unico mezzo che entra nelle case di tutti e credo che ci sia troppa gente stufa di tette, culi, nani e ballerine.
O forse è solo la mia speranza perché se non la penso così mi deprimo troppo
Fare ricerca è un mestiere sociale. Devrebbe essere ben chiaro che nessuna scoperta è personale ma che diventa automaticamente patrimonio dell’umanità.
Comunicare la scienza è un dovere morale, soprattutto perché gran parte (ancora poche briciole, but still…) dei finanziamenti vengono dalle tasche dei contribuenti.
Comunicare la scienza è un investimento nella ricerca: se rendi la gente consapevole, rendi i politici consapevoli (chiamatemi utopista qui, va bene grazie) che significa più soldi. Per andare avanti a fare quello che ti piace di più.
In realtà in nessun dottorato (almeno in Europa da quel che mi risulta) si fanno corsi di comunicazione. Al massimo, se si riesce, si fanno corsi di inglese e di scrittura di testi scientifici. La cosa positiva però è che per esempio nell’ambito del mio network di ricerca, per il prossimo meeting abbiamo invitato un giornalista e un filosofo della scienza, da cui speriamo di imparare qualcosa. Lo abbiamo deciso noi studenti e siamo già molto entusiasti della cosa, che però se non fosse partita da noi non avremmo mai potuto fare. Ci sono secondo me molte persone, soprattutto giovani, sensibili a questi temi, ma ce ne sono molte altre che ben si adattano a quanto scritto nell’articolo. Purtroppo i mezzi a nostra disposizione sono pochissimi, ma speriamo di aver fatto un passetto avanti.
In realtà io ho fatto il dottorato in Inghilterra ormai 6 anni or sono e ho seguito un corso di una settimana di comunicazione della scienza con attori, giornalisti della tv e della radio e professionisti della stampa anche non specifica. Era gratis ed obbligatorio per ogni iscritto alla scuola di dottorato del dipartimento. Anche diversi miei colleghi dottorandi in Germania e in Francia hanno avuto la stessa opportunità. Lo so per certo dal momento che eravamo tutti parte dello stesso network e abbiamo dovuto scrivere i feedback per gli organi finanziatori.
Eh beata te :)io lo sto facendo in Germania ma a dirti la verità non conosco nessuno che abbia fatto un corso di questo tipo, quindi credo sia a discrezione dell’università o del network… Appunto, nel mio caso siamo stati noi a volerlo e organizzarlo, purtroppo.
Con “in nessun dottorato” (scusa, ho scritto male io) intendevo che non credo sia una mancanza solo italiana.
Sono un ricercatore in fisica delle particelle, e quindi sono ben consapevole di quello che dici, e di quanto difficilmente arrivi al grande pubblico il messaggio sul significato di quello che studiamo. Pero’ sono daccordo con te solo in parte. Sicuramente gli scienziati si sono sprecati poco per rendere note le loro ricerche, sebbene adesso le cose stiano cambiando, e il Cern, per prendere un esempio che conosco bene, ha molto a cuore questo aspetto. Tuttavia penso che il problema sia piu’ a monte, e risieda nella non consapevolezza, da parte del cittadino, dell’importanza della scienza dal punto di vista culturale e sociale. Io penso che sia assolutamente normale che “l’uomo della strada” non sia informato di scienza, e che confonda l’atomo con il nucleo, e penso anche che non necessariamente debba saperla, questa differenza. Tuttavia e’ assolutamente obbligatorio che un cittadino sappia, nel piu’ profondo del suo cuore, indipendentemente dal suo lavoro e dai suoi interessi, che fare scienza serve. Indipendentemente da quello che egli effettivamente sappia di scienza, deve avere la consapevolezza della sua importanza in assoluto. La necessita’ di dover invece spiegare i risultati delle ricerche cerca di arginare, secondo me, una falla molto piu’ grande, e cioe’ la convinzione che di scienza se ne possa fare a meno, e che la scienza sia un opzional fra i tanti tra cui scegliere, nell’ambito dei passatempi culturali di noi umani.
Peraltro, data la grande frammentazione e specializzazione della ricerca oggi, una divulgazione della scienza rischierebbe di avere, presso chi non e’ consapevole della sua importanza, l’effetto contrario di instillare la convinzione che si stia perdendo tempo, mentre “ci sono cose molto piu’ importanti da fare”. Quanto spesso sentiamo frasi che esprimono preoccupazione, del tipo “la fede cieca nella scienza”, oppure “dove ci portera’ la scienza”. Molti sono del tutto inconsapevoli che se di colpo spegnessimo tutto cio’ che la scienza ha prodotto in questi ultimi decenni (per fermarsi solo ai tempi recenti) la nostra vita ne risulterebbe completamente stravolta, sia culturalmente che dal punto di vista pratico. Quindi e’ certamente importante e doveroso comunicare al cittadino l’importanza della scoperta del Bosone di Higgs, solo per fare un esempio recente, ma la divulgazione scientifica su questioni specifiche potra’ avere un impatto sociale positivo solo previa la diffusa consapevolezza della assoluta necessita’ di fare scienza. E in questo e’ la scuola, sedondo me, l’attore principale, ancor prima degli scienziati. Altrimenti diventa veramente arduo spiegare la scienza moderna a chi e’ cresciuto inconsapevole della sua importanza, se non addirittura diffidente verso di essa.
Sono assolutamente d’accordo su tutti i punti dell’articolo. Un augurio a tutti noi che le cose cambino in Italia. Nel frattempo io sono emigrato in Brunei, dove per il momento sono ricercatore a contratto 🙂
Nel mio piccolo faccio del mio meglio per la divulgazione. Ho fatto un sito web sugli animali che studio (i saltafango, o gobidi anfibi), e offro sempre interviste quando me le chiedono (ne ho una su internet fra qualche ora… ma non a caso sono americani!), e seminari in associazioni naturalistiche non scientifiche (musei, societa’ naturalistiche ecc.). Mi sforzo quanto piu’ posso di trovare metafore, esempi, mimare comportamenti, spiegare senza usare termini scientifici… e’ molto molto difficile. Soprattutto e’ lo stesso background filosofico-scientifico che manca in Italia. Semplici concetti come ‘teoria’ o ‘ipotesi’ sono ignori ai piu’.