In un post precedente abbiamo visto come le bassissime temperature siano un ambiente un po’ diverso da quello a cui siamo abituati: succedono cose strane, a volte controintuitive, spesso apparentemente impossibili. Avvicinandosi allo zero assoluto, le variazioni nei parametri termodinamici di un sistema diventano via via più grandi per variazioni sempre più piccole della temperatura. Per un sistema fisico, passare da 1K a 10K (da -272ºC a -263ºC) rappresenta un salto enorme rispetto al passare da 0ºC a 100ºC: proprio in quei pochi K al di sopra dello 0 si verificano fenomeni estremi che, al tempo della loro scoperta, erano oggetto di discussioni al limite del filosofico, anche tra scienziati di prima grandezza (vi abbiamo già parlato di Kelvin qui).

Siamo a cavallo tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo: iniziano ad essere disponibili le tecnologie per liquefare gas leggeri, come l’idrogeno, e raggiungere temperature estremamente basse, mai raggiunte prima di allora. Tra le misure più interessanti che potevano essere effettuate c’era la variazione della resistenza elettrica di un filo metallico al variare della temperatura. Si era osservato come la resistenza diminuisse al diminuire della temperatura, il che suggeriva che gli elettroni, responsabili della conduzione di corrente elettrica, trovassero meno difficoltà ad attraversare un reticolo in cui le vibrazioni fossero più contenute. Temperatura minore significa meno energia cinetica per tutti, quindi questa spiegazione era estremamente ragionevole.

James Dewar (a sinistra) e Kamerlingh Onnes (a destra, con Van Der Waals) mentre posano nei loro laboratori.

James Dewar (a sinistra) e Kamerlingh Onnes (a destra, con Van Der Waals) mentre posano nei loro laboratori.

Ma cosa sarebbe successo avvicinandosi allo zero assoluto? A quella temperatura tutte le particelle devono essere prive di energia cinetica, cioè ferme: ciò poteva portare a due conclusioni opposte. Il fisico scozzese James Dewar, nel 1898, era riuscito per primo a liquefare l’idrogeno, raggiungendo i -253ºC. Grazie a questo, aveva osservato che, al di sotto di una certa temperatura, la resistenza non diminuiva più e diventava costante. Per questo, Dewar, che ai suoi tempi era considerato un maestro della criogenia, si era convinto che la resistenza dovesse riaumentare, avvicinandosi allo zero assoluto: d’altronde, se tutte le particelle devono fermarsi, anche gli elettroni lo devono fare, e a quel punto non c’è più nessuno che possa trasportare la corrente! Il fisico olandese Heike Kamerlingh Onnes, un altro grande pioniere della fisica delle basse temperature, era convinto che la resistenza dovesse continuare a scendere, arrivando ad annullarsi allo zero assoluto, non avendo più gli elettroni nessun “attrito” da parte degli ioni del metallo. Entrambi potevano avere ragione, per le conoscenze del tempo.

Il grafico originale della transizione superconduttiva del mercurio, ci piace immaginare Kaerlingh Onnes che lo disegna con la sua penna stilografica.

Il grafico originale della transizione superconduttiva del mercurio, ci piace immaginare Kaerlingh Onnes che lo disegna con la sua penna stilografica.

Nel 1908 Kamerlingh Onnes riuscì a liquefare l’elio, un’impresa tutt’altro che semplice. La liquefazione dell’elio passa per un ciclo termodinamico molto complesso, a causa di certe proprietà specifiche dell’elio stesso: i tentativi di molti altri scienziati, tra cui lo stesso Dewar, fallivano sistematicamente da anni. Il fisico olandese si mise subito al lavoro e, in pochi anni, riuscì a misurare la variazione di resistenza di un campione di mercurio ultrapuro, scoprendo qualcosa che non si aspettava. La sua idea era sbagliata, e lo era anche quella del suo rivale scozzese. La resistenza di un campione di mercurio, al di sotto di una certa temperatura, crolla improvvisamente a 0, evidenziando un comportamento assolutamente impossibile da prevedere con le conoscenze dell’epoca. Lì per lì gli scienziati pensarono forse a qualche errore, a qualche malfunzionamento dei loro apparati, ma in pochi mesi ritrovarono lo stesso comportamento anche nel piombo e nello stagno: entro la fine del 1911 avevano pubblicato tre articoli fondamentali che descrivevano i loro esperimenti.

Altri scienziati ripeterono le misurazioni di Onnes, le confermarono e gliene dettero il merito. Cento anni fa, il 10 dicembre 1913, Kamerlingh Onnes ricevette il premio Nobel per la fisica per la scoperta della superconduttività. Da eretico che propone un fenomeno sconosciuto ed imprevisto, era diventato un padre fondatore di un filone di ricerca tuttora  vivo e vivace: la scienza, a differenza di quello che pensano in tanti, è prontissima a riconoscere come buona una novità, per quanto incredibile possa sembrare… a patto che sia buona per davvero.