(Articolo a quattro mani di Silvia Kuna e Valerio Cagno)

Il premio Nobel 2017 per la chimica è stato assegnato a Jacques Dubochet, Joachim Frank e Richard Henderson, che hanno contribuito in modo diverso ma significativo allo sviluppo della microscopia crioelettronica(Cryo EM) e hanno permesso di determinare la struttura di molecole biologiche in soluzione, ad alta risoluzione.

La visualizzazione delle molecole implicate nei processi biologici, dalle proteine agli agenti patogeni, è rimasta al di là delle nostre possibilità fino alla seconda metà del secolo scorso. Ma oggi, grazie ai progressi della microscopia elettronica, i ricercatori sono in grado di estrarre ogni giorno immagini tridimensionali ad alta risoluzione delle biomolecole e sono proprio i tre scienziati premiati quest’anno ad aver gettato le basi per questa rivoluzione.

Il microscopio elettronico, il cui prototipo fu costruito per la prima volta nel 1931 dal fisico tedesco Ernst Ruska e dall’ingegnere elettronico Max Knoll, ha un potere di ingrandimento che si aggira sui due milioni di volte, eppure fino al 1990 potevano essere utilizzati soltanto su oggetti “morti” in quanto il raggio elettronico distruggeva il materiale biologico. È necessario infatti che i campioni vengano fissati e siano privi di acqua. Questo porta ad aberrazioni strutturali e non consente di osservare le biomolecole nelle loro forme native. Questo fino a quando, nel 1990, il biofisico e biologo molecolare scozzese Richard Henderson, dell’Università di Cambridge, è riuscito a pubblicare un modello di proteina tipica dei batteri primitivi, chiamata batteriorodopsina, dedotto tramite un’immagine ottenuta proprio con microscopio elettronico con una risoluzione sufficiente a stabilire la posizione degli atomi al suo interno.

Con la Cryo EM il campione viene aggiunto su un retino per l’osservazione e congelato rapidamente in etano raffreddato con azoto liquido, causando una vetrificazione che consente di immobilizzare il campione nella sua forma nativa sotto un sottile strato di ghiaccio senza la formazione di cristalli. Questo processo consente un’osservazione ad altissima definizione, altrimenti impossibile.
Questa tecnica negli ultimi anni è diventata fondamentale per la biologia strutturale e ha di gran lunga superato la risoluzione che prima si otteneva principalmente con la cristallografia a raggi X, che, oltretutto, è una tecnica non applicabile a tutte le molecole.

Richard Henderson, dell’Università di Cambridge, ha applicato la tecnica del Cryo EM allo studio di proteine di membrana.

Joachim Frank, biofisico statunitense di origini tedesche della Columbia University, è noto per aver compreso, grazie alla Cryo EM, la struttura dei ribosomi e il funzionamento di queste macchine cellulari che convertono l’RNA messaggero in proteine. È considerato il fondatore della microscopia crioelettronica a singolo elettrone, una branca della microscopia elettronica dove i campioni, mantenuti a temperature molto basse (tipicamente le temperature dell’azoto liquido) sono esaminati nel loro ambiente nativo, e le immagini ottenute vengono combinate tra loro per migliorarne la risoluzione. In particolare, tra gli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso, elaborò una tecnica per ricostruire un’immagine tridimensionale di materiale biologico ad alta definizione a partire da immagini bidimensionali di qualità più bassa.

Lo svizzero Jacques Dubochet, dell’Università di Losanna, è stato il primo a mettere a punto la tecnica della vetrificazione per il Cryo EM dei campioni. Dubochet è riuscito a vetrificare l’acqua contenuta nelle molecole biologiche, che in precedenza collassava a seguito dell’evaporazione nelle condizioni di vuoto necessarie per il funzionamento dei microscopi elettronici. Questo comprometteva la forma delle molecole osservate. Essenzialmente, Dubochet ha messo a punto un processo di raffreddamento ultrarapido, durante il quale l’acqua in cui si trovavano i materiali biologici solidificava senza mutare forma, permettendo alle molecole di mantenere la propria struttura originaria e la propria disposizione nel campione.

Al contrario della cristallografia, che richiede un lungo tempo di preparazione, con la Cryo EM la preparazione del campione è molto più rapida, come mostrato dalla risoluzione della struttura del virus Zika dell’anno scorso, che ha come immediata ricaduta la facilitazione dello studio di possibili molecole che inibiscono il virus. Questi lavori e i successivi raffinamenti delle tecniche di scansione elettronica alle basse temperature hanno dunque inaugurato una nuova era della biochimica.

 

Per approfondire:
http://www2.mrc-lmb.cam.ac.uk/group-leaders/h-to-m/richard-henderson/
http://www.pnas.org/content/104/50/19668.extract
http://science.sciencemag.org/content/early/2016/03/30/science.aaf5316