L’uso degli stereotipi può creare problemi sia per le relazioni individuali che per la società nel suo insieme. Ma allora perché la nostra mente ha la possibilità di crearli e usarli? Cerchiamo di capire meglio cos’è e come funziona uno stereotipo.
I rapporti sociali tra gruppi di persone coinvolgono molto spesso l’uso di stereotipi. Ogni tanto ne siamo l’oggetto mentre altre volte, anche se di solito preferiamo negarlo, siamo noi a stereotipare gli altri. Ma come mai gli stereotipi sono così diffusi ed è così difficile farne a meno? Per rispondere a queste domande dobbiamo innanzitutto cercare di capire come e perché la nostra mente ha la possibilità di creare e usare stereotipi.
Il nostro cervello ha risorse limitate che cerca di ottimizzare, risparmiandole. Uno dei modi in cui l’uso delle risorse energetiche viene ottimizzato è creare degli schemi di ragionamento e cercare di applicarli al maggior numero di situazioni possibili. In questo modo, parte dell’informazione può essere ricavata a partire dallo schema utilizzato, invece di essere raccolta dall’ambiente e nuovamente analizzata. Ad esempio, partendo da informazioni esterne e semplici da percepire, come il tipo di vestiario, potremmo ricavare informazioni sulla personalità di coloro che incontriamo. Spesso, però, questo ragionamento si rivela sbagliato e lo schema va aggiornato, ma il cervello è avaro di energie e cerca comunque di di risparmiare ogni volta che può. Il tentativo automatico di applicare schemi conosciuti non è un problema in se stesso, ma lo diventa quando si accompagna a due altri processi mentali, i quali purtroppo sono anch’essi automatici e quindi difficili da riconoscere e controllare.
Il primo di questi processi è chiamato euristica della disponibilità ed è anch’esso una scorciatoia mentale. Le informazioni che vengono richiamate alla mente più facilmente, solitamente perchè ottenute più di recente o sentite più spesso, vengono ritenute più importanti. Dato che lo stereotipo stesso si fonda proprio sul richiamo di informazioni prontamente disponibili, noi daremo particolare importanza allo stereotipo a scapito di qualsiasi altra informazione che riceviamo dall’ambiente, rischiando di trascurare informazioni che contraddicono la nostra prima valutazione automatica. Di conseguenza rischiamo di giudicare persone e situazioni solo sulla base di schemi pregressi che abbiamo già disponibili, perdendo per strada qualsiasi informazione che falsifichi lo stereotipo.
Un altro fattore importante, che è sempre deleterio quando si cerca di convincere il cervello a usare più risorse energetiche, è lo stress, o peggio il panico. Nonostante la corteccia frontale, cioè la parte adibita ai ragionamenti logici e alla pianificazione a lungo termine, sia particolarmente grande negli esseri umani, il cervello contiene comunque componenti molto antiche che condividiamo con animali anche molto diversi da noi, come i rettili e gli uccelli. Tra queste figurano le strutture responsabili delle risposte a stimoli e situazioni potenzialmente pericolose. Quando ci troviamo in una situazione di stress o abbiamo paura, queste strutture usano più energia del solito diminuendo la nostra capacità di ragionamento analitico allo scopo di proteggerci. Il meccanismo sottostante è semplice: prima mi salvo, poi ci ragiono su. Di conseguenza, durante situazioni stressanti o percepite come pericolose l’uso di processi automatici, come gli stereotipi, diventa più probabile.
Rappresentazione 3D della posizione dell’amigdala (in rosso). L’amigdala è una delle strutture cerebrali maggiormente coinvolte nella risposta a stimoli percepiti come pericolosi
Sfortunatamente, dato che gli stereotipi contribuiscono a regolare le nostre relazioni sociali, il loro uso incondizionato può creare dei danni gravi. Ne abbiamo visto degli esempi durante i primi stadi dell’epidemia dovuta al virus sars-cov-2, durante i quali si sono verificati episodi di razzismo con impressionante frequenza causati proprio da un sottostante stereotipo. Proviamo a leggere la situazione sulla base di quello che ora sappiamo riguardo a come funzionano i processi automatici del cervello.
Partiamo considerando lo schema che in questo caso viene usato dal nostro cervello per ricavare informazioni senza fare troppa fatica. Basandosi solo su caratteristiche superficiali visibili, è abbastanza facile pensare che una persona con tratti somatici orientali sia collegata con l’Asia. In questo periodo, però, siamo bombardati da notizie riguardanti la Cina e il virus sars-cov-2. Quindi il collegamento con l’Asia, già presente nello schema, diventa ancora più saliente. Inoltre, siamo spaventati perché siamo in una situazione pericolosa che nelle nostre mente è legata a conoscenze e notizie riguardanti l’Asia.
Di conseguenza ci fermiamo a un’analisi superficiale dando estrema importanza a questo primo collegamento tra i tratti somatici orientali e la Cina e non cerchiamo informazioni ulteriori che potrebbero falsificare la nostra tesi. Per esempio, non ci rendiamo conto che la persona che stiamo collegando con la Cina e il virus sars-cov-2, oltre ad avere tratti somatici orientali, è anche un bambino di 6 anni che è stato a scuola tutti i giorni con nostra figlia e molto probabilmente non è stato in Cina di recente, sempre che la famiglia sia di origine Cinese e non provenga da un altro dei tantissimi stati asiatici. Episodi di questo tipo succedono di continuo a ognuno di noi, soprattutto in momenti di stress momentaneo.
Quindi, in pratica, cosa possiamo fare per evitare queste situazioni? La brutta notizia è che non potremo mai eliminare gli stereotipi dalla nostra mente. Come spiegato all’inizio, l’uso degli schemi, e quindi degli stereotipi, è un processo che il cervello mette in atto in modo automatico. La buona notizia, però, è che il nostro obiettivo non è liberarci degli stereotipi, ma sapere che ci sono e conoscere come funzionano. Essere coscienti del fatto che il nostro cervello prende volentieri delle scorciatoie ci aiuta a monitorare meglio ciò che stiamo pensando, soprattutto quando siamo in ansia, sotto stress, preoccupati, o spaventati. Questa conoscenza ci dà quindi potere sulle nostre reazioni e ci permette, una volta attivato uno stereotipo in automatico, di riconoscerlo come tale e di cercare attivamente di aggirarlo, sfuggendo alle trappole del nostro cervello ancestrale.
Bibliografia
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Per approfondire
Payne, B. K. (2006). Weapon bias: Split-second decisions and unintended stereotyping. Current Directions in Psychological Science, 15(6), 287-291.
https://www.scientificast.it/senza-paura/
Immagine di copertina: stereotype stock photo from GoodIdeas/shutterstock
Immagine dell’amigdala: amygdala stock photo from CLIPAREA l Custom media/shutterstock