Tutta la sua esistenza è votata all’inganno. E’ soltanto un insetto, precisamente una mantide religiosa, ma è uno degli esempi di mimetismo più sofisticati presenti in natura. Infatti, più delle altre 2000 specie di mantidi ad oggi classificate, ha investito sul travestimento per sopravvivere e per cacciare.
Il suo nome è Hymenopus coronatus o, più semplicemente, mantide orchidea malese. Si trova nelle lussureggianti foreste tropicali del Sud-Est Asiatico. Non vive molto più di un anno ma in questo lasso di tempo deve crescere e riprodursi in un ambiente tra i più ostili e pericolosi, dove ogni essere vivente, grande o piccolo che sia, è minacciato da qualche predatore.
Per questo, appena fuoriuscita dall’ooteca, l’involucro spugnoso contenente le uova, assieme a qualche decina di sorelle, comincia subito la sua messinscena. Non è ancora biancastra come alcune orchidee, ma nera e arancione. Così facendo imita una cimice velenosa, senza essere dotata di un alcun veleno: il primo bluff della sua vita.
Una decina di giorni più tardi, subito dopo la prima muta, avviene la trasformazione: il rosso-arancione muta in un bianco traslucido con tenui ombreggiature rosate. Le zampe maturano espansioni simili a petali, nella parte superiore dell’addome appare una serie di striature longitudinali brunastre che simulano le “linee di guida” di certe orchidee per gli insetti impollinatori. A metà del torace si sviluppa una sottile banda verde che spezza la sagoma della mantide in due irriconoscibili parti di materia vegetale (un caso di mimetismo definito “disruptivo”). La testa riprende nelle forme l’apparato riproduttivo di un fiore. Qualunque somiglianza con una mantide scompare e Hymenopus diventa parte dell’orchidea o dei fiori bianchi e rosa sui quali si nasconde. Così facendo può sorprendere api, mosche e farfalle, le sue prede abituali, senza essere notata dai suoi predatori, come uccelli, mammiferi e rettili che cacciano a vista.
Grazie a questi accorgimenti, inoltre, le mantidi orchidea possono cacciare direttamente sulle foglie vicino ad altre infiorescenze, simulando di essere un fiore carico di nettare. Uno studio recente (O’Hanlon 2012), infatti, ha dimostrato che gli insetti impollinatori sono attirati dalla mantide almeno quanto da un fiore vero e proprio. Al predatore serve solo aspettare: c’è sempre qualche insetto che si avvicina per investigare, attratto da forme e colori promettenti, e trova la morte tra le braccia della mantide. Diversamente da quanto si pensa, però, sembra che Hymenopus non possa cambiare colore per uniformarsi ai fiori sui quali caccia. La colorazione sembrerebbe quindi dipendere da un fattore genetico, con individui della stessa covata che presentano talvolta colorazioni rosate, anche se la forma bianca è quella di gran lunga più comune.
Nel momento dell’accoppiamento la mantide orchidea compie l’ultimo inganno della propria vita. Per non essere divorato dalla femmina, molto più grande e aggressiva del compagno, il maschio rimane piccolo ed agile, e con buone dote di volatore. Così facendo riesce ad avvicinarsi alla femmina alle spalle e ad accoppiarsi con essa senza che questa riesca a catturarlo con le zampe raptatorie, come invece avviene tra molte altre specie di mantidi, tra cui la nostra Mantis religiosa.
La mantide orchidea è uno dei protagonisti della mostra Zanne, corazze e veleni – Le strategie di sopravvivenza di insetti, ragni, rettili e anfibi al Museo di Storia Naturale di Genova, dal 7 dicembre 2013 al 15 giugno 2014. Curata da Emanuele Biggi e Francesco Tomasinelli, si tratta di un’esposizione scientifica che presenta animali vivi in terrario e reportage fotografici che gli aspetti più curiosi dei protagonisti della mostra, nonché una sezione di pannelli dedicati fotografici dedicati all’anatomia di alcuni predatori emblematici.
bella!
mi e piaciuto ed e molto interessante