Chiudete gli occhi e pensate a un pallone da calcio. Molto probabilmente, l’immagine che avete visualizzato è un insieme di esagoni bianchi e pentagoni neri, quello che per molti di noi è IL pallone da calcio. In realtà, questo design è stato introdotto nei primi anni Sessanta da una ditta danese, Select Sport, che dichiarò di essersi ispirata alle “cupole geodetiche” dell’architetto americano Richard Buckminster Fuller, che aveva ideato una tecnica costruttiva basata su una travatura che seguisse le linee più brevi congiungenti diversi punti posti su una sfera. Queste linee sono chiamate appunto geodetiche e hanno una grande importanza in tutte le geometrie non euclidee, dalla descrizione del moto di un corpo sulla superficie terrestre alla relatività generale.

I 20 esagoni bianchi e i 12 pentagoni neri sono stati portati alla ribalta da Adidas, che nel 1968 ha creato il Telstar, il pallone usato durante i campionati europei di quell’anno e poi durante i mondiali del 1970 e del 1974. Dopo quella competizione è stato sostituito dal Tango in cui i pentagoni erano bianchi e nei cui esagoni era inserito un decoro a forma di “stella a tre punte”: questo pallone fu usato con qualche variazione fino ai mondiali del 1998. Da allora i colori sono cambiati molto creando disegni molto più complicati e, recentemente, anche le forme geometriche dei tasselli hanno abbandonato lo schema geometrico a pentagoni ed esagoni, passando a losanghe più elaborate e, almeno dal punto di vista geometrico, decisamente molto meno affascinanti.

Il pallone da calcio, come tutte le palle usate nello sport, deve soddisfare una serie di requisiti che ne hanno guidato il disegno, e lo schema a 32 tasselli ha avuto tanto successo perché rispondeva molto bene a tutte le specifiche. Innanzitutto, si deve avere una buona approssimazione di una sfera. Sembra una ovvietà, ma le parti cucite insieme devono essere o sufficientemente piccole o sufficientemente elastiche da potersi deformare e prendere la forma sferica. Per il calcio, la seconda opzione è difficile da mettere in campo, visto che il pallone subisce sollecitazioni meccaniche molto violente. Infatti, fino ai primi anni Ottanta, tutti i palloni erano in cuoio e solo dai mondiali del 1986 sono stati introdotti palloni completamente sintetici. Il disegno bianco e nero, inoltre, consentiva un’ottima visibilità sugli schermi in bianco e nero e questo fu uno dei motivi per cui ebbe così successo nel sostituire tutti i palloni precedenti, che erano del colore del cuoio naturale. Con i 32 tasselli il pallone era relativamente semplice da costruire, risultava perfettamente sferico anche usando cuoio resistente e garantiva un’ottima visibilità in televisione. Non stupisce che sia rimasto quasi invariato per oltre trent’anni!

Dal punto di vista matematico, le proprietà del pallone da calcio sono estremamente interessanti. Fin dall’antichità, i matematici hanno studiato i poliedri e in particolare hanno identificato un certo numero di poliedri regolari: si definiscono così tutti i solidi a facce piane che hanno tutte le facce uguali e ciascuna è un poligono regolare. Ne esistono solo cinque: il cubo, che ha sei facce quadrate; il dodecaedro, che ha dodici facce pentagonali; il tetraedro, l’ottaedro e l’icosaedro che hanno rispettivamente quattro, otto e venti facce triangolari. All’aumentare del numero di facce, l’approssimazione di una sfera migliora, ma resta sempre abbastanza modesta. Prendendo l’icosaedro, però, si può costruire un poliedro formato da due soli poligoni regolari: basta “tagliare via” ciascuno dei dodici vertici in modo tale che di ogni lato di ciascuna faccia triangolare rimanga solo il terzo centrale. A questo punto, avremo trasformato i venti triangoli in altrettanti esagoni regolari e avremo aggiunto dodici pentagoni regolari: in questo modo ciascun pentagono sarà adiacente a sei esagoni e ciascun esagono avrà tre lati in comune con un pentagono e tre con un altro esagono, alternati.

La troncatura dell'icosaedro che porta alla creazione di un pallone da calcio: si può vedere come costruirlo in questo video (da cui è tratta l'immagine)

La troncatura dell’icosaedro che porta alla creazione di un pallone da calcio: si può vedere come costruirlo in questo video (da cui è tratta l’immagine)

L’icosaedro troncato così ottenuto è il nostro pallone da calcio!

Questo è uno degli esempi più semplici di poliedro di Goldberg, una classe di poliedri formati da soli pentagoni ed esagoni, che possono avere anche centinaia di facce. Un poliedro non può essere composto da soli esagoni, perché facendo una “piastrellatura” a esagoni si ricopre solo un piano, mentre la presenza di un certo numero di pentagoni consente di creare una superficie chiusa. All’aumentare del numero di facce, l’approssimazione di una sfera migliora, ma già il nostro icosaedro troncato se la cava decisamente bene: il suo volume è l’87% di quello della sfera circoscritta, mentre, per un icosaedro, questo rapporto è solo del 60%. Uno degli aspetti che più interessano i matematici quando si parla di questi oggetti, è però il grado di simmetria che hanno, ovvero in quanti modi possiamo riflettere un poliedro rispetto a piani o ruotarlo intorno al suo centro. Questo non è legato alle varie posizioni in cui si può piazzare il pallone per colpirlo “proprio sulla valvola”, come si dice facessero certi esperti dei calci di punizione, ma per studiare le proprietà dei gruppi di simmetria partendo da esempi “semplici” da visualizzare. Nel caso dell’icosaedro troncato si hanno 120 gradi di simmetria, gli stessi dell’icosaedro e del dodecaedro.

Un paio di decenni dopo la sua comparsa sui campi di calcio, l’icosaedro troncato è apparso anche in un ambiente molto diverso: nel 1985, Kroto, Heath, O’Brien, Curl e Smalley, nel loro laboratorio alla Rice University di Houston, Texas, sintetizzarono per la prima volta delle molecole di carbonio puro con una struttura sferoidale. Le più piccole, che sono anche quelle che meglio approssimano la forma sferica, sono formate da 60 atomi di carbonio distribuiti esattamente sui vertici di un icosaedro troncato. A queste è stato dato il nome di buckminsterfullerene, in onore dell’architetto da cui eravamo partiti, e, in generale, a tutte le nanostrutture di carbonio sferoidali, ellissoidali o tubolari è stato dato il nome generico di fullereni. Questa scoperta valse a tre di questi scienziati il premio Nobel per la chimica nel 1996.

Se non altro, se un domani ci dovessimo svegliare alti una manciata di nanometri, non dovremmo rinunciare a dare qualche calcio al pallone!

Il buckminsterfullerene in tutto il suo simmetrico splendore (immagine da wikimedia commons)

Il buckminsterfullerene in tutto il suo simmetrico splendore (immagine da wikimedia commons)