Nel mondo macroscopico dove viviamo, il concetto di macchina o dispositivo può essere spiegato come un congegno formato da un insieme definito di elementi che insieme cooperano per raggiungere un certo scopo, una certa funzione. Tutti i giorni utilizziamo tali dispositivi, come il motore della macchina, apparecchi elettrici, elettrodomestici. Ma questo concetto di macchina può essere esteso anche a livello molecolare. Il Premio Nobel Richard Feyman per primo introdusse l’idea di miniaturizzare a livello molecolare qualsiasi dispositivo, gettando le basi per la nascita di una nuovo campo della chimica, la chimica supramolecore.
Questa branca della scienza è basata sul concetto che le molecole possono riconoscersi e auto-organizzarsi, generando dispositivi nano-molecolari, il cui campo di applicazione è risultato fin da subito potenzialmente vastissimo.
In questo contesto si inseriscono i pionieristici lavori di Jean Pierre Sauvage, Sir Fraser Stoddart e Bernard Feringa, che oggi hanno vinto il Premio Nobel per la Chimica 2016 per la sintesi, lo studio e lo sviluppo delle “macchine molecolari”.
I tre chimici furono i primi a realizzare dispositivi molecolari in grado di convertire energia chimica in movimento misurabile. Una macchina molecolare è un vero e proprio dispositivo, costituito da un insieme definito di molecole in grado di eseguire movimenti meccanici intelligenti a seguito di un impulso.
Nascono così gli interruttori molecolari, l’ascensore molecolare, il muscolo molecolare fino ad arrivare al motore molecolare, ma non solo. Grazie agli insegnamenti di Sauvage, Stoddart e Feringa, i chimici supramolecolari continuano a realizzare sistemi molecolari “intelligenti” che trovano impiego nei più svariati campi, dalla chimica al campo biomedico e ambientale, dando così impulso allo sviluppo delle nanotecnologie.