Non ci sarà nessun meteorite che distruggerà la terra né il prossimo settembre, né ottobre o in uno qualunque dei mesi successivi. Il rischio di fare la stessa fine dei dinosauri, estinti definitivamente 65 milioni di anni fa dal meteorite di Chicxulub, è però reale anche se non così imminente come riportato dagli allarmi che si rincorrono su Facebook, che non è proprio la più avanzata rete di rilevamento di corpi celesti.
Ogni giorno cadono sulla terra circa 5 tonnellate di meteoriti, di cui perlomeno due al minuto con un diametro inferiore ad un millimetro. Del miliardo di asteroidi di medie dimensione che orbitano intorno al Sole almeno 2 milioni di essi distruggerebbero la civiltà se colpissero il nostro pianeta. Tuttavia, solo una minima frazione è su orbite che intersecano quella della Terra (ECO- Earth crossing asteroids) e la maggior parte non pone per noi alcun pericolo.

Il meteorite di Chicxulub, nella penisola dello Yucatan. Immagine e (c) di Shun Iwasawa
Ciononostante, il monitoraggio del cielo è incompleto. Il primo rapporto NASA sui rischi degli asteroidi fu prodotto solo verso la fine degli anni ’90: al tempo erano noti non più di 236 oggetti ed il rapporto non fu preso sul serio da politici e non addetti ai lavori. Nel 2005 il congresso degli Stati Uniti diede mandato alla NASA di identificare almeno il 90% degli asteroidi più grandi di 140 m entro il 2020 senza però aumentare i fondi stanziati per questa ricerca. Verso il 2007 erano noti più di 4000 corpi celesti, di cui 880 con diametro superiore al chilometro. Al oggi la NASA ha identificato ben 1607 asteroidi potenzialmente pericolosi, le cui orbite passano a meno di 0.05 unità astronomiche (una unità astronomica è la distanza tra la terra ed il sole, circa 150 milioni di km) dalla terra e che sono più brillanti della 22a magnitudine (circa 200 volte meno luminosi di Caronte,il satellite di Plutone).
Una volta rivelato, l’asteroide va deflesso dalla sua rotta di collisione con la Terra. Non ci sono scenari possibili in cui il nostro pianeta viene salvato all’ultimo secondo: qualunque missione che non preveda l’intervento di Bruce Willis deve avere inizio almeno 10 anni prima del tempo d’impatto previsto. Infatti, maggiore è l’anticipo con cui si agisce e minore è l’energia richiesta per deviare la traiettoria dell’asteroide. Con un decennio di tempo le variazioni di velocità richieste per salvare il nostro pianeta sono relativamente piccole e si aggirano intorno a qualche centimetro al secondo per un asteroide in grado di causare un estinzione di massa. Ritardare la risposta implica dover utilizzare una spinta maggiore e molta più energia.
I metodi per ottenere una variazione di traiettoria sono molteplici e vanno dal grande classico dell’esplosione nucleare, all’uso di laser, alla vela solare o altri metodi di propulsione (qui una lista delle varie tecniche attualmente in fase di studio). Ai rischi posti da queste tecnologie mai sperimentate, si aggiungono le incertezze di una missione interplanetaria in grado sia di trasportare un carico elevato che di raggiungere velocemente il corpo celeste. Inoltre, l’esperienza passata, ad esempio quella con la sonda Hayabusa, mostra che sono necessari almeno altri 5-10 anni per allestire questo tipo di missioni. Anche se di fronte ad un rischio concreto sarebbe possibile accorciare questo tempo, c’è anche da considerare che molte delle tecnologie sarebbero utilizzate per la prima volta e quindi richiederebbero un tempo notevole per lo sviluppo ed i test di qualifica necessari a garantire il successo.
L’ESA e la NASA sta allestendo una missione congiunta, AIDA, per deflettere un piccolo asteroide , del diametro di 150 m, che orbita attorno ad un asteroide più grande, del diametro di 800 m, Didymos. AIDA è composta di due sonde gemelle, AIM e DART: DART (NASA) si schianterà sull’asteroide e AIM (ESA) misurerà le variazioni di orbita prima e dopo l’impatto (qui un ottimo video sulla missione). L’impattore, del peso di 300kg, dovrebbe schiantarsi alla velocità di sei chilometri al secondo sull’asteroide più piccolo, modificandone la velocità orbitale di “ben” mezzo millimetro al secondo. Poiché il sistema binario di Didymos non è un ECO, non c’è alcun pericolo che l’esperimento metta a rischio il nostro pianeta. Si tratta di un dimostratore estremamente interessante, e – se realizzato – rappresenta il primo passo per evitare di fare la stessa fine dei precedenti inquilini del pianeta.

Foto esa da qui
Header Image: Meteorite via Shutterstock
Non conoscevo questa missione.
Mi ero fatto proprio di recente la domanda perché non si facessero dei test di deviazione per possibili future collisioni. Adesso so che sono allo studio, grazie.
vediamo se la fanno veramente. esa e nasa sono note per cancellare missioni anche all’ultimo momento…..