Il Nobel per la medicina 2020 è stato assegnato a Alter, Houghton e Rice per la scoperta del virus dell’epatite C.

Immaginate di essere vissuti in Egitto tra il 1950 e il 1980. Per curare la schistosomiasi, una malattia parassitaria, si utilizzavano su larghissima scala trasfusioni di sangue. Ma questo tipo di trattamenti ha causato l’infezione con un virus allora sconosciuto: il virus dell’epatite C.

La scoperta di questo virus risale infatti solamente al 1988. Fino ad allora non si conosceva questo patogeno subdolo, in grado di infettare le cellule del fegato e causare un’infezione cronica. Il risultato è che oggi l’Egitto ha una delle prevalenze più elevate al mondo per questo virus, con circa una persona su 10 positiva. Ma l’epatite C non è un problema solo dell’Egitto, nel mondo si stima che ci siano 71 milioni di persone infette.

Ecco perché l’identificazione della causa di questa infezione, che se non trattata può portare anche a cirrosi e carcinoma epatico, è stata così importante da meritare l’assegnazione del premio Nobel per la medicina e la fisiologia 2020 a Harvey J Alter, Michael Hughton, Charles M Rice.

In particolare, a Harvey Alter è stato assegnato il premio Nobel perché identificò la presenza di epatiti associate a un patogeno diverso dall’epatite B che si sviluppavano in seguito a trasfusioni. Inoltre Alter comprese che l’elemento infettivo era un virus e provò che il sangue era il veicolo, infettando scimpanzé con sangue di pazienti con epatite non-A non-B (come era chiamata allora).

Micheal Hughton, invece, si occupò dell’isolamento del genoma virale a partire dal sangue di uno scimpanzé infetto. Tramite una sorta di puzzle genetico riuscì ad assemblare il genoma quasi nel suo intero e a comprendere che la causa delle epatiti era un virus della famiglia Flaviviridae, la stessa del virus della febbre gialla e di quello della febbre Dengue. Inoltre sviluppò un primo test per identificare gli anticorpi nel sangue positivo al virus dell’epatite C.

Charles Rice riuscì, infine, a ricostruire completamente il genoma in vitro del virus, a cui mancava una regione (a causa dell’alto tasso di mutazioni del virus), e a infettare scimpanzé con l’RNA virale (e non con sangue contaminato) ottenendo gli stessi sintomi. In questo modo provò definitivamente che il virus dell’epatite C era la causa delle epatiti a eziologia sconosciuta fino ad allora. 

L’identificazione della causa di queste epatiti ha permesso di sviluppare test diagnostici per escludere le sacche di sangue contaminate e rimuovere una delle principali vie di contaminazione di questo patogeno. Dalla sua scoperta a oggi, inoltre, abbiamo fatto passi da giganti nel comprendere il meccanismo di replicazione e il modo in cui questo virus riesce a evadere la risposta immunitaria, nonostante la difficoltà di lavorare su cellule e su animali modello diversi dai primati. 

Ma soprattutto, negli scorsi anni, abbiamo compreso come curare l’infezione, con un arsenale di farmaci diretti contro gli enzimi chiave per la replicazione del virus, permettendo, anche in Egitto, di curare anche chi si è infettato quando il virus c’era ma non sapevamo ancora cosa fosse.

Per saperne di più:

https://www.nobelprize.org/prizes/medicine/2020/press-release/

Immagine di copertina: Nobel Prize via Paramonov Alexander/Shutterstock