La possibilità di vita al di fuori della Terra è un argomento che ha affascinato tutte le generazioni umane. Chi non si è mai chiesto se siamo soli nell’Universo? Di recente poi, con la tecnologia sempre più sofisticata legata all’osservazione dello Spazio, è stato scoperto un numero sempre crescente di esopianeti (pianeti che ruotano attorno ad altre stelle), inizialmente pessimi candidati per la vita, ma via via sempre più adatti (in via teorica) ad essa, e simili alla nostra Terra, fino ai due considerati finora più simili, Kepler-438b e Kepler-452b, scoperti entrambi quest’anno.
E naturalmente ci siamo domandati se la vita c’è o può esserci. Ma la vita, per fare il suo ingresso e svilupparsi su un pianeta, ha bisogno che quest’ultimo soddisfi un certo numero di requisiti. L’astrobiologia, la scienza che si occupa della ricerca della vita extraterrestre, ci spiega quali sono i più importanti. Come spiegato in un recente articolo di Wired, è molto importante che il pianeta si trovi nella zona abitabile, dove la temperatura è tale (si stima da – 15° a 115°C) da garantire la presenza di acqua liquida e da far sì che le reazioni biochimiche avvengano alla giusta velocità; inoltre, la massa del pianeta deve essere tale da trattenere un’atmosfera del giusto spessore e della giusta composizione chimica, orbitare su una traiettoria approssimativamente circolare e con un’inclinazione non troppo accentuata attorno a una stella stabile, per evitare sbalzi climatici incompatibili con la permanenza della vita sulla Terra.
Vi sono altre caratteristiche che possono rendere i pianeti extrasolari particolarmente interessanti dal punto di vista astrobiologico. Esse possono rendere un pianeta abitabile anche leggermente al di fuori della zona di abitabilità classicamente definita. Vediamo di cosa si tratta.
Le stelle sono gigantesche fucine di energia, e questo è fondamentale per la vita perché, pur ammettendo che su un esopianeta vi siano gli elementi chimici necessari occorre energia affinché riescano a formare le molecole complesse che stanno alla base della vita (nel caso di quella terrestre, ad esempio, gli amminoacidi), e in seguito a formare delle cellule autosufficienti e magari delle forme di vita più complesse.
Noi abbiamo il Sole come principale fonte di energia, ma disponiamo anche dell’energia geotermica, dovuta alla presenza naturale di alcuni elementi radioattivi (uranio, torio e potassio-40) all’interno della Terra, che decadono su tempi scala di miliardi di anni emettendo energia sotto forma di calore. Tra i fenomeni legati all’energia geotermica vi sono le sorgenti termali, le fumarole, i geyser e via dicendo.
Vi sono poi altri candidati che, per quanto improbabili, non possono essere nemmeno del tutto esclusi, come ad esempio i meteoriti, che rilasciano una quantità enorme al loro impatto sulla superficie del pianeta. Il cratere rimane incandescente per un lungo periodo di tempo: se dovesse riempirsi d’acqua, si formerebbe una sorta di lago termale che potrebbe ospitare la vita.
Infine, un’altra fonte di calore potrebbero essere le forze mareali generate dalla presenza di uno o più corpi celesti massicci nelle vicinanze. Si prenda ad esempio Europa, una delle lune di Giove: i suoi strati interni sono continuamente deformati e riscaldati per attrito a causa della forza di gravità esercitata dal pianeta centrale (fenomeno noto come tidal buckling), e si pensa che per questo motivo al di sotto della superficie ghiacciata vi sia acqua allo stato liquido.
È vero che l’energia luminosa è necessaria per processi come la fotosintesi clorofilliana e quindi per lo sviluppo della vita complessa così come la conosciamo; ma se ci accontentiamo di forme di vita più semplici, i camini termali sottomarini pullulano di batteri che alimentano ecosistemi anche molto complessi.
Un altro fattore da tenere in considerazione è il ricambio degli elementi chimici biologicamente importanti. Tra questi sicuramente carbonio, ossigeno e idrogeno, ma anche altri elementi, come magnesio, ferro, calcio, sodio, potassio, fosforo, zolfo e via dicendo, indispensabili per la costituzione di alcune molecole organiche e per un numero enorme di processi fisiologici.
Sulla Terra, l’idrogeno si trova prevalentemente nell’acqua, mentre gli altri elementi citati si trovano principalmente nella crosta terrestre sotto forma di composti e si rinnovano tramite l’attività geologica. La rotazione della Terra fa sì che le parti interne, liquide, siano interessate da moti convettivi che spostano lentamente la crosta terrestre. Nella cosiddetta zona di subduzione, una placca viene spinta sotto un’altra e si fonde a contatto con le alte temperature del mantello; lungo le dorsali medio-oceaniche, nuova lava emerge dal mantello, rinnovando così molte delle sostanze chimiche. Lo stesso risultato si ottiene con l’attività vulcanica, che fornisce nuovi elementi presenti nella lava eruttata. Questi fenomeni sono complessivamente noti come turnover geologico. Un pianeta geologicamente attivo può essere interessante per questo motivo.
Naturalmente tutte queste (e altre ancora) sono condizioni necessarie, ma non sufficienti; può darsi che sussistano tutte, ma che la vita semplicemente non si formi. È compito degli astrobiologi, allora, trovare il fattore o i fattori mancanti, quelli che unitamente alle condizioni necessarie già illustrate determinano l’insorgenza della vita su un pianeta.
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Immagine di copertina: NASA/Reid Wiseman
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Fai benissimo a rompere 🙂
Il primo punto non mi è chiarissimo; forse si tratta di come è formulato, ma cosa intendi per “ultima conseguenza”?
Sul secondo punto hai ragione, in effetti ho semplificato un po’ per amore di sintesi; la convezione è un meccanismo di trasporto del calore, e non è la rotazione terrestre a generare questo calore, ma appunto la combinazione del raffreddamento dell’interno della Terra e del decadimento degli elementi radioattivi in esso presenti. La rotazione terrestre ha un ruolo nel meccanismo, ma non è l’unico elemento.
Che quanto elencato nell’articolo lo si può considerare come “conseguenza ultima” della geotermia.
Come le pozzanghere per un temporale.
Cioè, rozzamente:
geotermia —> tettonica —-> vulcanesimo —-> geyser e sorgenti termali calde
Certo, ma dal momento che si parla di ambienti potenzialmente favorevoli alla vita, mi sono focalizzata sui fenomeni legati alla geotermia in cui fosse coinvolta dell’acqua.
Non vorrei dire una castroneria, ma mi sembra che molti ritengano la presenza di una tettonica a placche necessaria alla formazione della vita, almeno come la conosciamo noi. Qualcosa relativo alla dispersione in atmosfera di elementi fondamentali che resterebbero intrappolati negli strati profondi senza i fenomeni vulcanici.
Ma certo; e infatti ho parlato della tettonica a placche come necessaria alla formazione della vita in un altro paragrafo. In quel paragrafo si parlava di sorgenti di energia e ambienti in cui tale energia può generare la vita.