È degli ultimi giorni la notizia che la Comunità Europea sta varando una nuova legge che regolamenti la riproduzione, la produzione e la vendita su larga scala di vegetali a scopo alimentare, ovviamente scatenando le più disparate proteste e scandalizzando una buona parte del pubblico di internet, che si batte per il diritto di ognuno di coltivare il proprio orto e produrre i propri ortaggi.

Andando a leggere qui, qui , qui  e qui infatti la situazione sembrerebbe alquanto preoccupante.

Se, invece, si va a controllare il testo della proposta di legge, gran parte di questo scandalo rientra e si capisce che lo scopo della UE non è vendersi alle multinazionali dell’agricoltura bensì creare un mercato regolamentato degli ortaggi e delle verdure a livello comunitario, con lo scopo di garantire la qualità dei prodotti e la salute dei consumatori. E come si fa? Naturalmente dandosi delle regole che possano essere comprensibili e attuabili nei vari paesi della Comunità.

La legge parte dalla premessa che tutti i vegetali, la frutta e gli alberi debbano essere ufficialmente testati e registrati prima che possano essere riprodotti e distribuiti a fini commerciali.  Il che vuol dire (ed è ben specificato sia nel testo che nella sezione FAQ) che il provvedimento non è applicabile a chi produce ortaggi o verdure a scopo di consumo personale.

Mio padre e il suo orto sono salvi, meno male.

Ma ci sono anche delle altre eccezioni a queste nuove regole: organizzazioni di volontariato o piccoli produttori con meno di 10 impiegati, banche del seme, istituti scientifici e organizzazioni rivolte alla conservazione delle risorse genetiche (inclusa la conservazione sul campo) o alla conservazione di materiale riproduttivo da scambiarsi tra persone che non siano operatori professionali. Si  sta anche  lavorando a delle deroghe per  produttori di sementi per coltivazioni biologiche anche per grandi quantità di semenza. Queste regole non sono nemmeno applicabili a prodotti con valenza specifica locale o a produzioni di nicchia.

Siamo, quindi lontani dallo scenario orwelliano che viene descritto da molti, ma probabilmente la domanda a cui si dovrà dare una risposta è: quanto costerà testare e registrare l’incredibile varietà di piante edibili (e commercializzabili) della nostra bella Europa? Probabilmente chi ci guadagnerà di più alla fine di tutta questa storia è proprio il consumatore medio, quello che acquista gli ortaggi che finiscono sulla sua tavola dalla grande distribuzione che saprà che le pesche spagnole o le carote venete hanno lo stesso standard di qualità e tracciabilità. Chi teme l’appiattimento delle varietà in commercio avrebbe dovuto probabilmente cominciare a preoccuparsi decenni fa, giudicando i banchi dei supermercati, e stare abbastanza tranquillo perchè troverà comunque la sua frutta e verdura preferita tutelata dalla piccola distribuzione locale.