Vi capitano quelle giornate no in cui l’unica cosa che vi fa stare bene è infilarvi le cuffiette nelle orecchie e isolarvi dal mondo? Il fatto è che ascoltare la nostra canzone preferita o quel cd nuovo che ci incuriosiva da un po’ può davvero cambiare la nostra giornata. Ma come?

Un meraviglioso studio fresco di pubblicazione*, su Scientific reports, ci spiega che la musica è in grado di cambiare la regolazione dei nostri geni.

Cosa vuol dire regolazione genica? Ognuna delle nostre cellule “decide” quale porzione del nostro genoma esprimere, cosa che (semplificando assai) rende una cellula del fegato morfologicamente e funzionalmente diversa da una cellula della pelle. Un po’ come se avessero un manuale d’istruzioni comune a tutto l’organismo ma che, a seconda del ruolo cellulare che ricoprono, ne usino soltanto un capitolo ignorando il resto del librone. Questa è la regolazione genica grossolana. A livello fine, ogni cellula può decidere se e quanto far esprimere un determinato gene in un determinato momento rispondendo agli stimoli esterni o interni alla quale è sottoposta.

Questa plasticità ci permette di sopravvivere ogni giorno.

Lo studio in questione ha analizzato i risultati di un interessante esperimento: ad un gruppo di musicisti professionisti è stato controllato il livello di espressione genica di alcuni geni prima e dopo aver ascoltato un concerto di due ore o prima e dopo una passeggiata o l’ascolto di una lettura di due ore.

Diverse ricerche in precedenza hanno dimostrato che il cervello dei musicisti professionisti è diverso da quello di chi non pratica la musica per lavoro: l’allenamento musicale induce la neuroplasticità, cambia l’architettura della sostanza bianca e della sostanza grigia e il volume del cervelletto, potenzia la performance cognitiva, l’abilità visiva, le capacità verbali e la memoria a breve e lungo termine.

 

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Questo studio però va oltre queste conoscenze dandoci una spiegazione “trascrizionale”, cioè del cambiamento dell’attività dei geni, dell’effetto della musica.

Nello specifico, i ricercatori hanno rilevato nel gruppo di soggetti che aveva ascoltato il concerto un aumento nella regolazione (up-regulation) dei geni implicati nella neurotrasmissione dopaminergica, in particolare del network del gene SNCA (alpha-synucleyna), la quale disfunzione è osservabile nei malati di morbo di Parkinson. Altri geni up-regolati sono alcuni di quelli responsabili del movimento. Dal momento che il movimento è primariamente controllato dalla neurotrasmissione dopaminergica, l’up-regolazione di questi due gruppi di geni potrebbe agire in armonia durante la performance musicale. Altri processi che vengono potenziati dall’up-regolazione di specifici gruppi di geni sono: la crescita del neurite, la neurogenesi, la neurotrasmissione, la concentrazione citosolica di calcio e l’omeostasi del calcio. Questi ultimi due processi dipendono dalla stimolazione delle ciglia delle cellule auditive e regolano il rilascio di neurotrasmettitori, la trasmissione sinaptica, la plasticità sinaptica e (loop!) l’espressione genica. Per esempio si pensa che la concentrazione di calcio intracellulare sia in grado di regolare gli andamenti neuronali che controllano il canto degli uccelli. Alcuni geni conosciuti per essere implicati nella percezione e produzione di canto negli uccelli cambiano la loro regolazione anche nei musicisti professionisti che hanno fatto da cavie per questo studio.

Gli autori si propongono di allargare la loro ricerca anche a soggetti che non vivono di musica, non possono infatti escludere che la propensione genetica per la musica possa avere un effetto diverso sull’espressione genica che in qualche modo influisca sul risultato finale. Ci sono infatti dei loci specifici che sono associati con l’attitudine alla musica responsabili per lo sviluppo dell’orecchio interno, delle vie uditive e i processi cognitivi che sottostanno all’attitudine alla musica. E’ possibile quindi che l’abilità di apprezzare la musica o suonare uno strumento richieda una specifica predisposizione innata, ma è anche vero che la spinta verso la musica raramente nasce al di fuori di un ambiente musicalmente ricco.

Quindi ascoltate più musica e allenate le vostre orecchie. Magari non farà di voi una rockstar ma sicuramente fa bene al vostro cervello!

 

Se come me siete curiosi di sapere quale musica hanno ascoltato durante l’esperimento:

  1. Stravinsky: Apollon musagète (for string orchestra)
  2. Haydn: “Deh soccorri un’infelice” dall’opera La fedeltà premiata
  3. Cherubini: “Ah! nos peines seront communes” dall’opera Médée
  4. J.C. Bach: “Ch’io parta” dall’opera Temistocle 
  5. W.A. Mozart: Symphony nr 40, g-minor

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* Kanduri, T. Kuusi, M. Ahvenainen, A. K. Philips, H. Lähdesmäki, I. Järvelä The effect of music performance on the transcriptome of professional musicians Scientific Reports 5, Article number: 9506 doi:10.1038/srep09506