È di qualche giorno fa la notizia del primo tentativo di curare una grave forma di tumore utilizzando l’innovativa tecnica CRISPR-Cas9. Di che si tratta?

La tecnica CRISPR è stata messa a punto nel 2013 da Jennifer Doudna, dell’università di Berkeley, ed Emmanuelle Charpentier, dell’università di San Francisco e nel 2015 si è guadagnata il titolo di Breakthrough of the Year per la redazione della rivista Science (in molti si aspettavano ricevesse il Nobel 2016).

L’acronimo sta per Clustered Regularly Interspaced Short Palindromic Repeats e ci dice che esistono segmenti di DNA che contengono brevi sequenze regolari ripetute. A queste sequenze è associato un complesso di geni detto “Cas” (CRISPR-ASsociated), che codificano enzimi in grado di tagliare il DNA. Si potrebbe pensare la CRISPR come una sorta di forbice naturale che permette di tagliare il DNA in punti specifici. Questo sistema si ispira al funzionamento di un sistema di difesa comune fra i batteri e lo si può considerare una sorta di sistema immunitario per gli elementi genetici: quando le sequenze CRISPR-Cas trovano del DNA preceduto e seguito da specifiche sequenze, lo tagliano ed eliminano.

In poche parole, grazie a questa tecnica, è possibile cancellare, sostituire e letteralmente riscrivere intere sequenze del codice genetico utilizzando la proteina Cas9 endonucleasi, che viene guidata nel punto esatto del DNA da ‘tagliare’ da una molecola di Rna. Ne avevamo parlato in modo più approfondito in questo articolo.

Molti sono i campi in cui si sta sperimentando questa tecnica, tra cui la lotta contro la malaria. Dei ricercatori della University of California sono riusciti, infatti, a modificare il dna della zanzara Anopheles stephensi, principale vettore del parassita che provoca la malattia, inserendovi un gene che, nel 99,5% dei casi, riesce a bloccare la trasmissione del plasmodium (il parassita che causa la malaria) alla prole.

La CRISPR-Cas9 è stata utilizzata per la prima volta da un istituto di ricerca cinese per trattare una forma aggressiva di tumore del polmone. L’equipe, coordinata dall’oncologo Lu You dell’Università del Sichuan a Chengdu, ha eseguito l’intervento il 28 ottobre. Al paziente sono state iniettate alcune cellule contenenti il modificato. Tutta la procedura è stata poi pubblicata su Nature. Gli scienziati hanno modificato il genoma di alcune cellule immunitarie prelevate dal sangue del paziente. Con la tecnica CRISPR-Cas9 è stato disattivato il gene che codifica per la proteina PD-1, la quale normalmente frena la risposta immunitaria. Negli individui sani, questa proteina fa sì che la risposta immunitaria non sia troppo aggressiva da attaccare anche altri tessuti dell’organismo e provocare malattie autoimmuni. In questo caso, invece, disattivandola, si pensa di rendere la risposta immunitaria più aggressiva contro il tumore. Le cellule modificate sono state poi coltivate e iniettate nuovamente nel paziente. Una strategia analoga era già stata utilizzata con gli anticorpi che bloccano la proteina PD-1.

Bisognerà adesso vedere se l’effetto ottenuto è quello sperato, ovvero se queste cellule con DNA modificato riusciranno a innescare un meccanismo tale da sconfiggere il cancro. Alla prima iniezione potranno seguirne altre tre, a seconda della risposta del paziente, e lo stesso intervento sarà effettuato su altri dieci pazienti. Lo scopo primario di questo primo trial è verificare la sicurezza della tecnica sull’uomo e gli eventuali effetti collaterali. Questi potranno comparire nei sei mesi successivi, quindi i pazienti saranno monitorati costantemente per l’intero periodo.

Intanto, “si sta scatenando uno ‘Sputnik 2.0’”, come ha scritto la rivista Nature sul suo sito citando l’esperto di immunoterapia dell’università della Pennsylvania Carl June, per indicare il duello biomedico in corso tra Cina e Stati Uniti. Anche in USA, infatti, è stato programmato un intervento simile, ma l’autorizzazione per farlo non arriverà prima del 2017. I ricercatori dell’Università di Pechino, invece, sono già pronti a sperimentare la CRISPR-Cas9 contro il cancro alla vescica, alla prostata e al rene.

Non possiamo fare altro che sperare di trovarci di fronte a una grande innovazione che può portare un radicale cambiamento nelle tecniche di cura dei tumori.


Immagine di copertina: ibreakstock by Shutterstock