Il cannabidiolo, uno dei 113 fitocannabinoidi contenuti nella cannabis è stato estratto per uso terapeutico nel 2011, salvando la vita di Charlotte Figi. Questa è la sua storia, la storia della tela di Carlotta.

Charlotte aveva solo pochi mesi quando ebbe la sua prima crisi epilettica, un primo sintomo di quella che sarebbe stata in seguito diagnosticata come sindrome di Dravet o epilessia mioclonica dell’infanzia. Una rara malattia genetica caratterizzata da crisi epilettiche acute, disturbi cognitivi e difficoltà motorie.
Negli anni successivi, Paige e Matt Figi, genitori di Charlotte, provarono di tutto. I medici raccomandavano farmaci sperimentali e diete specifiche, ma niente sembrava contrastare l’avanzamento della malattia. A cinque anni, Charlotte aveva centinaia di crisi in una settimana. In alcune occasioni, il cuore si fermava, richiedendo l’intervento dei medici per salvarle la vita. Avendo esaurito tutte le possibili opzioni, i coniugi Figi trascorsero ore e ore alla ricerca di casi clinici, testimonianze e notizie, in cerca di qualcosa – qualunque cosa – che potesse essere utile per aiutare la figlia.
Finalmente vennero a sapere di un altro bambino affetto da Dravet, che sembrava aver beneficiato dall’uso di un particolare tipo di marijuana. Scoprirono, infatti, l’esistenza di un ceppo conosciuto come R4, che anche altri pazienti utilizzavano per tenere sotto controllo i sintomi. Pensando di non aver nulla da perdere, i Figi acquistarono tutta la cannabis che poterono e chiesero a un amico di estrarne un olio che avrebbero potuto somministrare a Charlotte. Quello che osservarono fu eccezionale: le crisi epilettiche di Charlotte si ridussero in intensità e frequenza, man mano che i trattamenti proseguivano.

Il composto chimico nell’olio di cannabis, ritenuto responsabile di tutto ciò, è il cannabidiolo, uno dei due composti più studiati presenti all’interno della pianta; l’altro è il tetraidrocannabinolo, meglio conosciuto come THC. Il tetraidrocannabinolo è il componente psicoattivo principale della cannabis, la molecola cioè che induce la sensazione di “sballo”, mentre il cannabidiolo, o CBD, non induce alcun effetto intossicante. Studi recenti hanno suggerito i suoi effetti benefici nel trattamento di diverse patologie. 

Struttura molecolare del cannabidiolo. Il CBD appartiene alla famiglia dei fitocannabinoidi, è uno dei 113 cannabinoidi identificati finora e costituisce il 40% dell’estratto della pianta.

Il CBD è il principio attivo dell’Epidiolex, un antiepilettico, ed è presente, insieme al THC, nel Sativex, farmaco somministrato a pazienti con sclerosi multipla. In realtà, quando venne isolato per la prima volta nel 1940, si pensò essere biologicamente inattivo. Il cannabidiolo è uno dei molti cannabinoidi estratti da piante di marijuana o canapa. I meccanismi con cui esplica la sua azione medicinale non sono ancora chiari, ma si sa che interagisce con una serie di recettori, influenzando alcune vie biologiche. In particolare, può interagire con i recettori della serotonina (5‐HT1A), che controllano l’umore e i recettori oppioidi, responsabili nella percezione del dolore. Tutto questo si traduce in una serie di reazioni fisiologiche, sembra avere proprietà neuro-protettive, svolgendo un’azione antinfiammatoria. In sperimentazioni condotte su topi, è stata dimostrata la riduzione di danni alle articolazioni causati da patologie equivalenti all’artrite reumatoide e la riduzione significativa dell’incidenza di diabete.  Nonostante non induca “sballo”, provoca alterazioni dell’umore, riducendo ansia, disturbi cognitivi e disagio in pazienti con fobia sociale. Il CBD può inoltre mitigare gli effetti causati dal suo cugino narcotico THC, competendo con quest’ultimo per alcuni recettori, ma non attivandoli allo stesso modo. Ricerche mostrano che il CBD può ridurre gli stati d’ansia causati dal THC e potrebbe mitigare paranoie, lievi schizofrenie e perdite di memoria a breve termine, associate all’uso di marijuana. Inoltre, il CBD è abbastanza sicuro. I suoi effetti collaterali sono comparabili ad un placebo ed è tollerato anche in somministrazione cronica. Il mercato illecito della cannabis ha diretto incroci selettivi della pianta verso una produzione eccessiva di THC, per incrementare l’effetto allucinogeno. Questo aumenta il rischio di stati di ansia, paranoia e disturbi mentali a lungo termine. Il quantitativo è inoltre molto variabile, perciò chi acquista non è mai sicuro di ciò a cui sta andando incontro. Uno studio ha mostrato che la forma più potente di cannabis sembri contenere fino al 20% di THC con CBD presente in piccolissime dosi o addirittura assente. Pazienti come Charlotte Figi richiedono, invece, alti livelli di CBD e, se possibile, assenza totale di THC. Per fortuna, i fratelli Stanley, produttori e coltivatori di marijuana, avevano esattamente quello di cui i Figi necessitavano. Avevano, infatti, ottenuto questo nuovo tipo di cannabis, attraverso una serie di incroci, che però non aveva trovato alcun mercato. Qualcuno l’aveva soprannominata “disappunto degli hippie”, poiché non causava “sballo”. Fu proprio “disappunto degli hippie” a divenire il miracolo dei Figi, anni prima che l’Epidiolex, ottenuto dall’estrazione e purificazione del CBD, venisse messo in commercio dalla GW Pharmaceuticals!

I fratelli Stanley la fornirono felicemente per pochi penny a tutti i pazienti che richiedevano questo tipo di trattamento. Il caso di Charlotte stava loro così a cuore che decisero di chiamare il nuovo ceppo “Charlotte’s web”, ovvero “La tela di Carlotta”. Che coincidenza, proprio il titolo di un romanzo per bambini!