Di solito le unità di misura del Sistema Internazionale sono scelte in modo che una unità sia qualcosa con cui possiamo avere a che fare nella vita quotidiana: un metro, un chilogrammo, un secondo. Per i campi magnetici, invece, non è così: un tesla è già un campo molto intenso, e se vogliamo arrivare a una decina di tesla, ventimila volte il campo magnetico terrestre, abbiamo bisogno di veri e propri supermagneti. La notizia di qualche settimana fa è che uno di questi giganti, il primo elemento del magnete toroidale di ITER, è stato completato, in Italia e grazie a molte competenze che nel nostro paese si esprimono al meglio.

ITER è un progetto di Tokamak, un reattore per fusione nucleare con confinamento magnetico, in costruzione a Cadarache, in Francia. L’idea è costruire un reattore in grado di produrre dieci volte l’energia che serve a farlo funzionare, sfruttando un intenso campo magnetico che possa confinare il plasma di isotopi dell’idrogeno che, a temperature dell’ordine delle decine o centinaia di milioni di gradi, possono fondersi a formare nuclei di elio ed emettere energia. Il plasma non è semplice da produrre, soprattutto a energie così elevate, ma ancora più difficile è mantenerlo confinato in un volume “piccolo”, all’interno del quale possa fondere. Nessun materiale può entrare in contatto con esso, per cui si sfrutta la forza di Lorentz: una particella carica in un campo magnetico spiraleggia intorno alle linee di campo. Il raggio di questa spirale dipende dall’intensità del campo e dall’energia della particella, aumentando al diminuire del primo e all’aumentare della seconda. Per questo, per mantenere le dimensioni del reattore “accettabili”, cioè dell’ordine di pochi metri, i campi magnetici devono essere straordinariamente intensi.

Un campo magnetico di questo tipo può essere generato con una opportuna distribuzione di correnti elettriche. Il problema è che per avere un campo di circa 10 tesla, come nel caso di ITER, le correnti sono spaventosamente grandi e, se usassimo del cavo di rame per fare le bobine, lo cuoceremmo immediatamente. In una bobina di rame, infatti, possiamo al massimo far circolare qualche ampère di corrente per millimetro quadrato di sezione del cavo, mentre qui abbiamo bisogno di farne passare almeno un centinaio. Non possiamo aumentare la sezione della bobina in modo arbitrario, per due motivi. Il primo è che il contributo degli strati più esterni è sempre meno efficiente, nel generare il campo al centro della bobina. Il secondo è che già usando densità di corrente così elevate tutto lo spazio a disposizione è occupato dalle bobine stesse.

Per questo, tutte le bobine di ITER sono costruite con cavi superconduttori, e in particolare con una lega di niobio e stagno (Nb3Sn). È la prima volta che si costruisce un oggetto così grande con questo materiale, perché presenta alcune difficoltà tecnologiche molto difficili da superare. In particolare, il cavo non può essere piegato senza danneggiarlo irrimediabilmente: per questo, vengono prodotti fili che contengono sia niobio che stagno, ma non legati a formare Nb3Sn. Solo dopo aver effettuato l’avvolgimento, l’intera bobina subisce un trattamento termico che fa reagire i metalli e li trasforma in superconduttori. Da quel momento il cavo va trattato con grande attenzione per non danneggiarlo: i tecnici con grande cura avvolgono del nastro di fibra di vetro intorno a ogni spira e inseriscono l’avvolgimento in una cassa sagomata di acciaio inossidabile. A questo punto l’intera bobina viene impregnata di resina epossidica e finalmente si può procedere all’assemblaggio.

Per costruire un elemento del magnete finale vanno infatti sovrapposte 11 bobine, si effettuano i collegamenti elettrici tra una e l’altra e si procede a un’ulteriore isolamento in fibra di vetro e, infine, a una seconda impregnazione in resina. Il risultato finale è un gigantesco anello a forma di D, di circa 14 metri per 9, con una sezione quasi quadrata, di circa 90 centimetri di lato. Ciascun modulo pesa quasi 340 tonnellate e ne serviranno 18 per formare il toroide principale del tokamak. Ho visitato qualche giorno fa la fabbrica a La Spezia dove vengono costruiti questi supermagneti e, vi assicuro, l’effetto che fanno con le loro dimensioni è impressionante.

Rendering del sistema di magneti di ITER (© ITER Organization, http://www.iter.org/)

ITER è un progetto internazionale, scorrendo le gallerie di immagini sul loro sito si capisce quanti paesi stiano contribuendo per rendere possibile quella che potrebbe essere davvero la fonte di energia del futuro per tutta l’umanità. Noi italiani stiamo contribuendo con una cosa che ci riesce particolarmente bene: alcuni dei supermagneti che creeranno il campo magnetico più grande e potente della Terra, di qui a pochi anni.

Immagine di copertina: la prima bobina completata negli stabilimenti de La Spezia (© ITER Organization, http://www.iter.org/)