Ci sono tre tipi di test a disposizione per il COVID-19. Tamponi molecolari, test rapidi e sierologici. Scopriamo insieme le differenze.
Fino a poco tempo fa, “sono positivo” era un modo per esprimere ottimismo, oggi lo associamo prima di tutto all’esito di un test per Covid-19.
Nonostante questa grande attenzione mediatica sui test e sul concetto dell’essere positivi, abbiamo visto come ci sia una notevole confusione tra i vari esami a cui ci si può sottoporre, e abbiamo pensato fosse utile cercare di chiarire insieme quali possibilità abbiamo.
Ci sono due classi di test per il coronavirus: quelli volti all’identificazione della presenza del virus (PCR o antigenici) e quelli volti all’identificazione della presenza di anticorpi contro il virus (sierologici).
I primi sono test a valore diagnostico che ci dicono se al momento del test c’è il virus all’interno del nostro organismo, i secondi hanno un valore epidemiologico e ci dicono se siamo stati infettati dal SARS-CoV2 in passato e abbiamo quindi sviluppato una risposta immunitaria.
A loro volta questi tipi di test si possono ulteriormente suddividere in sottotipi sulla base della tecnologia su cui si basano e della rapidità del risultato del test.
Test volti all’identificazione del virus
Tamponi molecolari (PCR)
I tamponi molecolari sono test il cui materiale di partenza è un tampone naso-faringeo fatto con una specie di lungo cotton-fioc che viene sfregato nella cavità nasale ed è poi immerso in un liquido. Questo liquido viene utilizzato per un test molecolare in cui si va a cercare la presenza del genoma del virus.
La prima fase prevede l’estrazione dell’RNA virale, e in seguito avviene l’amplificazione del genoma, costituita da circa 45 cicli, che permette di poter misurare anche una piccola quantità di virus nel tampone. La tecnica che viene utilizzata è la PCR (reazione a catena della polimerasi) quantitativa. Le due fasi combinate richiedono ore e, nel migliore dei casi, il risultato del test viene comunicato al paziente dopo 6 ore, più comunemente in 24-48 ore a seconda della mole di lavoro dei laboratori diagnostici.
Tamponi antigenici
Più di recente sono stati messi in commercio i test antigenici, chiamati spesso test rapidi. Questi cercano le proteine (antigeni) del virus con una tecnologia simile ai test di gravidanza. Il materiale di partenza è nella maggior parte dei casi, per ora, un tampone naso-faringeo, effettuato come descritto in precedenza, ma il liquido in cui viene immerso è poi applicato su un dispositivo che contiene anticorpi immobilizzati che riconoscono il virus. Se avviene la reazione tra le proteine del virus presenti nel campione e gli anticorpi presenti nel test apparirà un segnale visibile, che varia a seconda del test: può essere, per esempio, una classica lineetta colorata come nei test di gravidanza. Questi test impiegano pochi minuti per dare il risultato.
Test sierologici per misurare la risposta immunitaria al virus
Questi test misurano gli anticorpi che il nostro corpo sviluppa in risposta all’infezione. Gli anticorpi si trovano principalmente nel sangue e di conseguenza questo è il materiale di partenza analizzato, tramite un prelievo o una goccia di sangue. L’analisi a cui viene sottoposto il sangue è simile a quella dei test rapidi. Nel test è presente la proteina del virus e, se nel sangue ci sono gli anticorpi, i due reagiscono e la reazione dà un segnale visibile, che nuovamente può essere una lineetta colorata o, nel caso di test ospedalieri sierologici più sofisticati, il superamento di un valore soglia in strumenti che misurano l’assorbanza o la luminescenza.
La chiave per comprendere la differenza tra i test sierologici e quelli per l’identificazione delle proteine o del genoma del virus sta nel fatto che, per produrre gli anticorpi, normalmente il nostro corpo richiede giorni dall’inizio dell’infezione, dopodiché gli anticorpi durano per mesi, o forse anche di più.
Di conseguenza, all’inizio dell’infezione e alla comparsa dei sintomi si è positivi a un test antigenico o a un tampone molecolare, ma non a un test sierologico. Al contrario, una volta guariti da un’infezione, generalmente si è positivi al sierologico ma non a un antigenico o a un tampone molecolare.
Ecco perché i tamponi molecolari e i test antigenici rapidi sono gli strumenti da usare per la diagnostica mentre i sierologici hanno un ruolo importante nelle analisi epidemiologiche, e lo avranno sempre di più in futuro per comprendere se siamo protetti dall’infezione, ad esempio dopo la somministrazione di un vaccino.
Secondo voi, coloro che hanno superato l’ infezione da civid 19,
Dovranno fare il vaccino oppure si dovra’ fare prima uno screening di massa per cercare le igg a tutti, aperche’ chisssa’ quanti asintomatici avranno sviluppato gli anticorpi,[igg]
Uno degli obiettivi secondari delle fasi 3 dei trial dei vaccini in corso è verificare qual è la risposta in soggetti che hanno già IgG. Quindi avremo dati di efficacia e sicurezza anche i quei casi per quando saranno in commercio.
Se invece è una questione di ottimizzazione delle dosi disponibili inizialmente effettivamente si potrebbe pensare di fare un sierologico pre-somministrazione del vaccino.
Bell’articolo, chiaro ed esaustivo! Anche chi non è della materia capirebbe. Grazie
P.s. ecco la differenza tra una pagina scientifica ed una di giornali da quattro soldi, che parlano e sparlano a loro piacimento facendo confondere il lettore (più di quanto lo è prima)
Grazie a te per il feedback!
Salve,
ma chi risulta negativo ai molecolari e positivo al sierologico può infettare gli altrI?
L’igg sarebbe?
Grazie mille.
No, se sei positivo al sierologico e negativo al tampone molecolare vuol dire che l’infezione è passata quindi non sei contagioso. IgG sta per immunoglobuline G, è un tipo di anticorpi che viene prodotto in seguito alle IgM ed è quello che persiste per un tempo maggiore nell’organismo.