Se anche voi credete che al mattino non possa esserci vita prima del caffè  ho una buona notizia da darvi.

Per anni noi drogati di caffeina siamo stati additati da quegli insopportabili salutisti dei nostri amici (ce li avete anche voi, sono sicura) come “gente che non conduce una vita sana”.

Guarda che non hai più vent’anni  (grazie) tutto quel caffè ti farà male!

Ma non ne hai bevuto già uno mezz’ora fa?

A furia di sentirmelo ripetere mi è venuta così tanta ansia che ora ne bevo solo tre al giorno e come profitto finale mi rimangono l’ansia, un sostanziale risparmio mensile e molti meno sorrisi dal mio barista.

Bene, un recente articolo pubblicato su The New England Journal of Medicine afferma, invece, che tra l’assunzione di caffè e le più comuni cause di decesso non ci sarebbe nessuna correlazione.  Il dottor Freedman e i suoi colleghi nel 1995 hanno iniziato un gigantesco screening statistico della popolazione, coinvolgendo 5148760 americani tra i 50 e i 71 anni nel tentativo di capire meglio se davvero i bevitori di caffè, questi viziosi, siano meno longevi a causa della loro rischiosa abitudine. La raccolta dei dati si è conclusa nel 2008 e poi hanno avuto bisogno di un po’ di tempo per analizzarli.

Lo studio rivela che chi beve caffè sarebbe più propenso a fumare sigarette, a consumare bevande  alcoliche e a mangiare carne rossa. Inoltre i caffeinomani avrebbero un più basso livello di istruzione, farebbero meno attività fisica e mangerebbero meno frutta, verdura e carne bianca (il mio dubbio qui è: la stessa statistica in Italia avrebbe gli stessi risultati?). Nonostante queste allegre premesse i ricercatori in questione sono andati avanti cercando di scorporare l’effetto del caffè dalla combinazione delle altre variabili. Hanno diviso l’enorme campione che avevano a disposizione in numerose categorie: età, uomini/donne, fumatori/non fumatori/ex fumatori, indice di massa corporea, gruppo etnico, livello di educazione, consumo di alcool, diabete si/diabete no, stato civile (giuro!), livello di attività fisica, apporto calorico giornaliero, assunzione di frutta, verdura, carni bianche e grassi saturi, uso di integratori di vitamine, storia familiare riguardante la propensione al cancro e per le sole donne terapia con ormoni in menopausa.

Divise le persone in tutte queste sottocategorie (tramite questionario) le hanno successivamente accorpate a seconda del loro consumo giornaliero di caffè, quindi 0, meno di 1, 2, 2 o 3, 4 o 5 e 6 o più di 6 tazze al giorno. Hanno anche considerato nello studio persone che bevono solo caffè decaffeinato o persone che alternano caffè normale a caffè decaffeinato.

Il risultato finale di questo enorme sforzo statistico è che nonostante i bevitori di caffè siano più esposti a diversi comportamenti a rischio, primo trai quali il fumo, il consumo di caffè anche ad alti dosaggi giornalieri (più di sei tazze al giorno) non va di per sè ad aumentare il rischio di mortalità e che anzi avrebbe, seppur minimamente, una correlazione inversamente proporzionale rispetto al dosaggio giornaliero. I risultati della statistica sui consumatori di caffè decaffeinato non si discostano da quelli sui consumatori di caffè normale facendo concludere ai ricercatori che l’effetto blandamente protettivo della bevanda sia dovuto all’azione di altre molecole come antiossidanti e polifenoli.

In conclusione: bevete tutto il caffè che volete ma siate più virtuosi su tutto il resto!

Freedman ND, Park Y, Abnet CC, Hollenbeck AR, Sinha R. Association of Coffee Drinking with Total and Cause-Specific Mortality. New England Journal of Medicine, 2012; 366 (20): 1891