Quando si parla di tubercolosi, il pensiero corre ai tempi della prima rivoluzione industriale, a personaggi usciti da un romanzo di Dickens, a qualcosa che ormai appartiene al passato. I malati di tubercolosi, o tisi, come si diceva un tempo, erano il simbolo della miseria umana dei tempi. Persone consunte, spesso appartenenti alle classi sociali più basse, con una tosse insistente e debilitante. Nessuno penserebbe che oggi la tubercolosi sia ritenuta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità una delle emergenze sanitarie globali, e in alcuni Paesi stia riemergendo con ceppi resistenti ai farmaci.

Mycobacterium tuberculosis, o MTB, è il nome del batterio che causa la tubercolosi, malattia che in passato ha flagellato l’Europa diffondendosi tra le popolazioni più povere. Si hanno informazioni riguardo questo patogeno già dall’Antico Egitto (circa 2000 a.C.), anche se il ritrovamento più antico risale a circa 17000 anni fa, con il rinvenimento di DNA appartenente al Micobattario in un bisonte ad oggi estinto.

MTB si trasmette per via aerea, attraverso starnuti, colpi di tosse e fonazione. Una volta raggiunti gli alveoli polmonari colpisce un particolare tipo di cellula del sistema immunitario: il macrofago. La conseguente attivazione del sistema immunitario è la diretta responsabile del danno al polmone, infatti non riuscendo ad eradicare l’infezione, le cellule immunitarie cercano di contenerne la diffusione creando un granuloma nei pressi del sito di attivazione immunitaria. L’attivazione cronica delle cellule formanti il granuloma è la diretta responsabile del danno ai polmoni. Nel 90% dei casi la tubercolosi è asintomatica e solo con un abbassamento del sistema immunitario c’è una recrudescenza della malattia. Sempre che non si abbia una co-infezione in corso, caso molto comune nelle zone più povere del pianeta, ed è proprio lì che si concentra la maggior diffusione di MTB.

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Incidenza della tubercolosi nel mondo. Fonte: World Health Organization

L’Organizzazione Mondiale della Sanità nel suo ultimo rapporto stima 9 milioni di casi di tubercolosi nel 2013 con circa 1 milione di decessi. Ad oggi non esiste un vaccino efficace, l’unico ad oggi disponibile è il Bacillo Calmette-Guérin (BCG), ideato più di 100 anni fa e ottenuto da un ceppo attenuato di Mycobacterium vaccae. Il BCG è efficace solo contro alcune forme severe di tubercolosi nei bambini, mentre la sua efficacia negli adulti è molto variabile e dipende dalla popolazione a cui è sottoposto. Ad oggi si battono diverse strade per la formulazione di un vaccino efficace, ma c’è ancora molto da comprendere sui meccanismi di infezione.

La terapia farmacologica prevede l’assunzione di ben sei diversi antibiotici, tra battericidi e batteriostatici, e dura 9 mesi. E’ particolarmente efficace se portata a termine correttamente, ma è facile immaginare come una terapia così lunga e con molti farmaci risulti complessa e onerosa. Di conseguenza le persone affette da tubercolosi non sempre portano a termine la terapia, ma la interrompono appena iniziano a sentirsi meglio, soprattutto tra le popolazioni povere che non possono permettersi la spesa dei farmaci.

Grazie a questo fenomeno sono emersi ceppi di MTB resistenti agli antibiotici, infatti in quei casi in cui la terapia non è stata portata correttamente a termine si è verificata la così detta “selezione antibiotica“, ben nota a chi lavora in ambito sanitario. Sempre secondo l’OMS i casi di resistenza antibiotica sono in crescita e la cosa più preoccupante è che, dei ceppi resistenti, circa il 20% presenta una multi-resistenza, cioè il ceppo di MTB è resistente a più di un antibiotico.

Fare oggi un test per vedere se si è affetti da tubercolosi non è così semplice. E’ disponibile il TST (Tuberculin Skin Test): un’iniezione intradermica che deve essere controllata dopo 2 giorni per vedere se c’è stata reazione. Il problema di questo test è che, anche se si risultasse positivi, non significa che si è affetti da tubercolosi. Occorrerebbe fare un ulteriore test, molto oneroso per il sistema sanitario, per averne la conferma.

La prevenzione e il corretto uso dei farmaci sono, ad oggi, l’unica soluzione immediata al problema, in attesa che la ricerca in campo medico faccia passi avanti. L’ulteriore lezione che si può apprendere è quella del corretto uso degli antibiotici, troppo spesso usati male, non solo in casi particolari come quello di MTB, ma anche nella vita di tutti i giorni.

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Incidenza dei nuovi casi di tubercolosi resistente ad antibiotici. Fonte: World Health Organization

[immagini tratte dal Global Tuberculosis report 2014 del World Health Organization]