Due notevoli magnetar sono state trovare nel 2020: cosa sono e cosa le rende speciali?

Il 15 aprile del 2020, quattro strumenti hanno registrato un lampo di radiazione gamma di altissima energia e di durata estremamente breve, 140 millesimi di secondo. I quattro satelliti coinvolti, che fanno parte dell’Interplanetary Network, erano la sonda Mars Odyssey, che orbita intorno a Marte, il telescopio a raggi X Swift e quelli a raggi gamma INTEGRAL e Fermi, in orbita intorno alla Terra e ASIM (Atmosphere-Space Interaction Monitor), un osservatorio climatico a bordo della Stazione Spaziale Internazionale. La diversa posizione e distanza di questi osservatori ha permesso di triangolare il segnale e localizzare la sorgente del lampo gamma: la Galassia dello Scultore, in codice NGC 253, una grande galassia a spirale, che dista circa 11 milioni e mezzo di anni luce da noi e ospita un’intensa attività di formazione stellare. 

NGC 253, la Galassia dello Scultore.
Crediti: ESO/J. Emerson/VISTA, licenza CC BY 3.0

Due articoli pubblicati nei giorni scorsi affermano che il lampo gamma osservato, chiamato GRB 200415A (dall’inglese gamma ray burst), è associato al brillamento di un oggetto particolare. Quando una stella un po’ più massiccia del Sole giunge alla fine della sua vita, dà luogo a un’esplosione di supernova, che, a seconda della massa di partenza della stella, lascia dietro di sé un residuo molto compatto composto in massima parte da neutroni: quello che chiamiamo appunto una stella di neutroni. Alcune stelle di neutroni sono dotate di un campo magnetico abnorme: si parla di intensità fino a milioni di miliardi di volte superiori a quella terrestre. I campi magnetici di questi corpi, detti magnetar, sono soggetti a brusche variazioni, che accelerano le particelle causando al contempo un’intensa e prolungata emissione di radiazione ad altissima frequenza ed energia (X e gamma). 

Ebbene, si pensa che l’evento osservato dall’Interplanetary Network sia proprio un “brillamento gigante” emesso da una magnetar, che avrebbe liberato in una frazione di secondo una quantità di energia equivalente grosso modo a centomila volte quella emessa dal Sole in un anno. Eventi di questo tipo sono rari: le magnetar sinora identificate sono una trentina, e di brillamenti giganti a esse associati ne sono stati osservati in tutto soltanto tre. Un importante contributo all’analisi dell’evoluzione del lampo gamma è venuto da uno strumento sviluppato sotto il coordinamento dell’Agenzia Spaziale Italiana: il rivelatore PICsIT (Pixellated Imaging Caesium Iodide Telescope), la cui risoluzione temporale di 7,8 millesimi di secondo ha permesso di esaminare vari “fotogrammi” dell’evento. 

Secondo le osservazioni integrate dei vari strumenti, l’evento sembra essere andato più o meno così: muovendosi nello spazio interstellare, la magnetar ha incontrato una nube di gas, che si è condensata formando un fronte d’onda d’urto. Dopodiché, è stato emesso il brillamento: parte della radiazione, composta da raggi X e gamma, ha attraversato il fronte d’onda, mentre altre particelle, accelerate dal campo magnetico, hanno interagito con il gas condensato. L’intenso campo magnetico ha accelerato le particelle del gas fino a farle impattare sulla sua superficie, producendo una potente emissione di energia. Lo strumento Large Area Telescope del telescopio Fermi ha captato alcuni fotoni di energia particolarmente alta; secondo l’équipe che segue il telescopio, non è chiaro come simili fotoni possano venire generati nell’atmosfera di una magnetar, o nelle sue vicinanze.

Almeno per le magnetar, il 2020 è stato un anno stimolante: il 12 marzo, il telescopio Swift aveva scovato un altro di questi oggetti, chiamato J1818.0-1607. Questa magnetar si trova nella nostra Galassia, a 15.000 anni luce da noi nella costellazione del Sagittario, e dopo un’indagine più approfondita ha svelato caratteristiche notevoli. 

L’analisi effettuata tramite il telescopio a raggi X Chandra ha portato a ipotizzare che J1818.0-1607 sia la più giovane magnetar mai scoperta (appena 500 anni, una neonata su scala cosmica). Non solo: sarebbe anche una pulsar, cioè una stella di neutroni rotante, e di corpi simili (magnetar che sono anche pulsar) ne sono stati scoperti finora solo cinque, incluso questo. Con un giro attorno al proprio asse ogni 1,36 secondi, non può competere con le velocità di rotazione tipiche delle pulsar (fino a 716 volte al secondo) ma tra le magnetar osservate è quella che ruota più rapidamente.

Immagine ravvicinata di J1818.0-1607 nei raggi X da Chandra, combinata con dati nell’infrarosso degli osservatori Spitzer e WISE. Crediti: NASA/CXC/Univ. of West Virginia/H. Blumer; NASA/JPL-CalTech/Spitze

Per aggiungere un po’ di suspense, dato che ogni stella di neutroni deriva da un’esplosione di supernova, attorno alla magnetar dovrebbero anche trovarsi i resti dell’esplosione, sotto forma di una nube di gas espulsi dalla stella; tanto più se l’esplosione è avvenuta “appena” 500 anni fa. E qualcosa in effetti è stato trovato, ma a distanze molto più grandi di quella che ci si aspetterebbe. Bisogna dunque ipotizzare che la magnetar si muova attraverso la Via Lattea con una velocità di almeno 13 milioni di chilometri orari (pari a circa l’1% della velocità della luce), di gran lunga superiore a quelle di tutte le stelle di neutroni conosciute finora. Ancora non si sa cosa possa implicare, ma è un fatto insolito che rende questa “baby magnetar” ancora più intrigante.

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Immagine di copertina da Pixabay.